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Powell, Trump può davvero licenziarlo? Il pretesto della Casa Bianca e il consiglio di Dimon: “Non giocare con la Fed”

Dal 1913 nessuno ha mai licenziato un governatore della Fed. Ora Trump ci prova con Powell sfruttando quello che molti considerano un pretesto. Ma la reazione dei mercati potrebbe essere durissima, parola del numero uno di JP Morgan

Powell, Trump può davvero licenziarlo? Il pretesto della Casa Bianca e il consiglio di Dimon: “Non giocare con la Fed”

Tra Donald Trump e Jerome Powell è guerra aperta. Da mesi il presidente Usa continua a criticare l’operato del governatore della Federal Reserve, arrivando ad insultarlo apertamente, per non aver ancora tagliato i tassi d’interesse come lui vorrebbe. Mercoledì, però, l’inquilino della Casa Bianca si è spinto oltre, facendo trapelare e successivamente smentendo l’intenzione di licenziare Powell. Una notizia che ha mandato immediatamente ko i mercati finanziari. Dal dollaro ai T-Bond fino alle Borse, nel giro di pochi minuti si è scatenato il finimondo. Tanto che in molti ipotizzano che sia stato un test e che sia stata proprio la brusca reazione della finanza nazionale e internazionale a spingere Trump a compiere l’ennesimo passo indietro, in attesa di un’occasione più propizia per arrivare alla vera resa dei conti. Ma succederà davvero? Trump può davvero licenziare Powell, abdicando all’indipendenza della Fed? Sono queste le domande che tutti continuano a porsi. Qual è la risposta? Ni. 

Perché Trump ce l’ha tanto con Powell

Ha fatto pressioni pesantissime, lo ha attaccato ripetutamente, lo ha insultato chiamandolo “Stupido Jay”, gli ha addirittura affibbiato un soprannome: “Mr Too Late”, “Il Signor troppo tardi”. Come ha risposto Powell? Ignorandolo, cosa che – come è noto – non gli piace per niente. La guerra che Donald Trump ha intentato nei confronti di Jerome Powell, che lui stesso ha nominato alla fine del 2017, durante il suo primo mandato, dura ormai da mesi. Il motivo è presto detto: il presidente Usa vuole che la Fed tagli i tassi d’interesse. “Dovremmo avere tassi più bassi di 2,5 punti, pagheremmo molto meno di debito”, ha detto. Debito che tra l’altro Trump sta contribuendo a far salire con le sue politiche, dai dazi alla controversa “Big Beautiful Bill”. “La Bce ha tagliato i tassi nove volte” ha tuonato il mese scorso (sono otto i tagli dell’Eurotower, in realtà ndr.), facendo un paragone con la politica monetaria europea. Powell però resiste, e lo scorso 18 giugno ha mantenuto il costo del denaro al 4,25% – 4,50% per la quarta riunione consecutiva, in attesa di maggiore chiarezza sulle prospettive per l’inflazione e l’attività economica. I mercati, che in precedenza nel 2025 si aspettavano quattro sforbiciate, adesso ne prevedono due, una a settembre e l’altra a dicembre. E non è neanche detto. Molto dipenderà dall’effetto dazi. La settimana scorsa il presidente della Federal Reserve di Chicago, Austan Goolsbee, ha detto che le nuove tariffe imposte da Trump (30% all’Ue, 35% al Canada e 50% al Brasile) hanno ulteriormente offuscato le prospettive dell’inflazione e allontanano il taglio dei tassi da parte della banca centrale.

Trump minaccia il licenziamento di Powell, poi smentisce: cosa è successo ieri

La bomba è stata sganciata da Bloomberg che, citando fonti interne alla Casa Bianca, nel tardo pomeriggio italiano di mercoledì ha rivelato che, durante una riunione riservata, Trump avrebbe detto che “probabilmente” licenzierà “presto” Powell. Poi è arrivata anche la Cbs, secondo cui il presidente Usa avrebbe chiesto ai parlamentari repubblicani un’opinione sulla possibilità di silurare il presidente della banca centrale.   

Nel giro di pochi minuti, i mercati sono entrati nel panico, preoccupati per l’indipendenza della Fed: il dollaro è crollato di oltre l’1%, lo S&P 500 e il Nasdaq hanno cominciato a scendere, mentre i rendimenti dei titoli del Tesoro a lungo termine sono aumentati vertiginosamente. D’altronde meno di ventiquattro ore prima, il numero uno di JP Morgan, Jamie Dimon aveva lanciato un avvertimento chiaro: “L’indipendenza della Fed è assolutamente fondamentale… Giocare con la Fed può spesso avere conseguenze negative, l’esatto contrario di ciò che si spera”, aveva aggiunto il top manager durante una conference call con gli analisti.  

