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Natixis – Come reagiranno i mercati all’uscita dalle politiche monetarie espansive?

A CURA DI NATIXIS GLOBAL ASSET MANAGEMENT – L’abbandono delle politiche monetarie più accomodanti da parte della Fed sarà graduale e il suo impatto potrebbe essere bene assorbito dai mercati – Le conseguenze più nette potrebbero farsi sentire nei paesi emergenti, che pagano l’inversione del flusso di capitali.

Natixis – Come reagiranno i mercati all’uscita dalle politiche monetarie espansive?

Un Chief Economist e un Senior Macro Strategist del gruppo Natixis Global Asset Management esprimono la propria opinione in merito a quando la Fed e le altre banche centrali potrebbero cominciare a porre un freno alle misure di stimolo, a come queste decisioni potrebbero condizionare i mercati mondiali e come l’aumento dei tassi diinteresse potrà influire sugli investitori. Quando Ben Bernanke, attuale presidente della Fed, rilascia una dichiarazione, i mercati stanno ad ascoltare – per poi reagire. Il 19 giugno, Bernanke ha delineato un programma, da attuare eventualmente nella seconda parte dell’anno, per il ridimensionamento da parte della Fed del piano di espansione monetaria, che oggi procede al ritmo di 85 miliardi di dollari al mese, che potrebbe terminare intorno alla metà del 2014. Il cosiddetto “tapering” potrebbe avere inizio nel caso in cui la crescita statunitense fosse in linea con le previsioni. A queste dichiarazioni è seguito un rialzo dei tassi d’interesse dei titoli di stato e una forte correzione dei mercati azionari globali.

Cosa dobbiamo attenderci da qui in avanti? “Il dibattito sulla fine del quantitative easing e le decisioni dei vari governatori centrali condizioneranno ancora l’andamento dei mercati internazionali, causando una certa volatilità – afferma Antonio Bottillo, Amministratore Delegato per l’Italia di Natixis Global Asset Management. E’ necessario, quindi, guardare oltre i movimenti di breve periodo e focalizzarsi sui trend di lungo termine. Con i tassi ai minimi storici, appare, infatti, chiaro che ci troviamo all’inizio di un percorso di tassi di interesse in rialzo, anche se tempi e modalità non sono prevedibili con certezza. L’approccio alla componente obbligazionaria dei portafogli va dunque ripensato e rivisto in base a questa prospettiva, in modo da costruire portafogli in grado di navigare attraverso diverse fasi di mercato”.

Philippe Waechter, Chief Economist Natixis Asset Management. Secondo Waechter, la decisione della Fed di ridurre i propri acquisti di asset (tapering), maturata negli incontri di giugno, non dovrebbe sorprendere. Questa manovra andrebbe a porre gradualmente fine al quantitative easing (QE) avviato dalla Fed nel dicembre del 2008 per mantenere bassi i tassi d’interesse e stimolare l’economia a seguito della crisi finanziaria. Waechter non si meraviglierebbe affatto se l’uscita dalle politiche monetarie espansive cominciasse già durante il mese di settembre. Tuttavia, sottolinea che i cambiamenti di strategia da parte delle maggiori banche centrali sono quasi sempre ritenuti troppo frettolosi da parte dei mercati. Waechter ritiene che l’obiettivo dell’annuncio della Fed sia quello di adottare un approccio a due fasi al fine di evitare l’adozione di misure di emergenza che potrebbero pesare eccessivamente sui mercati globali. “Durante la prima fase, allo scopo di attenuare l’impatto dei cambiamenti di strategia, Bernanke ha chiaramente indicato che gli acquisti di asset saranno ridotti, probabilmente a partire dall’autunno. Gli acquisti cesseranno quando il tasso di disoccupazione scenderà al 7%, cioè verso la metà del 2014, secondo la previsione della Fed. Si entrerà nella seconda fase quando il tasso di disoccupazione sarà sceso al 6,5%. A quel punto la Fed potrebbe aumentare il proprio tasso di interesse di riferimento a breve termine (conosciuto come fed funds rate)”.

Nel complesso, Waechter ritiene che la chiusura di questo periodo di politica monetaria estremamente accomodante richiederà probabilmente almeno due anni. Va da sé che lo scenario sottostante che alimenta il nuovo approccio della Fed è basato sull’ipotesi di un graduale ritorno dell’economia statunitense ad una situazione di maggior equilibrio.

La Banca d’Inghilterra annuncia una possibile exit strategy

Seguendo la direzione intrapresa dalla Fed, nel mese di agosto la Banca d’Inghilterra (BoE) ha mutato orientamento in termini di politica monetaria a fronte di segnali dimiglioramento che si sono rivelati più positivi del previsto per il Regno Unito, sulla basedi diversi indicatori economici. La filosofia della BoE si avvicina così a quella della Fed: la riduzione del rischio di eventi estremamente negativi per l’attività economica deve proseguire pari passu con un graduale abbandono delle politiche monetarie eccezionalmente accomodanti implementate negli ultimi anni. Secondo la BoE, il 2016 rappresenterà la deadline per l’attuazione definitiva dell’uscita da tali politiche.

Alla luce della strategia comunicata dalla Banca d’Inghilterra, ci si aspetta che la Banca Centrale Europea (BCE) definisca a sua volta la propria exit strategy. “La conferenza stampa di settembre della BCE potrebbe rivelarsi più interessante del solito” aggiunge Waechter.

Quali sono le conseguenze per il resto del mondo?

