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Ponte sullo Stretto: cosa dice il decreto e quali sono le prossime tappe. Webuild: noi siamo pronti

Trent’anni di progetti e dichiarazioni. Ora le condizioni potrebbero essere tali da poter rispolverare il progetto che era stato vinto da Webuild. Le nuove condizioni. E i nuovi problemi da affrontare

Ponte sullo Stretto: cosa dice il decreto e quali sono le prossime tappe. Webuild: noi siamo pronti

Torna il Ponte sullo Stretto di Messina, un tema che ha percorso le cronache e le discussioni dell’ultimo mezzo secolo, in sostanza dal 1971. Il governo ha varato giovedì un decreto che rispolvera il vecchio progetto. Rispetto alla puntata più recente che risale al 2011, quando il governo per salvare i conti pubblici non era in grado di affrontare quelle spese, le condizioni sembrano cambiate: ci sono finanziamenti europei che potrebbero aiutare, anche se solo in parte.
Restano però aperti molti temi: dalle questioni strutturali a quelle legali a quelle sociali e lavorative, senza contare i tempi per la realizzazione che potrebbero essere lunghi.

In questo momento gli attori principali della vicenda sono il governo e i ministeri addetti. Ma dal punto di vista della concreta realizzazione un faro è acceso sulla società che storicamente ha seguito e proposto il progetto: Webuild che in questo momento si dice pronta a riprendere in mano la questione. La società, leader nel mondo per la realizzazione di stradissime operare infrastrutturali, che ieri ha reso noto conti 2022 migliori delle attese, quota stamane a piazza Affari 1,92 euro, in rialzo dell’8,31%. Il titolo, che ha guadagnato circa il 13% in 5 giorni, negli ultimi sei mesi ha portato a casa un rialzo del 38%. Ma ricostruiamo la vicenda.

Il decreto: rinasce la società Stretto di Messina

Il Consiglio dei ministri ieri ha dato il via libera al decreto sul Ponte sullo stretto di Messina con il quale “Rinasce la Società Stretto di Messina che avrà una nuova e più moderna governance” dice una nota del ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Ad essa “partecipano Rfi, Anas, le Regioni Sicilia e Calabria, nonché, in misura non inferiore al 51%, il ministero dell’Economia, che esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il ministero delle Infrastrutture, al quale ultimo sono attribuite funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa” dice il testo aggiungendo che “salvo intese, il testo sarà disponibile a breve perché sono necessari gli ultimi approfondimenti tecnici”.
In ogni caso “è prevista una solida partecipazione del Mef e del Mit, a conferma dell’importanza che il governo attribuisce al collegamento stabile tra Calabria e Sicilia”, prosegue il Mit. Nella bozza del decreto si legge inoltre che il consiglio di amministrazione di Ponte di Messina Spa sarà composto da cinque membri, di cui due designati dal ministero dell’Economia d’intesa con le Infrastrutture, che ricoprono rispettivamente la carica di presidente e di amministratore delegato, un membro designato dalla Regione Calabria, un membro designato dalla Regione Sicilia e un membro designato da Rfi e Anas.

Partenza nell’estate del 2024. Concessione trentennale

L’annuncio di inizio lavori potrebbe anche essere relativamente a breve, ma poi i tempi di realizzazione saranno lunghi più di una generazione.
Matteo Salvini ha annunciato: “Contiamo di approvare il progetto esecutivo entro il 31 luglio 2024 e poi partire coi lavori”. La concessione, affidata alla società fin dalla data di revoca dello Stato di liquidazione, “ha una durata di trent’anni decorrenti dall’entrata in esercizio dell’opera” ed “eventuali proroghe dei termini per la realizzazione dell’opera determinano corrispondenti slittamenti della durata della concessione”.

Webuild si è detta pronta a ripartire. Ma perché Webuild?

Gli occhi sono puntati sulla società italiana, ex Salvini Impregilo, che da sempre è stata associata alle vicende dello stretto. Nella holding Webuild sono infatti confluite le imprese (capofila Impregilo) che facevano parte di quel Consorzio Eurolink, che nel 2005 si aggiudicò la gara indetta dallo Stato, per il General Contractor, cioè il contraente generale che avrebbe dovuto progettare e costruire il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria.

Rinasce il progetto bloccato dal governo Monti

Quel progetto poi è stato bloccato nel momento di maggiore tensione per i conti dello stato, quando il governo Monti è intervenuto per contenere e bloccare le spese in corso: il Ponte sullo Stretto era proprio una di quelle spese non affrontabili in quel momento.
La bozza di provvedimento all’esame del Governo fa rinascere quel progetto del 2011 e rimette in pista i contratti di appalto cancellati dal governo Monti con il decreto legge 179 del 2012, con l’eccezione delle prestazioni relative al monitoraggio ambientale. “I contratti stipulati dalla società concessionaria, caducati ai sensi dell’articolo 34-decies, comma 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n.221 riprendono a produrre i propri effetti a decorrere dalla delibera di approvazione del progetto definitivo”, si legge nella bozza di decreto. “In concreto, si riparte dal progetto definitivo del 2011 che verrà adeguato alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali. Il nuovo iter autorizzativo dovrà bollinare il ponte strallato più lungo al mondo (3,2 chilometri), che rappresenterà il fiore all’occhiello dell’arte ingegneristica italiana” dice ancora la nota del MIT.

