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Per Exane Bnp Paribas nei prossimi mesi la crescita accelererà. Ma attenzione alla fine del Qe Usa

L’economista Pierre Olivier Beffy di Exane è positivo sulla ripresa del ciclo economico nel breve periodo – L’aumento dei rendimenti Usa è il vero trigger per l’incremento della volatilità nel terzo trimestre sui mercati obbligazionari periferici dell’Eurozona – Attesa comunque una ulteriore contrazione degli spread italiani e spagnoli di circa 90 punti base

Per Exane Bnp Paribas nei prossimi mesi la crescita accelererà. Ma attenzione alla fine del Qe Usa

Tra gli investitori c’è ancora molta incertezza sui trend macroeconomici e finanziari. Il mercato guarda alla riunione della Bce di giovedì prossimo in cui ci si attende che il presidente Mario Draghi lanci delle misure di Quantitative easing. Intanto questa settimana i mercati hanno registrato la gelata a sorpresa del Pil Usa che si è contratto dell’1% contro lo 0,5% atteso e alcuni dati macro deboli. Timori anche sulla ripresa in Italia dove il Pil nel primo trimestre 2014 è tornato a scendere su base congiunturale. L’Istat si attende però nel secondo trimestre un recupero della crescita. Come riflesso di queste preoccupazioni i titoli difensivi sui mercati azionari hanno sovraperformato. “Sebbene molti investitori siano preoccupati sull’andamento dell’economia globale dopo un primo trimestre deludente, riteniamo di poter essere piuttosto positivi sulle prospettive macro”, rassicura Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane BNP Paribas che anzi si attende un veloce ritorno in una fase positiva del ciclo.

Cosa vi aspettate per i prossimi mesi?

Stimiamo che nel breve termine si potrebbe già assistere ad una fase positiva del ciclo economico globale, caratterizzata da un’accelerazione della crescita e da bassi livelli d’inflazione accompagnati da condizioni finanziarie favorevoli che partono già da livelli molto espansionistici.

Cosa vi fa essere così ottimisti sul breve periodo?

In molti potrebbero mettere in discussione la nostra positività sulle prospettive macro di breve termine, soprattutto dopo il recente calo dei rendimenti obbligazionari globali, interpretato da alcuni come un segnale di avvertimento sulle peggiorate prospettive di crescita. Tuttavia, questi tassi decrescenti riflettono semplicemente la concretizzazione di minori prospettive inflattive e di crescita derivanti da risultati deludenti del primo trimestre. Inoltre, si potrebbe anche sostenere che il 2014 sia stato inaugurato da posizioni short sui mercati obbligazionari: a seguito delle deludenti prospettive di crescita, si è semplicemente assistito ad un inasprimento di questa posizioni.

Come dobbiamo leggere quindi l’andamento dei mercati obbligazionari?

Poiché i fattori temporanei negativi (soprattutto le condizioni metereologiche nei paesi sviluppati) e l’impatto ritardato dell’inasprimento delle condizioni finanziarie della scorsa estate sono stati ormai pienamente assimilati dall’economia globale, il calo del mercato obbligazionario globale implica che le condizioni finanziarie già accomodanti saranno di sostegno alla crescita globale dei prossimi mesi. Pertanto il messaggio lanciato dai mercati obbligazionari non è quello di farsi prendere dal panico dalle prospettive di crescita perché le condizioni finanziarie supporteranno l’attività economica. Allo stesso tempo, dato l’eccesso dell’offerta di lavoro a livello globale, l’accelerazione nel breve termine dell’attività economica globale non sarà in grado di innescare un aumento sostenuto del livello d’inflazione. Questo significa che alcune banche centrali, come la BCE, avranno ancora margine di manovra per fornire ulteriori stimoli nel breve periodo.

In questo scenario, che cosa vi preoccupa maggiormente?

Data la conclusione prossima del Qe, ciò di cui siamo maggiormente preoccupati è l’aumento sempre più probabile dei tassi Usa. Riteniamo, infatti, che tale evento si possa già concretizzare nel terzo trimestre e che verosimilmente i mercati finanziari mostreranno delle difficoltà ad accettare l’incremento dei rendimenti statunitensi. Con riferimento al mercato obbligazionario forward, il livello dei tassi Usa a 10 anno atteso dovrebbe essere attorno al 2,6% a novembre. Questa stima ci sembra eccessivamente bassa. Di conseguenza, l’aumento dei rendimenti statunitensi potrebbe essere il vero trigger per l’incremento della volatilità previsto per il terzo trimestre sui mercati obbligazionari periferici dell’Eurozona.

Come si muoveranno gli spread periferici nei prossimi mesi?

Oltre alla maggiore volatilità attesa sui mercati obbligazionari, per i prossimi 12 mesi stimiamo anche un’ulteriore contrazione degli spread italiani e spagnoli nella misura di circa 90bp. Infatti, i recenti commenti della Bce ci spingono ad adottare una view più bullish a 12 mesi sui mercati obbligazionari periferici. Un calo dei rendimenti è stato anche associato ad un potenziale miglioramento della sostenibilità del debito pubblico e, di conseguenza, la riduzione dei rendimenti obbligazionari nei paesi periferici è divenuta una profezia che si auto-realizzerà.

Ma quali sono i rischi reali per le prospettive macroeconomiche e dei mercati finanziari globali?

Sicuramente bisognerà tenere in considerazione le tensioni geopolitiche, sebbene le stesse sembrino essersi attenuate (almeno per il momento). Inoltre, emergono due rischi macro dagli Stati Uniti e dalla Cina. Per quanto riguarda gli USA, un’accelerazione del livello d’inflazione e delle prospettive di crescita potrebbero indurre gli investitori a ritenere che la Fed sia dietro la curva. Ciò potrebbe innescare un sell-off nei mercati obbligazionari, così come registrato nel maggio 2013. Per quanto concerne la Cina, i paesi emergenti dovranno adeguarsi a minori trend di crescita nei prossimi anni, anche se l’aggiustamento potrebbe essere più rapido di quanto previsto, soprattutto in un paese come la Cina dove la concessione di  credito ai privati necessita una riduzione.

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