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Patrimoniale, totem e tabù: equità sociale o ossessione?

Alla fine della prima guerra mondiale l’economista di Cambridge, Arthur Cecil Pigou avanzò una proposta shock: una patrimoniale secca una tantum del 25% sugli asset dei più ricchi – Era più che altro una provocazione ma la patrimoniale è sempre rimasta un totem della sinistra radicale: lo storico Ian Kumekawa spiega il perchè ma non dissipa i tanti dubbi su una imposta del genere – Una tassazione più equa resta meglio di una patrimoniale una tantum

Patrimoniale, totem e tabù: equità sociale o ossessione?

Alla riscoperta di Pigou 

Al termine della prima guerra un economista di Cambridge, dal nome quasi sconosciuto oggi ma visionario al pari di Keynes, mosse una proposta radicale per rimettere in carreggiata le finanze pubbliche coventrizzate da 4 anni di sforzo bellico. 

Chiese una tassa patrimoniale secca del 25% sugli asset dei più ricchi. Una proposta che, più di altre come le nazionalizzazioni, in un sistema capitalista aveva veramente il sapore del socialismo. Tant’è che a perorarla erano propri i laburisti della Fabian Society, la società fondata da Beatrice e Sidney Webb. Ma non proponevano la crisi per acutizzare il conflitto di classe quanto per attenuarlo. 

Un esteso documento del 1919 steso da Sidney Webb e recante il titolo National Finance and the Levy on Capital, What the Labour Party intends, spiegava in dettaglio le buone ragioni. non solo prettamente economiche, per abbracciare questo drastico provvedimento. 

Il documento dichiarava senza mezzi termini che la maggiore preoccupazione del Partito laburista nell’assetto post-bellico riguardava la finanza pubblica e i modi per risanarla così da tornare a fornire i servizi necessari al paese e a portare avanti la dura riconversione post-bellica così da gestire la coesione sociale la cui rottura era sfociata in Russia nella rivoluzione. «No cake for anyone until all have bread».

Le imposte pigoviane 

Arthur Cecil Pigou non era certo un socialista. Al King’s College di Cambridge era subentrato a Marshall nella cattedra di economia politica. Nel corso della sua intera carriera intellettuale si occupò delle problematiche dell’economia del benessere. Raccolse le sue idee in un libro dal titolo analogo, The Economics of Welfare, che resta la sua opera più importante. Fu proprio l’economista di Cambridge a coniare il concetto di esternalità negative dell’economia per la quale predispose una serie di misure di contenimento che presero il nome di imposte pigoviane. 

Amico di Keynes, che lo stimava, fu messo in ombra dall’opera e dall’azione di John Maynard senza che tra i due studiosi nascesse alcuna forma di rivalità. 

Amante della natura e alpinista Pigou prese parte alla prima spedizione britannica che scalò il monte Everest. 

Nell’articolo che segue, il giovane storico di Harvard Ian Kumekawa che ha pubblicato un libro recente sul pensiero di Pigou, ci dice perché le idee di Pigou su una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezza è ancora un’idea che ha una grande forza economica, sociale e politica agli occhi della sinistra radicale.  L’intervento di Ian Kumekawa è stato ospitato nella pagina op-ed del Financial Times del 7 giugno 2020. 

Due crisi analoghe 

Un secolo fa, nel bel mezzo di una crisi senza precedenti, l’economista britannico A.C. Pigou propose una tassa patrimoniale secca. Scrivendo nel corso la prima guerra mondiale, Pigou chiese di introdurre un’enorme tassa una tantum per pagare i debiti di guerra che erano schizzati alle stelle. 

Oggi, di fronte a miliardi di euro di spesa pubblica per affrontare la crisi del Covid-19 — e alla urgente necessità di affrontare il tema della disuguaglianza — faremmo bene a riconsiderare l’idea di una tale tassa. 

Ai tempi di Pigou, così come oggi, i governi spendevano somme di denaro quasi inconcepibili per riparare al disastro nazionale. Il debito della Gran Bretagna era più che triplicato nei primi tre anni della prima guerra mondiale. 

Allora come oggi, una tassa sul patrimonio era la proposta preferita dalla sinistra. Allora come oggi, una tale tassa, che non fu mai istituita, si sarebbe fortemente distaccata dall’ordinario politico e dalle norme stabilite dalla finanza pubblica. 

Non una tassa ma un progetto 

Per Pigou — il primo economista a studiare i costi ambientali e uno dei primi ad analizzare le disuguaglianze — le ragioni per introdurre una tassa speciale non erano solo economiche. Si trattava di giustizia e di equità. 

