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Non solo calcio, Crotone vuole la serie A anche per la legalità

La Camera di Commercio “arruola” il digitale per combattere la ‘ndrangheta. Il portale Insider, realizzato con l’aiuto di Infocamere e Alkemy Tech può rivelarsi un prezioso aiuto informativo con dati statistici ed economici sulla realtà locale e agevolare la lotta alla criminalità

Non solo calcio, Crotone vuole la serie A anche per la legalità

Distratti dall’imprevisto e imprevedibile exploit degli squali, come i tifosi dal predatore dei mari, eponimo che campeggia nello stemma sociale del Crotone, ci siamo dimenticati che la cittadina ionica vanta anche altri primati oltre a quelli calcistici.

La serie A conquistata alla fine dello scorso campionato è un vanto per la città calabrese, giustamente. Ma l’oppiaceo che il dio pallone offre ai suoi adepti, ancorché potente, ha effetti di breve durata. Quando i fumi si diradano, la realtà torna a mostrare il volto indurito di sempre. In una città che ai suoi sessantamila abitanti offre un solo cinema, un solo teatro, un solo nido comunale, dove l’economia va male e l’occupazione peggio, dove la presenza delle ‘ndrine è asfissiante e impedisce lo sviluppo di un tessuto imprenditoriale sano, l’unico business che negli ultimi anni ha messo radici solide è quello del gioco d’azzardo e delle scommesse. Trovare un bar privo di slot machine è un’impresa. Dal 2009 la crescita è stata a tre cifre, +500%, dice il rapporto Monitor realizzato da Transcrime, centro di ricerca sul crimine internazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e presentato pochi giorni fa alla Camera di Commercio di Crotone. Michele Riccardi, che dello studio è uno dei curatori, ha definito Monitor un’analisi innovativa che combina dati camerali, statistiche della criminalità, dati socio-economici e altri indicatori di rischio. L’obiettivo è individuare le situazioni di anomalia a livello di contesto, di governance aziendale, di assetto proprietario e a livello contabile per prevenire l’infiltrazione criminale e condurre indagini più efficaci”.

Vediamo allora alcune di queste anomalie “di contesto”. Le amministrazioni locali sciolte per infiltrazione mafiosa sono il 25,9%, cinque volte la media nazionale che è del 5,6%. Secondo l’indicatore Ipm (Indice di presenza mafiosa) elaborato da Transcrime Crotone compare al sesto posto nella graduatoria delle province italiane. Mentre secondo l’indicatore Oci–T di Crime&Tech, che combina le statistiche sulle aziende confiscate e sequestrate con la sequenza dei comuni sciolti per mafia, la città in cui germogliò la scuola pitagorica occupa l’undicesima piazza sulle 110 province italiane.

A proposito di Pitagora, il filosofo-matematico tra i suoi insegnamenti ha lasciato anche questo: “Scegli sempre il cammino che sembra il migliore anche se sembra il più difficile: l’abitudine lo renderà presto piacevole”. I clan seguono una filosofia opposta: scelgono sempre il cammino più facile sapendo che è il peggiore, consapevoli che l’abitudine, o meglio la rassegnazione (degli altri), lo renderà presto piacevole cioè redditizio (per loro). Non è una cosa che balza subito agli occhi, ma la loro filosofia, magari solo in controluce, si vede all’opera un po’ ovunque. Prendiamo le infrastrutture. La statale 106, un’arteria fondamentale per il traffico locale, è punteggiata di croci e piccole edicole votive, ve ne è una quasi ad ogni curva: ricordano le vittime, 485 dal 1996, quasi un bollettino di guerra per quella che i crotonesi chiamano abitualmente “la strada della morte”.Ma se l’edilizia e le imprese di movimento terra sono uno terreni di caccia prediletti dai mammasantissima, ci si può poi meravigliare che le gallerie si sgretolano come grissini?

Beninteso, la ‘ndrangheta non si limita a controllare mattone e rifiuti, business che possiamo catalogare come maturi da un punto di vista criminale. I boss a modo loro sono attenti anche all’innovazione. Le opportunità della green economy, ad esempio, non gli sfuggono; così hanno messo gli artigli sull’eolico, come dimostra la vicenda del parco di Isola di Capo Rizzuto, uno dei più grandi d’Europa, infiltrato da imprese riconducibili al clan Arena.

Ma in fondo per comprendere l’estensione del contagio (Il contagio s’intitola infatti un libro intervista a cura di G.Savatteri a G. Pignatone e M.Prestipino due magistrati in lotta da anni contro la criminalità organizzata) le inchieste della magistratura servono fino ad un certo punto. In certi casi numeri e statistiche illuminano i contorni di una realtà che parla da sé. A Crotone, sempre secondo il Rapporto Monitor, l’utilizzo del contante è endemico, come una malattia infettiva. E difatti la cluster analysis dell’Agenzia delle Entrate pone la provincia tra quelle a più alta pericolosità fiscale. Inutile dire che l’alta percentuale di circolante è una spia pressoché infallibile della presenza di attività criminali sul territorio.

Non solo i privati, anche tra le imprese corre tanto cash. Incrociando le banche dati della Camera di Commercio con Insider (un portale da poco a disposizione d’imprese e inquirenti: ne parliamo tra poco) si scopre che la percentuale delle imprese che vanta una massa consistente di attivo circolante qui è tra le più elevate d’Italia. Un altro record riguarda la presenza di donne ai piani alti delle società confiscate alla ‘ndrangheta: sono circa il 30%. Questo non perché i boss abbiano preso a cuore le pari opportunità, ma perché donne e giovani sono spesso incensurati, quindi più spendibili per l’intestazione fittizia di beni. Del resto tra i titolari di agenzie di giochi e scommesse gli under 25 sono oltre il 26%. E’ un fenomeno che si spiega abbastanza facilmente anche sul piano sociologico: poiché un giovane su due a Crotone è disoccupato le lusinghe della criminalità organizzata fanno breccia più che altrove. La “Torino del Sud”, così la chiamavano negli anni d’oro, si è ridotta ad un deserto industriale bene prima della crisi. E’ anche così che le ‘ndrine costruiscono il consenso sociale nelle cui pieghe possono muoversi in relativa sicurezza.

