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Overtourism in Italia tra tornelli, ticket e numeri chiusi: fine del sovraffollamento o fine del turismo?

Negli ultimi anni, l’Italia ha provato a domare l’overtourism con divieti e ticket vari, ma queste misure spesso favoriscono il turismo “mordi e fuggi”, riducendo pernottamenti e penalizzando l’economia locale

Overtourism in Italia tra tornelli, ticket e numeri chiusi: fine del sovraffollamento o fine del turismo?

Dalle spiagge della Sardegna alle vette delle Dolomiti, passando per le Cinque Terre e i borghi meno noti, l’Italia sta vivendo un’estate da “turismo a numero chiuso”. Tornelli in montagna, prenotazioni obbligatorie, ticket per le spiagge più iconiche: l’overtourism è finito nel mirino delle ordinanze più fantasiose. Ma tutta questa creatività normativa servirà davvero a salvare i luoghi più amati dai turisti o rischia di mettere in crisi il turismo stesso?

L’Italia dell’overtourism: tornelli, ticket e divieti creativi

Questa estate l’Italia sembra un vero parco a tema a numero chiuso. Per domare il turismo di massa, le amministrazioni hanno sfoderato misure fantasiose quanto rigorose. A Seceda, in Val Gardena, migliaia di turisti in coda alla funivia si trovano davanti a tornelli da 5 euro: il selfie in alta quota non è mai stato così costoso. A Portofino i muretti diventano off-limits per gli scatti e persino sostare sul molo è vietato.

Le spiagge non sono da meno: Punta Molentis (Villasimius) accoglie massimo 600 bagnanti al giorno, La Pelosa 1.500 con parcheggio a pagamento, Cala Brandinchi e Lu Impostu limitano l’ingresso rispettivamente a 1.447 e 3.352 visitatori, e Goloritzè fa pagare 6 euro per il sentiero unico verso il mare. Alle Eolie, alcune zone vietano la balneazione, mentre nelle Egadi sono comparsi campi boa prenotabili online per limitare l’ancoraggio selvaggio.

Perfino laghi e città storiche si adeguano: a Sirmione sul Garda arrivano gli “street tutors”, vigili pedonali anti-coda; a Cala Violina (Toscana) continua il numero chiuso, e a Venezia è attiva una tassa d’ingresso di 5 euro con multa di 1.000 euro per chi si tuffa nei canali.

Cinque Terre, la Via dell’Amore e il boomerang delle misure

Le Cinque Terre rappresentano oggi l’emblema di un turismo che rischia di soffocare sotto le stesse misure pensate per proteggerle. La Via dell’Amore, a Riomaggiore, dopo tredici anni di chiusura per una frana, è tornata percorribile, ma con prenotazioni obbligatorie e ticket a pagamento. Una famiglia di quattro persone spende circa 170 euro per poco più di un chilometro: non sorprende, quindi, che molte fasce orarie restino vuote, anche in pieno agosto.

A complicare il quadro c’è la Cinque Terre Card, necessaria per spostarsi in treno tra i borghi, salita da 18,20 a 32,50 euro. L’aumento dei costi spinge molti turisti a soggiornare a Genova o alla Spezia e visitare le Cinque Terre in giornata, spesso portandosi il pranzo da casa. Questo tipo di turismo riduce i guadagni di ristoranti, affittacamere e strutture locali, mentre chi si adatta più rapidamente ai cambiamenti – grandi tour operator in testa – può continuare a prosperare.

Il paradosso è evidente: le misure pensate per limitare il turismo “mordi e fuggi” hanno avuto l’effetto opposto. I visitatori che restano poche ore continuano ad arrivare, mentre chi soggiorna almeno una notte – e porta più soldi e valore al territorio – sembra essere scoraggiato. Sono i numeri a confermare il fenomeno: secondo l’Osservatorio turistico della Regione Liguria, riportato da Repubblica, le Cinque Terre hanno perso circa 50mila pernottamenti rispetto allo scorso anno. Un dato che evidenzia come l’eccesso di turismo veloce, se non bilanciato da esperienze autentiche, rischi di svuotare economicamente e culturalmente i borghi, mettendo a rischio l’equilibrio delicato tra ospitalità, comunità locali e patrimonio naturale.

Restrizioni: proteggere il territorio o soffocare il turismo?

Il fenomeno non riguarda solo questo angolo della Liguria: a livello globale, il turismo continua a crescere e, secondo il World Travel & Tourism Council, il settore varrà 16,5 trilioni di dollari entro il 2035. L’Italia, tra le mete più ambite al mondo, deve quindi trovare un equilibrio tra sostenibilità e redditività, proteggendo i luoghi più fragili senza compromettere l’economia locale e valorizzando le comunità che vivono e lavorano sul territorio.

La vera sfida non è semplicemente vietare, limitare o multare, ma educare i visitatori, distribuire i flussi in modo intelligente e creare esperienze che invitino a fermarsi più a lungo, immergendosi nella cultura, nella natura e nella storia dei luoghi. Far sentire i turisti ospiti, non invasori. Così la fine dell’overtourism può coincidere con l’inizio di un turismo più sostenibile, autentico e rispettoso del territorio.

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