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Olio extravergine, la Spagna sorpassa l’Italia

Brutto momento per l’olio d’oliva extravergine made in Italy: dopo l’inchiesta della Procura di Torino su alcuni dei marchi italiani più noti, è arrivato anche il sorpasso della Spagna sulla qualità – Gli iberici, che erano già primi in quanto a quantità prodotta, adesso fanno un olio che gli esperti hanno giudicato migliore di quello italiano.

Olio extravergine, la Spagna sorpassa l’Italia

Decisamente non è un momento felice per l’Olio Extravergine d’oliva italiano, vanto nazionale della nostra tradizione gastronomica. Dopo un 2014 che verrà ricordato come il suo Annus Horribilis, con una annata produttiva ridotta ai minimi termini (dal – 35 al – 50 per cento a seconda delle regioni) a causa di un stagione climatica avversa, dell’imperversare della mosca olearia e di altri elementi patogeni ai quali si è aggiunto il flagello del batterio Xylella fastidiosa – tutti fattori che hanno costretto i produttori italiani ad aumentare i rifornimenti di materia prima dalla Spagna, dalla Tunisia e dal Marocco – ci si sono messi anche gli scandali con l’inchiesta giudiziaria  avviata dalla Procura di Torino in collaborazione con i Nas dei carabinieri.

Alcune delle più note aziende del settore, Carapelli, Bertolli, (nomi italiani ma di proprietà iberica) Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna e Antica Badia sono state infatti iscritte nel registrato degli indagati con l’accusa di frode in commercio perché – stando a quanto affermato dagli inquirenti – avrebbero venduto come olio extravergine di oliva, olio di qualità inferiore. Un bel colpo alla nostra immagine proprio nell’anno dell’Expo che ha fatto dichiarare al ministro delle politiche agricole e alimentari Maurizio Martina che il governo segue “con attenzione l’evoluzione delle indagini, perché è fondamentale tutelare un settore strategico come quello dell’olio di oliva italiano”. E purtroppo va detto che questa azione di tutela e controllo negli ultimi mesi a seguito di 6.000 analisi ha comportato il sequestro di materiale per 10 milioni di euro.

Ma non sarebbe neanche questa la notizia peggiore. Il fatto è che da qualche tempo a questa parte, con buona pace di nazionalisti e sciovinisti alimentari italici, l’Olio Extravergine di Oliva made in Italy, di cui abbiamo sempre vantato superiorità mediterranee di gusto ed olfattive, ha perso il primato della bontà.

L’ultimo doloroso schiaffo all’immagine di una Italia olearia sopraffina è venuto dalla pubblicazione di “Flos Olei, guida internazionale al mondo dell’extravergine”, pubblicata da Marco Oreggia, uno dei nostri massimi esperti del settore. Ebbene dopo una selezione di 692 oli extravergine prodotti da 500 aziende di 49 paesi dei cinque continenti per la prima volta nella classifica “The best 20” che rappresenta l’Oscar dell’olio extravergine, la Spagna ha superato l’Italia per 8 premi a 7 aggiudicandosi anche i due riconoscimenti più ambiti. I panel di degustazione hanno infatti assegnato il premio per il migliore olio extravergine dell’anno all’etichetta Selecciòn di Finca La Torre mentre il titolo di azienda dell’anno è andato all’azienda Castillo de Canena Olive Juice.

E ancora spagnoli sono il migliore olio extravergine d’oliva da agricoltura biologica (azienda Rafael Alonso Aguilera), il migliore Olio Monovarietale-fruttato leggero (Hacienda Queiles), il migliore fruttato-intenso monovarietale (La Organic), il migliore Dop-Ipg fruttato intenso Muela Olives, il migliore  olio nella categoria qualità-quantità, (Casas de Hualdo), il migliore per qualità-packaging (O-Med).

Accusato il sorpasso oltre che sulla produzione, da sempre, anche sulla qualità, l’Italia si è comunque garantita la seconda posizione con 7 riconoscimenti: il premio all’azienda emergente (Dievole di Gaiole in Chianti); il premio azienda del cuore (Azienda agricola Paolo Cassini di Isolabona-IM); il migliore per metodo di estrazione  (Azienda Agricola Le Tre Colonne di Giovinazzo -BA); il migliore extravergine di oliva blended fruttato- medio  (Fattoria di Fubbiano di Capannori-LU); il migliore blended fruttato-intenso (Frantoio Gaudenzi di Trevi-PG); il migliore Dop-Ipg  fruttato leggero (Azienda agricola  Sebastiana Fisicaro Frantoio Galioto di Ferla-SR); il migliore Dop-Ipg fruttato-medio (Azienda Agricola Sabino Leone di Canosa di Puglia-BT).

Ma quello che fa pensare e soprattutto dovrebbe far ragionare è che gli altri premi sono andati alla Slovenia, per il migliore olio da agricoltura biologica Dopo-IPG; al Portogallo, per la sezione qualità-prezzo; all’Argentina, per il fruttato medio monovarietale; al Cile, per il miglior blended fruttato leggero; alla Turchia per la categoria azienda di frontiera.