Pigou considerava la tassa una tantum come un progetto. “Ai giovani — scriveva nel 1916 — viene chiesto di sacrificare non tanto un parte de loro patrimonio, ma l’insieme di ciò che possiedono”. Se questo si riteneva socialmente “il giusto principio da applicare alla vita degli uomini in quelle circostanze”, sosteneva Pigou, sarebbe stato, allora, anche “il giusto principio da applicare al denaro della nazione”. 

Questo portò Pigou a pensare a misure radicali: un prelievo del 25% su tutte le ricchezze, escludendo i poveri. 

L’allargarsi della disuguaglianza economica nel mondo di oggi 

Oggi non c’è nessuna guerra, ma a molte persone è stato chiesto di rischiare la vita. I servizi “essenziali” negli Stati Uniti sono in gran parte erogati da lavoratori spesso sottopagati. 

Gli inservienti e il personale paramedico impiegato negli ospedali americani, 1 milione e mezzo di persone, portano a casa uno stipendio mediano inferiore ai 30.000 dollari all’anno. I 3 milioni e mezzo di addetti dediti all’assistenza delle persone guadagnano poco più di 24.000 dollari all’anno. 

… e la disuguaglianza di genere 

Sia il virus che la conseguente ricaduta economica hanno colpito in modo sproporzionato comunità già svantaggiate, in particolare quelle di colore. 

Anche prima del Covid-19, la ricchezza mediana delle famiglie bianche americane era quasi dieci volte superiore a quella delle famiglie di afro-americane. Una tassa sulla ricchezza attenuerebbe questa disparità e inizierebbe ad accogliere le pressanti richieste di uguaglianza razziale sulla scia della brutale uccisione di George Floyd da parte della polizia. 

Premiare il sacrificio 

Nel frattempo, i costi del Covid-19 sono molteplici, variegati e diffusi. Alcune persone, tuttavia, hanno dovuto sacrificarsi più di altre. Per milioni di persone che vivono in situazioni economiche precarie, la crisi sarà — se non lo è già — un disastro che cambierà la loro vita. 

L’allontanamento sociale è un’esperienza molto diversa nelle periferie benestanti delle città rispetto ai sobborghi affollati, dove vivono molti poveri. 

Eppure, nonostante questo stato di cose, i leader politici si sono aspettati — e si sono anche aggrappati dall’idea — che i più poveri continuino ad agire con un’etica di spirito pubblico. Farlo, però, per loro significa spesso rinunciare ai mezzi di sussistenza. I sacrifici personali necessari per fermare la diffusione del coronavirus non si limitano al rischio sanitario o psicologico. Sono anche di tipo economico. 

La patrimoniale attua lo spirito pubblico 

Un’imposta una tantum, distinta da una tassa patrimoniale continuativa, attuerebbe le idee di spirito pubblico e di solidarietà comunitaria. Offrirebbe ai più ricchi un modo di condividere in maniera più equa il peso di un disastro eccezionale. 

Coloro che dovrebbero pagare la tassa non sono stati licenziati da un posto di lavoro a basso salario. Non hanno dovuto affrontare lo sfratto. Non sono stati costretti a prendere i mezzi pubblici durante il lockdown. Non sono stati obbligati per necessità a lavorare senza dispositivi di protezione individuale. Eppure, hanno ricevuto l’assistenza sanitaria, i generi alimentari tramite il servizio di asporto, il recapito della posta. 

Insomma hanno continuato a dipendere dal lavoro di chi si è messo a rischio per necessità o per senso civico. 

Come diceva Pigou più di un secolo fa: «Imporre un tale prelievo non è affatto ingiusto, ma un atto di equità sociale»

Un atto di equità sociale? 

Questa logica risuona ancora più forte oggi che ai tempi di Pigou, quando le tasse erano discusse ma difficilmente rese operative. La disuguaglianza economica nelle democrazie occidentali è salita alle stelle negli ultimi tre decenni. Negli Stati Uniti, l’1% dei più ricchi — famiglie con un patrimonio di oltre 10 milioni di dollari — possiede più di un terzo della ricchezza totale. 

Pigou ha proposto un prelievo del 25 per cento sul patrimonio dei più ricchi. Oggi, anche un prelievo del 5% sull’1% degli americani più ricchi potrebbe raccogliere mille miliardi di dollari. Un prelievo supplementare del 5% sullo 0,1% dei paperoni potrebbe raccogliere altri 500 miliardi. 

Tali misure coprirebbero la metà degli stimoli fiscali della pandemia di 2800 miliardi dollari attuati negli Stati Uniti fino ad oggi. 

Aiuterebbero in modo più equo a distribuire i costi del disastro in corso. Potrebbero anche aiutare a indirizzare gli Stati Uniti verso un futuro più equo. 

Le crisi — che si tratti di guerre o dell’attuale pandemia — sono eventi trasformativi. I loro lasciti sono profondi e duraturi. La nostra risposta al Covid-19 dovrebbe dare priorità all’equità e alla sicurezza. 

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