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Ponza, non solo mare: un’isola da bere e da gustare

Ponza, l’isola dai due volti: ha un cuore partenopeo, legato alle sue mille vite, ma è un condensato di bellezze marine e naturalistiche dell’arcipelago laziale delle pontine. Ora reclama un turismo che non si trattenga solo nei mesi estivi ma si prolunghi per tutto il corso dell’anno e butta giù le sue carte, dalla storia alla gastronomia alle tradizioni popolari

Ponza, non solo mare: un’isola da bere e da gustare

Ponza, l’isola “scontrosa e bellissima”, “ritrosa, diffidente e mai prevedibile”, che il grande poeta Eugenio Montale definì “un paradiso in terra” si affida al Food per ampliare la stagione turistica che oggi, in funzione dei suoi straordinari panorami marini e dei suoi fondali unici nel centro Italia, si concentra nei mesi estivi. Ma Ponza oltre al turismo balneare, ha molto da dare a cominciare dalla cultura, dai luoghi, dalle persone che la popolano e dalle eccellenze agroalimentari autoctone, dalla sua biodiversità.

E’ all’insegna di questo motto che è stata messa a punto una manifestazione dal titolo: “Alla scoperta di Eea” che prendendo spunto dal nome che Omero diede all’isola nell’Odissea, e quindi rifacendosi alla sua lunga storia, si proporne come una esperienza diffusa volta a favorire la destagionalizzazione del turismo e, allo stesso tempo, a promuovere le risorse autoctone dell’isola e le eccellenze agroalimentari tradizionali tipiche della tradizione locale e di quella del basso Lazio con un protagonista assoluto, il Biancolella l’unico vitigno autoctono a piede franco.

Pochi sanno infatti che quest’isola è stata fin dai primi insediamenti di nobili famiglie romane, produttrice di vino. Il Biancolella, secondo i racconti popolari, vi arrivò al seguito di una colonia di 52 famiglie ischitane, 153 persone in tutto, che nel XVII secolo sbarcarono nell’isola, rimasta totalmente disabitata per due secoli a causa delle continue incursioni dei pirati saraceni. Ma recenti ricerche hanno appurato che fra il più famoso Biancolella di Ischia e quello di Ponza vi sono evidenti diversità biologiche. E qui qualcuno azzarda l’ipotesi che il Biancolella ponzese abbia allietato le abbondanti libagioni degli abitanti dell’isola fin dai tempi dei romani. Sia come sia oggi l’unico Biancolella riconosciuto fuori dai confini ischitani è quello ponzese. Il Biancolella IGT, un vino “eroico” così definito per le sue impossibili condizioni colturali, con le viti abbarbicate su terreni scoscesi quasi a picco sulle rocce raggiungibili solo con i muli, oggi è prodotto essenzialmente dalle Antiche Cantine Migliaccio, a Punta Fieno, alle quali si approda via mare o per un impervia mulattiera, che producono un Fieno premiato con i “Tre grappoli” dalla Guida del Gambero Rosso;  dalle Cantine Pouchain Taffuri che producono addirittura un pregiato Spumante Mediterraneo  “Don Ferdinando”, e dall’Azienda agricola Casale del Giglio che produce il Faro della Guardia, un biancolella in purezza che Daniele Cernilli descrive in questi termini: “naso misurato ed elegante, delicato floreale di zagara, biancospino anice e mentuccia”.

Il programma di “Alla scoperta di Eea” ideato e curato dalla giornalista Tiziana Briguglio per la Pro Loco di Ponza, punta inoltre a dimostrare che il cibo nasce nella terra e non in cucina. E come tale deve essere studiato, trasformato, offerto e raccontato. Di qui una serie di iniziative mirate alla conoscenza dei territori, delle tecniche di coltivazione, di allevamento e di pesca in collaborazione con l’Istituto “Carlo Pisacane”di Ponza e l’Istituto alberghiero “Filosi” di Terracina, che si propone come una vera e propria “cattedra ambulante” nella quale il momento conviviale è frammisto alla didattica

Gli eventi programmati, che hanno la caratteristica di veri e propri itinerari narranti, comprendono: convegni sulla valorizzazione delle risorse autoctone – percorsi trekking con visite alle cantine e ai vigneti – appuntamenti gourmet – salotti letterari – picnic estremi – visite alle bellezze paesaggistiche dell’isola – degustazioni dei vini delle terre dei Borbone – pescaturismo. Grande attenzione viene riservata anche alla conoscenza e alla salvaguardia delle specie ittiche con lezioni del medico veterinario Tiziana Zottola ed escursioni subacquee guidate straordinariamente dal biologo marino Adriano Madonna.

