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Pdl, tornare a Forza Italia o costruire un vero partito?

Dopo il crollo elettorale nelle amministrative nel centro-destra prevale la tesi che è normale perdere se Silvio non è in campo e quindi meglio una forza politica “leggera” come quella degli esordi. Ma Cicchitto pensa che serva una vera organizzazione partitica: con il carisma di Berlusconi, ma anche con regole non calate dall’alto.

Pdl, tornare a Forza Italia o costruire un vero partito?

Dopo il voto di domenica e lunedì scorso il centro-destra, e in particolare il Pdl, non sono alla guida di alcuna grande città italiana. Lo stesso centro-destra pur perdendo un consistente numero di voti, si era mostrato nelle precedenti elezioni politiche di fine febbraio in grado d’impedire una chiara vittoria del centro-sinistra, chiudendo la strada alla formazione di un governo di cambiamento, come era nei piani di Bersani, e rendendo così più o meno obbligato il ricorso al governo di necessità o delle larghe imprese. Due risultati assai diversi. Praticamente opposti. I quali imporrebbero al Pdl e alle altre forze di centro-destra un’analisi politica approfondita, dagli esiti tutt’altro che scontati.

Per ora Berlusconi, alle prese con le prossime scadenze processuali, ha evitato ogni commento. Del resto non aveva neanche partecipato alla seconda fase della campagna elettorale. Comportamento sconcertante per chi comunque è il leader riconosciuto di uno schieramento politico vasto. I suoi più fedeli sostenitori (Capezzone, Santanchè e Verdini) si limitano a far circolare nei talk-show la tesi per la quale è pressoché scontato che la destra non  vinca quando in campo non c’è lui. Intanto affidano al pugnace Brunetta il compito, molto gradito al neo capogruppo, di tenere sotto tiro il governo Letta, esigendo che si trovino, costi quel che costi, i soldi per non far scattare l’aumento dell’Iva e per abolire per tutti l’Imu sulla prima casa. Quanto al ministro Saccomanni, che più prudentemente parla di “rimodulazione” dell’Imu, è soltanto un tecnico che deve applicare quanto gli dice la maggioranza. Intanto altri fedelissimi del capo, accorsi prima del voto per i ballottaggi in Sardegna, pensano a un ritorno a Forza Italia. Insomma, meglio che al posto di un partito ci sia un comitato elettorale, pronto a sostenere comunque Silvio alle prossime elezioni politiche.

Eppure anche nel Pdl c’è chi è tutt’altro che convinto da questo tipo di soluzione. Già prima delle elezioni amministrative un politico accorto e di lungo corso come Fabrizio Cicchitto, anticipando e prevedendo l’esito dei ballottaggi di lunedì scorso, aveva posto il problema di un’organizzazione e di un rafforzamento del partito. Perché altrimenti sul territorio le elezioni si perdono, e questo, a lungo andare, logora qualunque leadership. Le posizioni ragionevoli di Cicchitto (un partito può restare carismatico anche con regole democratiche non calate dall’alto) finora non hanno trovato molto sostegno (l’eccezione potrebbe essere Bondi) all’interno del Pdl. E’ noto che Berlusconi ha quasi un allergia per la parola partito e non a caso ha sempre parlato di “mio movimento”, tanto a proposito di Forza Italia che del Pdl. Eppure nelle ultime amministrative sono stati proprio i movimenti antipolitici e populisti a pagare il prezzo elettorale più salato: dalla ormai “storica” Lega ai recentissimi cinque stelle. Si spiega anche così l’altissima percentuale di astensionisti dal voto. Il sentimento anti-politica resta altissimo, ma gli elettori si fidano sempre meno di chi quel sentimento ha sinora cavalcato.

Vedremo nei prossimi giorni se le tesi di Cicchitto, e forse di Bondi, prenderanno piede nel dibattito interno al Pdl. L’impressione è però che la maggioranza, fatta di berlusconiani puri e duri, preferisca il ritorno alla formula Forza Italia, tutta nelle mani di Silvio. Che così sarà sempre meno condizionata da chi, come il segretario e vicepresidente del Consiglio Angelino Alfano, ogni tanto cerca anche con Berlusconi di far valere le ragioni della politica. Ma si sa che nel Pdl non mancano coloro che pensano che il governo delle larghe intese serva soprattutto allo scopo di porre ad Alfano il problema dell’incompatibilità tra carica di partito e carica di governo. E poi se la formula scelta sarà quella di Forza Italia, allora vuol dire che le elezioni politiche, con buona pace del governo Letta, dovranno essere ravvicinate. Con Silvio (processi e anagrafe permettendo) candidato e comunque leader. E soprattutto con il Porcellum.

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