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Nato: la nuova strategia guarda solo a Est, teme la Cina e lascia scoperto il fronte Sud

Il vertice di Madrid doveva segnare il rilancio dell’Alleanza e invece è stato un vertice “ostaggio” della crisi ucraina – Cina e Russia una minaccia alla sicurezza europea – Si pensa al post Stoltenberg: che sia italiano?

Nato: la nuova strategia guarda solo a Est, teme la Cina e lascia scoperto il fronte Sud

Sulla carta, quello appena concluso di Madrid, doveva essere il vertice della riforma (la cosiddetta Nato 2030), il rilancio in grande stile dell’Alleanza di difesa collettiva dell’Occidente che solo tre anni fa veniva liquidata dal presidente francese Emmanuel Macron, come organizzazione in uno “stato di morte cerebrale”.

Un vertice “ostaggio” della crisi ucraina

Ma il vertice è stato “preso in ostaggio” dalla crisi ucraina che ha rivoluzionato completamente l’agenda di lavori che contemplava anche una riflessione sulle numerose minacce da Sud nell’area del Mediterraneo allargato per la presenza di sacche tuttora attive di fondamentalismo islamico. I timori dei Paesi baltici e dei Polacchi, uniti all’ingresso di due ex Paesi europei da secoli neutrali come Svezia e Finlandia, hanno alla fine prevalso e spinto gli americani a concentrarsi quasi interamente sulla minaccia proveniente dal fronte orientale. 

È  su quella linea molto vicina ai confini con la Russia che sono pronti a posizionarsi i circa 300mila uomini della forza di reazione rapida della Nato tra cui i 10 mila militari italiani, (8mila pronti a muovere da Solbiate Olona e 2mila già operativi tra Bulgaria e Romania).

Cina una minaccia? Ma con Ue solo affari

Ma c’è un’altra importante novità: per la prima volta la Nato esce dai confini europei e guarda all’estremo Oriente parlando di “minaccia sistemica rappresentata dalla Cina”.  Certo, il recente varo della portaerei cinese Fujian (dal nome tutt’altro che casuale della regione cui si affaccia Taiwan) con tecnologie all’avanguardia paragonabili alle città galleggianti con aerei e armamenti della marina americana non è certo un segnale rassicurante, ma da qui a considerare la Cina nei prossimi anni una minaccia alla sicurezza europea ce ne corre.

Le ambizioni egemoniche cinesi si concentrano per ora sugli aspetti economici, sugli investimenti giganteschi della Belt and Road Initiative in Europa e nell’Africa. Non proprio un buon segnale per un Paese come l’Italia che si trova sguarnita ad affrontare minacce che provengono dalla sponda Sud del Mediterraneo per l’instabilità di alcune aree, dalla Libia al Sahel per i flussi migratori e le possibili infiltrazioni terroristiche. Nessun cenno, poi, nel nuovo concetto strategico neppure alle operazioni di peacekeeping, training e institutional building come la missione Nato in Iraq attualmente sotto comando italiano. 

La candidatura italiana al dopo Stoltenberg 

È quindi un fatto che la gran mole di uomini, mezzi e risorse economiche dell’Alleanza Atlantica per i prossimi anni saranno assorbite quasi per intero dal fronte orientale. Se a ciò si aggiunge il fatto che ormai da anni il segretario generale della Nato è espressione di Paesi del Nord (prima il danese Rasmussen e ora per un altro anno il norvegese Stoltenberg) tutto ciò concorre a rendere tutta in salita la candidatura di un nuovo segretario generale del Sud Europa, o meglio, come si vorrebbe dell’Italia.

Il premier italiano Mario Draghi resta uno dei candidati possibili alla successione di Stoltenberg tra un anno anche se era stato proprio Draghi un anno fa al G7 in Cornovaglia a escludere una candidatura italiana (in quel momento i nomi che si facevano erano quelli di Enrico Letta e Matteo Renzi).

I temi della crisi ucraina e della nuova postura della Nato saranno comunque al centro martedì prossimo del viaggio lampo di Draghi ad Ankara per un incontro con il presidente Tayyp Erdogan. Sarà, quella, l’occasione per ribadire le scuse dopo le dichiarazioni con cui il presidente del Consiglio definiva “dittatore” il presidente turco. Ma anche per chiarire alcuni aspetti del negoziato con Mosca sull’Ucraina e del memorandum con la Nato che prevederebbero la possibilità di estradizione da Svezia e Finlandia di aderenti al partito curdo Pkk. E il via libera dagli Usa all’invio in Turchia degli F16 (per gli F35 bisognerà attendere ancora).

Biden il regista della Nato anti Putin

Alla fine, a Madrid, è toccato al presidente Usa Joe Biden spiegare la nuova strategia della Nato. “L’ultima volta che la Nato ha elaborato una nuova strategia è stato 12 anni fa – ha detto Biden – a quel tempo, la Russia era definita un partner, e la Cina non era neppure menzionata. Il mondo è cambiato parecchio da allora, e anche la Nato sta cambiando. Abbiamo invitato due nuovi membri ad unirsi alla Nato, un atto storico – ha aggiunto – Finlandia e Svezia sono due Paesi con una lunga tradizione di neutralità, che hanno scelto di unirsi alla Nato. Stiamo posizionando più navi in Spagna, più difese aeree in Italia e Germania. E sul fianco orientale, un nuovo quartier generale permanente in Polonia, una brigata da combattimento aggiuntiva in Romania, dispiegamenti aggiuntivi a rotazione nei Paesi baltici. Le cose cambiano, per adattarci al mondo com’è oggi, e tutto questo accade sullo sfondo dell’aggressione russa contro l’Ucraina”. Secondo Biden mentre la Russia rappresenta una “minaccia diretta” per l’Europa, la Cina sfida “l’ordine mondiale basato sulle regole”.

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