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Npl, ecco la mappa: quanti sono e quanti ne hanno le banche

Nel recente Npl Meeting di Venezia, la Banca Ifis ha fatto il conto dei crediti deteriorati in Italia: quanti sono, quanti sono ancora in carico alle banche, quanti invece sono stati venduti, quanti sono stati recuperati e quanto tempo ci vorrà per lavorarli – Ecco chi sono i maggiori gestori

Npl, ecco la mappa: quanti sono e quanti ne hanno le banche

Npl, a che punto siamo? Nella giornata in cui tutte le attenzioni di mercati e della stampa erano rivolte al Def varato dal Governo, che allarga il deficit/Pil al 2,4% dicendo addio alla riduzione del debito pubblico e incassando la probabilissima bocciatura di Bruxelles, al Lido di Venezia Banca IFIS organizzava la settimana edizione dell’Npl Meeting. Quella per la quale l’amministratore delegato della banca veneta, Giovanni Bossi, ha anche suggerito un nuovo modo per leggere l’acronimo che tutti sappiamo sciogliere in “non performing loans”. Crediti deteriorati, sofferenze, per dirlo in italiano. Ma Bossi passa già allo step successivo, il “next performing level”, il prossimo passaggio è cioè quello dello smaltimento di quella massa ingente di crediti, che oggi pesano meno sui bilanci delle banche italiane ma che continuano ad esistere.

“Solo 5 miliardi sono stati finora recuperati – ha detto Bossi snocciolando alcuni numeri -, sul totale di 252 miliardi di sofferenze calcolate in Italia a luglio 2018, che sono la somma dei 127 miliardi lordi di Npl ancora a carico delle banche e dei 130 miliardi, sempre lordi, già venduti negli ultimi anni”. A fine anno, secondo le stime del Market Watch NPL di Banca IFIS, le sofferenze lorde ancora in carico alle banche italiane saranno 105 miliardi, praticamente la metà dei 200 miliardi del 2015. Tradotto in termini netti, saranno 35 contro i 90 di tre anni fa, e continueranno ad occupare circa la metà dei bilanci degli istituti di credito, contro il 31% del 2010, prima che esplodesse la crisi dei crediti deteriorati.

Questo però non significa che gli Npl vengano assorbiti: il dato resta quello dei 5 miliardi, ma gli altri vengono venduti ad altri soggetti finanziari, alleggerendo il peso nel bilancio delle banche. “Nel 2018 saranno transati – sostiene Bossi – secondo le nostre stime 83 miliardi di Npl, il 17% in più rispetto al 2017”. Una stima generosa, ridimensionata nel corso dei lavori dall’intervento di Paolo Corradino, deputy director della vigilanza della Bce, il quale ha prima limato a 65 miliardi il dato secondo le stime di Francoforte, e poi annunciato una dibattito interno all’Eurotower su una possibile distinzione normativa tra i non performing loans e cioè le sofferenze, lo stadio “terminale” del debito, e gli Utp (unlikely to pay) e cioè i cosiddetti incagli, considerati “una categoria di passaggio”.

In ogni caso, oltre la metà della massa complessiva di Npl, il 53% di quei 252 miliardi e cioè 191 miliardi, è stata transata negli anni da soli 6 soggetti e Banca IFIS è tra questi, insieme a DoBank, Cerved, Prelios, Tersia e Sga, a testimonianza di un mercato polarizzato ancorché eterogeneo, visto che come ricorda Bossi “si tratta di crediti di varia provenienza, qualitativamente molto diversa rispetto a quelli della crisi spagnola del 2011, quando erano tutti legati ai mutui immobiliari”.

Ecco perché la cura che serve “deve essere anche artigianale, servono competenze e specialità. Ma il rischio sistemico, a mio avviso, ce lo siamo lasciati alle spalle”, afferma l’amministratore della banca fondata nel 1983 da Sebastien Egon Fürstenberg e specializzata nel factoring. Ma quanto ci vorrà a recuperarli tutti, gli Npl, se in qualche anno ne sono stati recuperati solo 5 miliardi di euro? Una profezia difficile da fare, persino per un banchiere ottimista come Bossi, e allora ci pensa l’ospite d’onore della giornata veneziana, l’economista Luigi Zingales: “Ci vorranno non meno di 20 anni. Basta vedere l’esempio del Banco di Napoli: si è recuperato quasi tutto, ma ci sono voluti appunto 20 anni”.

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