Detto, fatto. La reazione dei mercati ha costretto Trump a smentire pubblicamente: “Le notizie sul licenziamento di Powell sono false”, ha affermato il presidente statunitense, salvo poi aggiungere: “Non escludo nulla, ma ritengo che sia altamente improbabile, a meno che non debba andarsene per frode”. Un’accusa non casuale dato che sarebbe una delle poche ragioni per cui Powell potrebbe davvero essere messo alla porta su input della Casa Bianca.

Trump può davvero licenziare Powell?

La risposta breve è: “È molto difficile”, tant’è che non è mai stato fatto in oltre 110 anni di storia. Qualcuno però ci ha provato. Era il presidente Lyndon Johnson, che nel 1965 tentò di cacciare l’allora governatore William McChesney Martin. Anche in quel caso la Casa Bianca non era d’accordo con la politica monetaria – all’epoca restrittiva – della Fed. Com’è andata a finire? Johnson rinunciò al suo intento poiché i suoi legali gli sconsigliarono di procedere.

La legge che ha creato e che regola l’operato della Federal Reserve risale al 1913 e prevede che i governatori della banca centrale possano essere rimossi dal loro incarico solo per “giusta causa”. E, per chiarirlo: in nessun caso non essere d’accordo con la politica monetaria della Fed può rappresentare una “giusta causa”. “Giusta causa” vuol dire frode, cattiva condotta o incapacità manifesta nello svolgimento del proprio ruolo. E qui torniamo alle parole pronunciate ieri da Trump. “A meno che non debba andarsene per frode”, ha precisato non a caso.

I costi di ristrutturazione: il pretesto della Casa Bianca

Il riferimento è alle aspre critiche della Casa Bianca relative al superamento dei costi nella ristrutturazione da 2,5 miliardi di dollari della storica sede a Washington della Federal Reserve, in seguito alle quali lo stesso Powell ha incaricato il suo ispettore generale di esaminare l’ampliamento edilizio finito nel mirino dell’amministrazione Usa. “Abbiamo un vero problema di supervisione e di spesa eccessiva”, ha dichiarato Kevin Hassett, direttore del National Economic Council. L’ispettore generale è al servizio della Fed e del Consumer Financial Protection Bureau ed è responsabile della ricerca di frodi, sprechi e abusi. Questo intende Trump quando parla di rimozione per “frode”. Insomma i costi di ristrutturazione eccessivi potrebbero essere l’escamotage su cui Trump intende puntare per licenziare Powell. Una manovra che, secondo la senatrice democratica Elizabeth Warren (e non solo), sarebbe solo una scusa: “È un chiaro pretesto” ha affermato.

La possibile battaglia legale e le conseguenze sui mercati

Se Trump andrà comunque avanti nel suo intento, con ogni probabilità si andrà incontro a una dura battaglia legale. Powell ha infatti più volte detto di non voler lasciare in anticipo il suo mandato, che scadrà il 15 maggio del 2026, tra meno di un anno. Come spiega Bloomberg il licenziamento avrebbe effetto immediato, ma Powell potrebbe immediatamente intentare causa, presentando un’ingiunzione per licenziamento ingiustificato e chiedendo il reintegro in attesa di una sentenza definitiva, per la quale potrebbero volerci mesi. 

Se la richiesta di ingiunzione di Powell venisse respinta, il suo licenziamento rimarrebbe in vigore e il vicepresidente della Fed (Philip Jefferson, nominato da Biden nel 2022) assumerebbe la carica di presidente. Al contrario, se l’ingiunzione venisse accolta, Powell rimarrebbe in carica mentre il caso procede. Entrambe le parti potrebbero presentare ricorso e a quel punto la questione potrebbe finire direttamente davanti alla Corte Suprema, di stampo nettamente repubblicano, occorre ricordarlo, alla quale spetterebbe l’ultima parola. 

Nel frattempo bisognerà vedere quale sarà l’umore dei mercati finanziari una volta che il principio supremo dell’indipendenza della Federal Reserve sarà venuto meno. Il rischio di una brusca e duratura reazione negativa è altissimo. Forse Trump farebbe bene ad ascoltare il consiglio di un vecchio lupo della finanza come Dimon: non è davvero il caso di “giocare con la Fed”. 

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