“La the best 20 del 2016 dimostra – afferma Marco Oreggia –  che la qualità non ha confini. Oramai i segreti del mestiere per produrre extravergine di alto pregio, un tempo custoditi da pochi, italiani in primis, sono alla portata di tutti ed è per questo che sono diverse le nazioni che emergono per la qualità delle loro produzioni. Il cuore della produzione olearia e il Mediterraneo ma accanto ai paesi di quest’area la produzione qualificata si estende anche a luoghi più lontani che si stanno affermando ogni anno di più sul mercato internazionale. Pensiamo a realtà come Argentina, Cile, Uruguay, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. Oppure a paesi mediterranei in forte crescita nel mercato olivicolo di alto livello come Croazia, Francia, Slovenia e Marocco”.

E se qualcuno può ancora nutrire dubbi sulla valutazione non certo entusiasmante per il nostro orgoglio oleario italico emersa dai severi ma rigorosi giudizi degli esperti della guida “Flos Olei” può verificare come si è conclusa la terza edizione della “New York International Olive Oil Competition (NYIOOC)” la più autorevole manifestazione mondiale del settore che si è tenuta al Culinary Center di Soho.  

Un panel internazionale guidato da Giuseppe Di Lecce (Italia) e composto da Antonio G. Lauro (Italia), Olfa Baccouri (Tunisia), Nicholas Coleman (USA), Suzan Kantarci (Turchia), Robert Harris (Australia), Konstantinos Liris (Grecia), Carola Dümmer Medina (Cile), Fernando Martínez Román (Spagna), Fabienne Roux (Francia), Esteban Santipolio (Argentina), Lina Smith (USA), Miciyo Yamada (Giappone), Eleftheria Germanaki (Grecia) e Brígida Jiménez Herrera (Spagna)” ha esaminato 671 oli, ha riscontrato difetti nel 49% delle bottiglie presentate e, alla fine di tre  intense giornate di lavoro, ha premiato 251 oli. La parte del leone l’ha fatta la Spagna salita sul primo podio, seguita dall’Italia (che si è assicurata cinque “Best in Class” con due oli siciliani l’Agrestis Nettaribleo DOP Bio di Buccheri, e Villa Zottopera di Chiaramonte Gulfi, l’Electum prodotto da La Selvotta dei F.lli Sputore a Chieti, il Fonte di Foiano 1979 prodotto a Castagneto Carducci, il Casaliva Olio Cru prodotto sul lago di Garda), da Stati Uniti, Grecia e Portogallo.

La giuria ha inoltre attribuito a oli italiani 30 medaglie d’oro e 8 d’argento. Tra i primi Lucini Italia, il Frantoio Romano di Benevento, che si è assicurato due medaglie d’oro con il blend bio fruttato leggero Gold Bio e il monocultivar di Ortice fruttato medio, in assoluto uno fra gli oli di pregio a prezzo più vantaggioso) e l’azienda pugliese Leone Sabino/ De’ Donno.

Insomma è tempo che l’Italia corra a rimedi, e seri, se vuole riconquistare quel primato oggi messo seriamente in discussione. Segnali positivi sono già giunti con la normativa sull’origine e sull’etichettatura, l’inserimento di nuovi parametri chimici utili per la lotta alle frodi e la maggiore riconoscibilità dei marchi DOP IGP e da agricoltura biologica. Ma permangono tuttavia numerosi problemi irrisolti, primo fra tutti una legislazione ancora inadeguata che, sia chiaro, è carente sia in Europa che nel mondo. Il rilancio, in generale, del settore passa, certo, attraverso un maggiore controllo delle zone e dei volumi produttivi, un deciso potenziamento delle norme antifrode e il miglioramento della poco efficace classificazione merceologica dell’olio da olive. Ma soprattutto attraverso misure di sostegno e sviluppo a un settore estremamente parcellizzato che sa produrre qualità ma non può possedere in proprio i mezzi per sostenere un confronto con la grande produzione che arriva ai banchi della grande distribuzione organizzata con prezzi stracciati che solo l’industria può consentirsi. 

Non va dimenticato infatti che anche se l’Italia con oltre 464 mila tonnellate è il secondo produttore mondiale di olio di oliva dopo la Spagna (con un rapporto di uno a tre in favore della Spagna) vede però la coltivazione diffusa su circa 1 milione di ettari in coltura principale e su di una superficie di poco inferiore in coltura secondaria con poco più di 1.000.000 aziende spesso a gestione familiare. Quindi le superfici medie coltivate sono dell’ordine di 1 ettaro circa, a testimonianza dell’estrema frammentazione produttiva. Per la cronaca, la società Castillo de Canema Olive Juice, che si è aggiudicato il primo premio della Guida Flos Olei possiede 1.500 ettari, e li coltivano  con eccellenti risultati da oltre due secoli.

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