Molto interessanti anche le degustazioni comparate di Biancolella, la visita al Museo delle Antiche Botteghe Artigiane e i laboratori di cucina tradizionale tenuti dalla chef Assunta Scarpati (chiocciola Slow Food), ai quali fanno da contorno i racconti del libro di Silverio Mazzella: “Ponza, cucina tradizionale e nuove tendenze” e il volume di Maddalena Baldini: “Storie di una degustatrice astemia” (Trenta Editore).

E a proposito di cibo si può osservare che se Ponza è un’isola, in realtà i piatti tipici della sua tradizione gaastronomica vanno dal mare alla terra e viceversa.  A partire dagli  Spaghetti con il granchio fellone, che poi sarebbe una granseola, la cui polpa viene condita con aglio, prezzemolo e pomodorini; per proseguire con la Zuppa di lenticchie, notevolmente più piccole di quelle tradizionali ma dal sapore inconfondibile;  o con la Zuppa con la cicerchia selvatica,delicatissima. Se il pescato  è una tappa d’obbligo culinaria, con Pezzogne che in questo mare assumono un sapore gustoso,  non si può far a meno di mangiare il Coniglio alla ponzese, cucinato con aglio, alloro, vino e pomodorini, un must., accompagnato casomai da una Cianfrotta a base di melanzane, zucchine peperoni,  patate e cipolle. E per chiudere in bellezza nulla di meglio di un Casatiello, un dolce dai toni delicati che i 153 coloni portarono sicuramente con loro dalle originarie campagne napoletane o la Zeppola: a base di farina, sale, latte e liquore di anice.

La manifestazione, a cadenza annuale, gode del patrocinio della Camera di Commercio di Latina, del Comune di Ponza, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana, dell’Arsial, della Fondazione Bio Campus, di Confcommercio Lazio Sud e fa parte delle iniziative per la decima edizione del Salone del cibo nomade Vinicibando, in programma nel prossimo mese di novembre.

Il suggerimento di First&Food:

Foto tratta dal libro: “Ponza, cucina tradizionale e nuove tendenze” di Silverio Mazzella

Calamari ‘mbuttunati di Assunta

“A casa di Assunta”  è  un ristorante ricavato da una casa storica ponzese con una terrazza panoramica che si affaccia sull’incantevole porto borbonico. In cucina, Assunta Scarpati, personaggio verace, popolarissima a Ponza ha ereditato dal padre, “maestro di bolentino e traina inventore del piombo guardiano”, una passione quasi religiosa per  il pesce in cucina.  Il suo menù presenta piatti di tradizione rivisitati con brio e passionalità.

A Casa di Assunta
Via Aversano, 04027 Ponza LT
0771 820086 – 338 8041766

e-mail: assunta.scarpati@virgilio.it

 

 

Ricetta per 4 persone:

4 calamari ( circa 800 g ) eviscerati e privati della pelle
3 uova
80 g di parmigiano
40 g di pinoli e uvetta sultanina
i tentacoli dei calamari tagliati a pezzettini
sale, pepe
prezzemolo e i suoi gambi
uno spicchi d’aglio
70 g olio evo
mezzo bicchiere di vino bianco
600 gr pomodori pelati passati al passaverdura
peperoncino piccante “cerasiello”

In una ciotola battere le uova con parmigiano, sale, pepe,abbondante prezzemolo in foglie, l’uvetta con i pinoli,i tentacoli. Mettere un filo d’olio in una padella e fare una frittatina molto morbida, appena rappresa. Riempire i calamari e chiudere l’estremità con uno stuzzicadenti. In un tegame mettere l’olio e l’aglio a fuoco bassissimo e fate dorare per bene, aggiungere i calamari e rosolarli velocemente, sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco e fare evaporare il vino.

A questo punto aggiungere il pomodoro, il peperoncino, i gambi del prezzemolo e fare sobollire lentamente e a fuoco basso per circa un’ora senza coperchio e a 3/4 di cottura regolare di sale. Con il sugo ottenuto si possono  condire sia la pasta secca che quella fresca in qualsiasi formato ma  Assunta consiglia spaghetti, paccheri e tagliatelle.

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