Nel corso degli ultimi mesi, l’impatto maggiore è stato subito dai paesi emergenti. “I flussi di capitale in uscita e l’indebolimento delle valute dei mercati emergenti rispetto al dollaro statunitense rendono tali mercati quanto mai fragili” afferma Waechter. Secondo Waechter: “L’inversione nel flusso dei capitali che si verifica quando la Fed muta la propria posizione ha un peso rilevante, poiché questi paesi – che si sono sviluppati rapidamente negli ultimi anni, trascinati specialmente dalla Cina – si trovano ora in una situazione economicamente fragile”. Inoltre, vi è il rischio che la nuova situazione creata dalla Fed possa portare ad un calo del commercio nei paesi emergenti.

James Balfour, Senior Macro Strategy Analyst Loomis Sayles & Company. Secondo Balfour, l’abbandono del Quantitative Easing (tapering) è stato ampiamente associato al recente aumento dei tassi di interesse. “I tassi più elevati incideranno probabilmente sui mercati e sulla crescita economica, sebbene tale incidenza sarà diversa nei vari paesi” afferma Balfour. “Prevediamo che sia i mercati che le economie delle aree più forti si adegueranno ai tassi più elevati piuttosto rapidamente una volta che i tassi si stabilizzeranno. Al contrario, è probabile che i paesi con economie più fragili, come molti paesi emergenti, soffriranno maggiormente”.

Balfour ritiene che l’espansione monetaria degli ultimi anni abbia portato gli investitori alla continua ricerca di rendimenti, provocando un flusso eccessivo di investimenti sui mercati emergenti. Questi hanno anche beneficiato della prolungata ed eccezionalecrescita cinese: nel corso degli anni, molti governi di paesi emergenti hanno trascurato la pianificazione della crescita con una certa compiacenza perchè i tempi erano favorevoli. “Molti di questi paesi si trovano oggi ad affrontare contesti inflazionistici proprio nel momento in cui i tassi di interesse sono in aumento e la domanda e gli investimenti esteri stanno evaporando” aggiunge Balfour. “L’adeguamento che seguirà sarà molto più difficile da gestire per alcuni di questi paesi rispetto ad altri a seconda delle condizioni locali. Eventuali condizioni finanziarie più restrittive potrebbero avere effetti anche sull’Europa”.

Quando ritiene che la Fed comincerà a ridurre il proprio programma di acquisto di bond?
Secondo il mercato, la Fed rallenterà i propri acquisti nel quarto trimestre del 2013 eterminerà completamente il programma entro il secondo trimestre 2014. “Condividiamotale prospettiva” afferma Balfour. “Ci aspettiamo che il ‘tapering’ venga annunciato nelcorso del prossimo incontro e che prosegua fino alla metà del 2014”.

Quando ritiene che la Fed aumenterà i tassi di interesse a breve termine?
Balfour, in questo caso, non è d’accordo con quanto segnalato dal mercato. Secondo Balfour, “Mentre il mercato sembra ritenere che la Fed aumenterà i tassi nei primi mesi del 2015, noi riteniamo sia più probabile che la Fed operi in tal senso molto più tardi nel corso dell’anno”. “Ci aspettiamo che la crescita aumenti lentamente e che l’inflazione rimanga moderata per un po’ di tempo. Inoltre, sembra probabile che, a prescindere da chi sarà designato alla prossima presidenza della Fed, quest’ultima manterrà invariata la sua attuale politica, che consiste nel mantenere i tassi di interesse ad un livello inferiore rispetto al passato a causa delle pressioni relative ai bassi salari e della debole crescita dell’occupazione”.

Che impatto potrebbe avere l’aumento dei tassi d’interesse sui mercati obbligazionari?
Secondo Balfour, i mercati obbligazionari stanno attualmente reagendo all’abbandono delle politiche monetarie espansive, alla previsione di una crescita maggiore e al cambiamento al vertice della Fed. “Una volta che il mercato avrà assimilato queste novità, ci aspettiamo un andamento dei tassi di interesse maggiormente collegato con le previsioni di crescita economica” ritiene Balfour. “E’ probabile che gli spread sul credito inizieranno a restringersi quando la situazione si sarà calmata. Andando avanti, sarà possibile mettere in campo nuovi investimenti con rendimenti maggiori. La turbolenza del mercato ha creato nuove opportunità di investimento nel mondo”.

Che cosa comporta un aumento dei tassi di interesse per gli investitori?
Balfour ritiene che un aumento graduale e costante dei tassi di interesse sia unfenomeno più facile da assimilare da parte delle economie e dei mercati rispetto ad unforte aumento. “Ma sebbene il recente aumento dei tassi statunitensi sia stato abbastanza sostenuto, riteniamo che il recente aumento da livelli artificialmente bassi non avrà il medesimo impatto rispetto, ad esempio, ad un aumento determinato da rialzi dei tassi volti a controllare un aumento dell’inflazione” sostiene Balfour. “Al contrario, vediamo l’aumento dei tassi d’interesse come un aumento determinato dalla maggiorecrescita e dalla maggiore flessibilità dell’economia statunitense, con un impatto modesto sulla crescita statunitense e sui prezzi degli asset”.

Guardando all’estero, un aumento dei tassi statunitensi determina un generale aumentodei tassi di interesse a livello mondiale. Nei paesi in cui la crescita è meno solida, lacrescita economica e i prezzi degli asset sono maggiormente a rischio. “Ciò può creareopportunità per gli investitori obbligazionari poiché gli effetti dell’aumento dei tassi sono differenti nell’ambito delle varie economie” ritiene Balfour.

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