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Musicraiser, ovvero come produrre musica a costo zero

Anche la musica italiana ha il suo crowdfunding: poco più di un anno fa Giovanni Gulino (voce dei Marta sui Tubi) e Tania Varuni (DJ e fondatrice di Secret Concert) hanno lanciato in Italia Musicraiser, sito di finanziamento di massa.

Musicraiser, ovvero come produrre musica a costo zero

Poco più di un anno fa Giovanni Gulino (voce dei Marta sui Tubi) e Tania Varuni (DJ e fondatrice di Secret Concert) hanno lanciato in Italia Musicraiser, sito di Crowdfunding dedicato esclusivamente al mondo della musica.

Il Crowdfunding (letteralmente “finanziamento di massa”) all’estero è ormai collaudato, celebri sono gli esempi di Barack Obama, che ha finanziato parte della sua campagna elettorale per la presidenza con i soldi dei suoi elettori, o l’iniziativa del Louvre Tous Mecenes, raccolta di fondi online per comprare il capolavoro Le tre grazie di Cranach da una collezione privata.

In Italia, come spesso succede, tutto accade con un po’ più di lentezza, e Musicraiser arriva dopo Kickstarter e Indiegogo, diretti ispiratori (a detta del fondatore) del progetto italiano.

Il sito funziona con un meccanismo molto semplice: chi ha un progetto musicale può proporlo gratuitamente on line; dopo aver ottenuto l’approvazione da parte dello staff, i musicisti possono scegliere l’obiettivo economico da porsi e indicare, a loro discrezione, la durata della raccolta fondi. Una volta preparata una presentazione del proprio progetto musicale, tutto viene messo online.

Se si riesce a raggiungere o addirittura si supera la quota richiesta, ogni donatore riceve delle ricompense (dischi, biglietti per concerti o gadget autografati dall’artista), mentre Musicraiser prende il 10% del totale raggiunto. Se invece la quota non viene raggiunta entro il tempo utile, i soldi vengono restituiti per intero a chi ha effettuato donazioni, senza che venga perso alcunché.

Su Musicraiser non si cercano fondi solo per promozione di album ma anche per video, tour, scenografie per concerti, documentari, dvd, libri, tutti ovviamente all’insegna della musica. È un portale di cui si possono quindi servire non solo musicisti ma anche promoter, locali o associazioni culturali.

Lo staff è composto da musicisti e professionisti del music businness, che non lasciano nulla al caso: la selezione è rigida (viene accolta all’incirca 1 proposta su 10), ad ogni progetto di raccolta fondi viene affidato un tutor con il compito di seguirlo e promuoverlo, e anche dopo aver ottenuto i fondi lo staff offre una consulenza personalizzata su come investire i soldi ottenuti.

Ad oggi moltissimi progetti sono andati in porto, tra i nomi più noti quelli di Gianni Maroccolo (Litfiba, CCCP, CSI, Marlene Kuntz), Luca Sapio, Lo Stato Sociale, Salvo Vinci. I dati parlano di più di 450.000 euro raccolti tra più di 150 progetti.

Ci sono stati anche dei riconoscimenti alla fine del primo anno di attività, che ha visto un vero e proprio boom del progetto: Musicraiser è stato tra gli ospiti illustri dell’MTV Digital Days ed è stato premiato al Premio Mei 2.0 (Meeting Etichette Indipendenti, Faenza, settembre 2013) come “Migliore realtà web al servizio della musica indipendente”.

Non sono mancate, però, anche le polemiche nei confronti dell’iniziativa, nuova per l’Italia e soprattutto per l’industria discografica, in piena crisi e ancora troppo legata al meccanismo del disco stampato. Tra i più duri avversari di Musicraiser c’è stato Federico Guglielmi, penna dello storico giornale musicale Il Mucchio Selvaggio, che ha definito il sito “patetica colletta” e “tristissima follia”. I capi d’imputazione sono l’avversione nei confronti di ogni forma di elemosina e l’incongruenza del portare il fruitore a pagare un pezzo d’arte senza conoscerne la reale portata. In tutta risposta Giovanni Gulino ha spiegato come non si tratti in alcun modo di elemosina né di donazioni a fondo perduto, ricevendo il donatore un vero e proprio prodotto in cambio della quota inviata, e come quello su cui il donatore investe sia un progetto ben definito, selezionato ed esposto attraverso una presentazione sul sito in modo che nulla sia lasciato al dubbio.

Delicato è anche il rapporto con le etichette, realtà da proteggere e che, già in crisi, potrebbe soccombere sotto il peso di iniziative praticamente a costo zero. È indubbio che Musicraiser riesca a garantire già oggi una maggiore disponibilità finanziaria rispetto a quella proposta dalle etichette ai singoli gruppi. Si sta, però, creando un nuovo ibrido, una collaborazione tra etichette e Crowdfunding: il 30% dei progetti promossi da Musicraiser sono infatti realizzati da etichette, che, inoltre, iniziano a servirsi anch’esse del sito per mettere sotto contratto artisti promettenti. Una nuova opportunità dal vecchio che si fonde col nuovo.

In definitiva Musicaiser è frutto di una crisi che chiedeva a gran voce una rinascita: a scegliere cosa produrre diventa ora il pubblico e, inaspettatamente o meno, il nuovo mecenate preferisce il contenuto alla forma. Quelli che restano fuori sono i progetti senza una forte portata artistica. Una prima traccia della rinuncia alle leggi del mercato per quelle della qualità.

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