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Prodi: cambiare Maastricht, serve crescita

Il Professore rilancia la proposta di modificare le regole del trattato di Maastricht e si scaglia contro l’austerity tedesca: “Francia, Italia e Spagna dovrebbero battere i pugni sul tavolo” – L’ex Premier propone di “escludere temporaneamente dal computo i 51 miliardi versati dall’Italia alla solidarietà europea e usarli per investimenti pubblici”.

Prodi: cambiare Maastricht, serve crescita

I conti non si mettono a posto senza crescita. Il 3% di deficit/Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%”. Romano Prodi rilancia la proposta di modificare le regole del trattato di Maastricht. “Non è stupido che ci siano i parametri come punto di riferimento – sottolinea l’ex premier in un’intervista a La Nazione – . È stupido che si lascino immutati 20 anni. Un accordo presuppone una politica che lo gestisca e la politica non si fa con le tabelline”. 

Il Professore si scaglia in particolare contro l’austerity imposta dalla Germania: “Francia, Italia e Spagna dovrebbero battere i pugni sul tavolo, ma non lo fanno perché ciascuno s’illude di cavarsela da solo”. Quanto al nostro Paese, Prodi ricorda che in tre anni di austerità “il rapporto debito/Pil è sempre aumentato: è una politica sbagliata, ma se sforassimo i parametri i tassi andrebbero alle stelle”. Per questo l’ex leader del centrosinistra propone di “escludere temporaneamente dal computo i 51 miliardi versati dall’Italia alla solidarietà europea e usare quelle risorse per investimenti pubblici straordinari”.

Le parole di Prodi arrivano a pochi giorni dalle critiche che gli Stati Uniti hanno rivolto alla politica economica tedesca. Nel suo ultimo rapporto sulle valute e le politiche economiche dei Paesi concorrenti, il Tesoro degli Stati Uniti accusa Berlino per “l’anemico passo della crescita della domanda domestica e la dipendenza dalle esportazioni”. Due fattori che “hanno impedito un riequilibrio nel momento in cui molti altri Paesi dell’area euro sono sotto forte pressione per ridurre la domanda e comprimere le importazioni al fine di promuovere aggiustamenti” di bilancio. Tutto ciò, secondo il Tesoro Usa, ha provocato “una tendenza alla deflazione sia per la zona dell’euro che per l’economia mondiale”.

Solo pochi mesi fa, inoltre, il Fondo monetario internazionale aveva pubblicamente riconosciuto, per bocca di due suoi alti dirigenti, di aver “sbagliato terapia” nel tentativo di curare alcuni Paesi malati (in particolare Grecia, Portogallo e Irlanda) con dosi massicce di austerità collegate alla concessione di prestiti. E oggi le prese di posizione contro l’austerity continuano a moltiplicarsi. Di recente il tedesco Martin Schulz, presidente dell’Europarlamento e possibile candidato socialista alla guida della Commissione, ha ribadito in un’intervista a La Stampa che “un ribilanciamento tra rigore e sviluppo” è necessario “per generare crescita, dare aria alle piccole imprese, dar forza al mercato unico e sostenere la domanda interna”.

Infine, secondo uno studio pubblicato il mese scorso e firmato da un economista di punta della Commissione Ue, Jan in ‘t Veld, l’austerità interna della Germania ha aggravato la recessione dei paesi in deficit, rendendo “più duro il riequilibrio nella periferia ed esacerbando ulteriormente il temporaneo peggioramento del rapporto debito-Pil”. 

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