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Mps: tutti i dettagli del piano che manda in altalena la Borsa

Il Cda ha approvato all’unanimità il piano che prevede un aumento di capitale da 5 miliardi e il deconsolidamento delle sofferenze entro l’anno, con l’obiettivo di riportare la banca in utile a 1,1 miliardi. L’Ad Morelli lo ha presentato al mercato ma dopo una fiammata in rialzo oltre il 20%, il brusco dietrofront: il titolo si inabissa e trascina a ribasso tutto il listino – Per le banche del consorzio solo success fee.

Mps: tutti i dettagli del piano che manda in altalena la Borsa

Fatevi sotto perché noi del Monte Paschi “Siamo aperti a qualsiasi manifestazione di interesse e disposti a valutare qualsiasi proposta, nel contesto che abbiamo in mente, cioè ciò che io ho presentato a voi”. Parla così Marco Morelli dopo aver incassato l’appoggio del sindacato al piano che pure prevede 2,600 esuberi e la chiusura di 500 filiali. Ma la Borsa la pensa in maniera diversa. Anzi, non sa cosa pensare. Dopo un avvio in forte rialzo, con un balzo del 23% in sintonia con i guadagni della settimana, Piazza Affari cambia bruscamente direzione: da in massimo di 0,43 ad un minimo di 0,26 euro e poi ancora un rimbalzo che comunque tiene il titolo ben al di sotto della valutazione della vigilia, con una capitalizzazione intorno al miliardo di euro. Strana accoglienza  per un piano industriale, forse troppo “flessibile” per un mercato che chiedeva qualche riferimento. Al contrario:

–  Morelli ha confermato l’ammontare dell’aumento di capitale fino a 5 miliardi assistito da un accordo pre garanzia con una cordata di istituzioni finanziarie. L’assemblea convocata per il 24 novembre prevede anche la riduzione del capitale per le perdite pregresse e risultati al 30 settembre e il raggruppamento delle azioni (1 a 100). All’ordine del giorno anche la nomina del nuovo presidente.

– La cifra dell’aumento di capitale potrà diminuire in base alle adesioni alla conversione volontaria dei bond, a “eventuali cornerstone investors”, che si rendessero disponibili ad acquistare una partecipazione significativa nel capitale sociale della Banca” e a “una ulteriore componente per cassa, di cui una parte potrà essere destinata agli attuali azionisti della Banca”. 

– In particolare, l’aumento di capitale sarà strutturato in tre componenti: una parte da destinare ai titolari di bond subordinati per la conversione dei loro titoli in azioni, una parte per cassa “riservata ad eventuali cornerstone investor”, cioè soggetti “disponibili ad acquistare una partecipazione significativa nella banca” e infine una ulteriore componente per cassa, una parte della quale potrà per l’appunto essere destinata in opzione agli attuali azionisti.

–  Insomma, tutto e il contrario di tutto, all’insegna di una flessibilità che denota incertezza. Morelli, che già ieri ha avviato gli incontri con “possibili investitori” non vuole escludere alcuna opzione. Non c’è nemmeno una garanzia ferma da parte del consorzio bancario di collocamento: solo il generico pre-underwriting agreement abbozzato a luglio, che permette alle banche di sfilarsi nella mala parata. Un po’ poco dopo che gli advisor JP Morgan, Mediobanca e Lazard hanno sondato più di 500 istituzioni da agosto in poi. A tale proposito l’ad ha però precisato, in risposta alle polemiche sul ruolo di JP Morgan, che gli istituti che entreranno nel consorzio di garanzia dell’aumento riceveranno una fee solo se la ricapitalizzazione avrà successo. 

Resta l’incertezza su chi sarà il nuovo proprietario della banca, così come su tempi, modi, motivazioni ed incentivi alla conversione dei bond subordinati il cui prezzo di cessione delle sofferenze (9,1 miliardi per 27,5 miliardi) è rimasto intorno al 32%, come si era detto a inizio della vicenda, ancor prima che si svolgesse la complessa due diligence sulla massa dei crediti deteriorati.

– Il business plan di Morelli, infine, è considerato molto ambizioso. Il ritorno dell’utile, 1,1 miliardi di euro nel 2020 (contro 4,8 miliardi di perdite a fine 2016), è collegato al calo del riscio con la diminuzione delle partite in sofferenza. Il rilancio del segmento retail  è probabilmente ottimistico. A partire dalla base clienti della banca, che conta ancora su 4,7 milioni di correntisti, per cui è prevista una rapida migrazione sui canali online. Ma dal 2012 ad oggi Mps ha subito una severa emorragia di raccolta diretta da privati, cioè di depositi, il cui stock è passato da 69,8 miliardi a 50,5 miliardi al primo semestre 2016. Nel terzo trimestre si sono inoltre verificati importanti deflussi da conti corporate, spaventati dagli esiti dello stress test e turbolenze varie. La banca trae consolazione dal fatto che il numero di conti è rimasto sostanzialmente stabile, durante questi anni. Il sottinteso è che, al tornare della fiducia, la raccolta tornerà a gonfiarsi.” Fosse così semplice. Commenta Mario Seminerio sul blog Phastidio –  Quei soldi, per rientrare, dovranno essere attratti da minori costi e maggiore remuneratività dei prodotti e servizi offerti. In un mercato del banking maturo e stagnante”.

Insomma, più nubi che schiarite, cosa che ha deluso i compratori degli ultimi giorni. Ma non è lecito attendersi miracoli da Morelli che ha accettato una sfida improba. Il mese che ci separa all’assemblea del 24 novembre sarà decisivo per verificare se il piano A, quello che fa capo a JP Morgan e Mediobanca, ha qualche possibilità di riuscita oppure se sarà necessario virare sul piano B, quello di Corrado Passera. O su un eventuale piano C, che Morelli non ritiene impossibile.

Ma sul ciglio della strada sono in molti ad attendere lo sviluppo di questo poker: gli obbligazionisti subordinati, innanzitutto,  possessori di 5 miliardi di titoli che le nuove regole bancarie vogliono  coinvolti nel tracollo di un istituto. Compresi quei  2,1 miliardi di prestiti scadenza 2018 venduti a 50mila correntisti della banca senese quando si trattò di fare provvista per l’acquisizione di Antonveneta. Un dossier che scotta, ma che potrebbe diventare rovente di qui a fine anno.

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