Azioni legali ancora aperte

A causa della cancellazione del contratto, Webuild era ricorso alle vie legale chiedendo un risarcimento danni per un ammontare vicino a un miliardo di euro, secondo fonti ben informate. Ammontare che il governo non ha mai pagato finora, ma che potrebbe non dover più pagare se il dossier-Ponte dovessere essere riaperto proprio da Webuid. Infatti nella bozza del decreto c’è proprio un passaggio al riguardo: “gli accordi del contratto saranno riattivati con la firma di atti aggiuntivi, il che comporterà la rinuncia ad ogni controversia sulla cancellazione degli accordi del decreto 179/2012“.

Salini: ci vorranno sei anni per costruirlo

Per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina ci vorrebbero sei anni” aveva detto l’ad di Webuild, Pietro Salini, nell’estate dello scorso anno al Tg2. “Io penso che questa sia una sfida che l’Italia non può perdere perché è una vetrina internazionale di una dimensione tale che non ci possiamo permettere di non avere. È la sfida che il Paese lancia al resto del mondo per far vedere la sua tecnologia, la sua capacità di realizzare le cose”. Massimo Ferrari, che di Webuild è il “general manager corporate and finance” aveva detto recentemente: “La realizzazione del Ponte sullo Stretto è stata affidata al nostro Gruppo molti anni fa, dopo 30 anni di analisi e valutazioni di tutti i tipi, ed una gara internazionale che abbiamo vinto. È stato in seguito deciso di non avviare i lavori, ma investire nell’Alta velocità ferroviaria fino a Palermo non ha senso senza il Ponte. È nell’interesse del Paese investire in settori come le infrastrutture per la mobilità sostenibile. Ricordiamo che l’infrastruttura ha un effetto moltiplicatore molto alto, maggiore di 1,3. È in grado di creare occupazione e stimolare la crescita economica. In Sicilia si stanno progettando tanti chilometri di ferrovia, quindi il Ponte sarebbe il loro naturale prolungamento verso la Calabria e il Nord Italia”.

Le caratteristiche del progetto e i pareri dei sismologi

Il Ponte sullo Stretto di Messina prevede una sola campata da 3,3 chilometri. Ma uno dei temi più importanti da analizzare è che quella dello stretto è una zona sismica. Secondo i geologi le sponde di Sicilia e Calabria si allontanano ogni anno di 4-10 millimetri. La Stampa spiega oggi che i piloni dovranno essere alti fino a 400 metri e il progetto di ponte sospeso a campata unica si dovrebbe costruire per forza lontano sia da Messina che da Reggio Calabria, perché bisogna realizzarlo nel punto meno esteso dello Stretto. Inoltre nei giorni di vento forte, non pochi, il ponte non sarebbe percorribile.

Altro tema: le fondazioni dei pilastri, che avrebbero cubi di quasi cento metri di lato, presentano incertezze sulle temperature che si generano in fase di presa del calcestruzzo. Con conseguenze sui risultati della presa.
La soluzione alternativa di realizzare un ponte sospeso ancora più lungo che colleghi le due città e a tre campate è più recente. Ma secondo i critici genererebbe problemi statici. Perché quelle pendici non sembrano essere geologicamente stabili. Il progetto del 2011 che il governo vuol fare ripartire prevede un collegamento su strada e ferrovia che verrà adeguato , dice il decreto, alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali.

Reperire risorse. Dalla Ue solo una arte

Resta il nodo dei finanziamenti necessari. Il governo lavora per reperire risorse, nei giorni scorsi Salvini ne ha discusso, tra gli altri, con il vertice della Banca europea degli investimenti. La dicitura “salvo intese” usata per il provvedimento, a quanto si apprende, sarebbe stata inserita per continuare a studiare una soluzione a dei rilievi formulati da alcuni tecnici ministeriali. Questi ultimi avrebbero per esempio fatto notare come utilizzare la società già esistente – in liquidazione da 10 anni – potrebbe confliggere con le normative Ue sulla concorrenza. Mettendo così a rischio la possibilità di usare fondi Pnrr e comunitari per l’opera.

Quanto potrebbe essere profittabile l’opera compiuta ?

Poi ci sono i conti da fare sulla profittabilità dell’opera. Attualmente tra i porti delle due sponde transitano 10 milioni di persone l’anno. Le automobili sono 1,4 milioni e i mezzi pesanti 800 mila. Si effettuano annualmente circa 100 mila corse tra traghetti, navi e aliscafi. Secondo alcuni c’è il concreto rischio che il traffico locale continuerà a utilizzare i traghetti. Uno studio sulle ricadute in Sicilia della Regione dell’Istituto Prometeia calcola un costo di 6,54 miliardi di euro, pari al 7,4% del Pil siciliano. La stima dei costi del ponte va invece dai 4 ai 7,1 miliardi.
Per renderlo un’opera profittevole si dovrebbe aumentare il transito di passeggeri e merci, portando i treni ad Alta Velocità al di là dello Stretto. Ma il Pnrr finanzia da qui al 2026 solo una trentina di chilometri di linea veloce da Battipaglia a Romagnano. Bruxelles in pratica è pronta a finanziare la prima fase di fattibilità, di fronte a «un progetto solido». Al resto dovrà provvedere l’Italia.

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