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Pirelli, parte l’Ipo record: niente debiti e gomme di lusso

Il Ceo Marco Tronchetti Provera ha presentato l’operazione che si preannuncia come la più importante in Europa quest’anno. “Non ci saranno nuove acquisizioni e lascio nel 2020. Il nome di chi prenderà il mio posto c’è già e viene dall’interno”. Il gruppo torna in Borsa il 4 ottobre, la quota ChemChina scende al 45-49%, Camfin avrà il 10-12%, Rosneft il 5%. E’ caccia ai multipli

Una società che ha i conti a posto, che ha ridotto il debito ed è potuta andare in Borsa rapidamente”. Ecco, in sintesi, la “nuova” Pirelli così come la racconta Marco Tronchetti Provera alla vigilia del ritorno in Piazza Affari fissato per il 4 ottobre, al termine del road show iniziato ieri sotto la torre della Bicocca. Senza nascondere il legittimo orgoglio per aver bruciato i tempi le tappe del rientro sul listino, anticipato di un anno abbondante rispetto alla tabella di marcia iniziale. Grazie anche alla grande sintonia con i soci cinesi di Marco Polo, ovvero il colosso Chem China.

Non è l’unico primato segnato dal gruppo: “Nessuno ha investito quanto noi in questi anni – sottolinea Tronchetti – Siamo cresciuti per quanto riguarda la capacità produttiva, siamo diminuiti nella gamma bassa. E’ un mix che garantisce maggiore redditività e un portafoglio di omologazione nelle auto di alto livello che è da leader sul mercato”. Oggi la fascia più elevata e redditizia del mercato rappresenta il 55% del giro d’affari, ma di qui al 2020 salirà di altri dieci punti. E il portafoglio, ove oggi figurano 850 omologhe, salirà fino a quota 1.050. 

Sono questi gli atout industriali che consentiranno probabilmente al gruppo di spuntare in sede di Ipo una valutazione così elevata che gli analisti già parlano di “Prada delle gomme”, prevedendo un prezzo di collocamento in linea con Nokia, la società finlandese che vanta i fondamentali migliori del settore.  Una missione difficile per quella che sarà la più importante Ipo in Europa di questo 2017 (350 milioni di azioni in vendita, al 90% rivolta agli investitori istituzionali e il 10% minimo assegnata al retail). Ma non impossibile, vista l’attenzione degli operatori e l’ottima impostazione del mercato, affamato di offerte di qualità. Per questo l’attesa è per un prezzo di collocamento nella fascia alta della forchetta (da 6,3 a 8,3 euro ad azione, per un totale di 6,3 e 8,3 miliardi di euro) già indicato dal cda.

Ma ad agevolare un debutto sprint contribuirà l’attento maquillage finanziario che ha preceduto il ritorno. Gli azionisti hanno infatti proceduto a varie operazioni straordinarie prima dell’Ipo che hanno consentito di ottenere un investment grade dalle agenzie di rating prima della quotazione. “Abbiamo ridotto il debito – ha detto Tronchetti  – grazie a 600 milioni ricavati dalla separazione delle attività autocarro, altri 1,2 miliardi derivano dall’aumento di capitale sottoscritto dai soci prima dell’Ipo. Altri 500 milioni sono il frutto del cash flow dell’ultimo biennio. “Tutto questo – ha continuato Tronchetti – ha prodotto una velocissima riduzione del debito che ci ha permesso di andare in Borsa prima del previsto. A fine anno avremo un rapporto debito netto/ebitda inferiore alle 3 volte che scenderà sotto le 2 volte al 2020”. Tutto questo senza trascurare la distribuzione del dividendo che, a partire dal 2019, sarà pari al 40% del risultato netto. Un ulteriore propellente, infine, sarà garantito dall’avvio del nuovo indice di Borsa Italiana dedicato alle eccellenze italiane, assai atteso dagli investitori internazionali, che avrà in Pirelli e Ferrari i due cavalli di razza più rappresentativi.     

La “nuova” Pirelli dunque si presenta in Borsa con un carattere e una struttura così prevedibile al punto che Tronchetti anticipa che non sono previste acquisizioni o altre operazioni straordinarie “fuori dal perimetro attuale”. Una novità per un gruppo sempre molto dinamico (talvolta nel suo passato anche troppo) sul piano finanziario. Anche questo suona di buon auspicio per il futuro a breve e medio termine, favorito dal trend della domanda internazionale: il Sud America, dopo anni di crisi (costato a Pirelli due punti di crescita in meno, dal 21 al 19%) è in pieno recupero, l’effetto Trump non condiziona la crescita in Messico; anche il mercato russo dove tra pochi mesi il gruppo potrà contare su un nuovo stabilimento. Cielo sereno anche sul fronte dei rapporti tra Tronchetti e i principali azionisti, cioè i cinesi di ChemChina, ben lieti di dimostrare al mondo che possono essere partner affidabili e corretti. “I cinesi hanno accettato tutto quello che mettevamo sul tavolo per quanto riguarda la governance – ha detto Tronchetti –  essi stessi si sono posti dei vincoli dimostrando che la loro partecipazione è finanziaria nel rispetto dell’autonomia e della professionalità del management e nel rispetto delle persone, della storia e della tecnologia Pirelli”.

ChemCina, del resto, ha accettato di scendere in sede di Ipo sotto la barriera del 50%: la sua quota si collocherà infatti, tra il 45 ed il 49%, davanti a Camfin (tra il 10 e il 12%) e a Rosneft (5%). Sarà questo l’assetto definitivo dell’ultima stagione della leadership dell’imprenditore che ha confermato l’intenzione di cedere il bastone del comando nel 2020. E al proposito del nome di chi guiderà l’azienda dopo quella data, il numero dell’azienda ha detto: “Un nome c’è sempre. È dentro una busta. Può anche essere che cambi entro il 2020, come è successo in passato, ma ultimamente non è successo. Nel 2020 avrò 72 anni ed è giusto che la guida passi a qualcun altro, anche se starò sempre vicino a Pirelli”. Sarà dunque una scelta interna. “Vedo il futuro in ottime mani – aggiunge il ceo parlando della sua squadra di manager – tutti giovani” e il nome è tra questi: “non sono mai riuscito a trovare nessuno fuori di migliore”.

 

 

     

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