Ora, per contrastarne lo strapotere la Camera di Commercio locale e quella di Vibo Valentia hanno deciso di battere una strada nuova, quella del digitale. Si sono quindi affidate ad Alkemy Tech, gruppo di enabler digitale tra i leader del settore, e ad Infocamere, braccio informatico del sistema camerale, che hanno cucito sulle loro esigenze un portale – Insider, l’acronimo non è casuale – che consente agli utenti autorizzati di “interrogare” le banche dati delle Camere di Commercio e ricavarne un quadro completo di informazioni modellato su una serie di indicatori statistici ed economici, le cui risposte possono essere sintetizzate dalla grafica. Il progetto è stato finanziato con i fondi del Pon sicurezza 2007 – 2013, non a caso il ministero degli Interni lo ha subito inserito tra le best practice a livello europeo.

Allargando lo sguardo al complesso della realtà italiana e all’apporto che il digitale, specie nella variante dell’open source, può offrire in termini di crescita ad un’economia in stato di prolungata stagnazione il presidente di Alkemy Francesco Beraldi nota che “il futuro anche per la Pa si gioca sull’open data, con tutti i livelli di sicurezza che garantiscano il processo di produzione dei dati, ma non c’è alternativa per un paese come il nostro, che ha un’età media e un debito pubblico tra i più alti d’Europa e un sistema formativo non pronto all’innovazione digitale: abbiamo bisogno di maggiore apertura”. Il ricorso ai big data ed alla loro analisi è una necessità: disporre di un’enorme quantità di dati non è di per sé un vantaggio infatti; lo diventa però se siamo in grado di stabilire tra loro nessi e regolarità statistiche, insomma di farli “parlarle”, di estrarli dai recessi inesplorati in cui sono spesso confinati per portarli alla luce, come ha sottolineato nel corso della presentazione Donatella Romeo, segretario della Camera di Commercio di Crotone, che di Insider è stata la promotrice.

Per sconfiggere la criminalità organizzata bisogna seguire i circuiti tortuosi delle sue finanze, ecco perché uno strumento come Insider può rivelarsi prezioso: parola di Pier Paolo Bruni, magistrato da anni in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta: “Recidere i rapporti economici “malati” è la prima cosa da fare – spiega Bruni – per questo la conoscenza dei rapporti su cui è imperniata l’economia del territorio è centrale per portare avanti la lotta alla criminalità organizzata”. Non sarebbe male se a tal fine, il legislatore decidesse di rafforzare la normativa sulle segnalazioni di operazioni sospette: ”Spesso le banche – butta lì Bruni con un tocco di malizia – ci segnalano le operazioni sospette dopo che abbiamo già disposto gli arresti…”.

Anche Andrea Sammarco, vice segretario generale di Unioncamere, riconosce che “il digitale ha un portato di trasparenza che aiuta la legalità”, mentre Giovanni Ferrarelli, direttore Confcommercio Calabria centrale, invita a scandagliare anche il settore della vendita al dettaglio, educando il cittadino a premiare attraverso i suoi acquisti quelle imprese che rispettano i criteri della sostenibilità sociale. Vanno in questo senso le iniziative che negli ultimi anni si sono moltiplicate un po’ in tutto il nostro Sud e che raggruppano associazioni, sindacati, movimenti, con la Chiesa spesso in prima fila, come per il progetto Policoro. Iniziative che non di rado fanno perno sui beni confiscati alle mafie, come quella promossa da Next, l’associazione guidata dall’economista Leonardo Becchetti, e dalla Fim Cisl ad Aversa insieme alla cooperativa Nco di Peppe Pagano.

E’ a questo reticolo di attori sociali che pensa probabilmente l’Arcivescovo di Crotone – S.Severina Domenico Graziani quando osserva che lo sviluppo è prima di tutto un problema etico e che per combattere la ‘ndrangheta è necessario un forte investimento in formazione e cultura, un’opera di educazione delle nuove generazioni alla cittadinanza attiva: “Il sogno come utopia – sostiene – deve permetterci di superare le distopie di questa terra”.

Uno degli asset su cui far leva, per la Calabria e per Crotone, potrebbe essere il turismo. Senonché finora i risultati si sono rivelati assai magri. In controtendenza con la crescita delle altre regioni del Sud, il turismo in Calabria resta una cenerentola. Finora, osserva in chiusura il sottosegretario ai Beni Culturali Dorina Bianchi, al Mezzogiorno è mancata la capacità progettuale necessaria ad impiegare con profitto le risorse che Unione Europea e governi hanno messo a disposizione. Bisogna cambiare rotta, insomma, ed un’occasione può venire da “Cultura Crea”, un bando promosso dal Ministero dei Beni Culturali e gestito da Invitalia che metterà a disposizione a partire dal 15 settembre 114 milioni di euro per le startup, le imprese e le organizzazioni del terzo settore operanti nella filiera creativa culturale e del turismo nei Comuni di Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.” Un’occasione importante – garantisce il sottosegretario -soprattutto per chi vuole avviare una nuova impresa che preveda innovazioni nei campi dell’economia della conoscenza, della conservazione, della fruizione e della gestione del patrimonio culturale, del design e di altri settori della filiera della creatività”.

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