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Pensione minima per i giovani: spunta l’assegno da 650 euro

La somma potrebbe aumentare di 30 euro al mese per ogni anno di contribuzione oltre il 20esimo, fino a un massimo di mille euro – A lanciare l’ipotesi è stato il consigliere economico della presidenza del Consiglio, Stefano Patriarca – Il Pd: “A breve una proposta”

Pensione minima per i giovani: spunta l’assegno da 650 euro

Si torna a parlare di pensione di garanzia per i giovani e per i 40enni con carriere discontinue. La novità è che questa volta ci sono dei numeri: 650 euro al mese per chi ha 20 anni di contributi, una somma che può aumentare di 30 euro al mese per ogni anno in più fino a un massimo di mille euro. L’assegno scatterebbe anche per le pensioni anticipate. A lanciare l’ipotesi è stato il consigliere economico della presidenza del Consiglio, Stefano Patriarca, nel corso del convegno sulle pensioni organizzato dal Pd.

Il responsabile per il lavoro nella segreteria del Pd, Tommaso Nannicini, ha confermato nel corso dello stesso convegno che “il Pd farà una proposta sulla pensione di garanzia per i giovani, con un reddito minimo”. Anche secondo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, la questione va affrontata in tempi rapidi.

Si tratta di un tema centrale nel tavolo governo-sindacati da quando si è aperta la “fase due” del confronto sulla previdenza, prevista dal verbale d’intesa firmato lo scorso anno. L’obiettivo finale è trovare un accordo in vista della prossima legge di Bilancio.

La norma sulla pensione di garanzia per i giovani punta a tutelare i Millennials e le generazioni successive, cioè tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995. In base alla riforma Dini (legge n° 335/95), gli assegni previdenziali di chi ha cominciato a guadagnare da quell’anno in poi saranno calcolati interamente con il metodo contributivo (basato cioè sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa), assai meno vantaggioso del retributivo (legato agli stipendi degli ultimi anni di carriera), anche perché non permette di beneficiare delle integrazioni al minimo.

La riforma delle pensioni del governo Dini puntava a mettere in sicurezza i conti dell’Inps, ma non aveva previsto quello che sarebbe accaduto nel mercato del lavoro. Oggi i contratti precari impongono di cambiare spesso occupazione e rendono discontinua la vita professionale, aprendo delle voragini nella storia contributiva dei lavoratori.

Una volta arrivati all’età della pensione, perciò, i giovani e i quarantenni di oggi si ritroveranno con un montante contributivo assai più scarso di quello accumulato dai loro genitori e per di più saranno penalizzati da un metodo di calcolo più sfavorevole. Questo significa che le loro pensioni rischieranno di essere talmente basse da non garantire una vecchiaia dignitosa.

Da qui nasce l’idea di una pensione di garanzia, cioè un importo fisso non inferiore all’assegno sociale (poco meno di 450 euro al mese) e interamente a carico dello Stato, che andrà a integrare il trattamento maturato dal lavoratore con i contributi versati.

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