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Mercati emergenti: ci sono bond che rendono tra il 6% e il 7%

Secondo Franklin Templeton i Paesi emergenti sono oggi una opportunità molto interessante per chi cerca investimenti profittevoli in finanza perchè il progresso tecnologico ha permesso ai mercati emergenti di svilupparsi e competere con quelli tradizionalmente più avanzati.

Mercati emergenti: ci sono bond che rendono tra il 6% e il 7%

Nonostante i cambiamenti intervenuti negli ultimi anni, investire nei Paesi emergenti può essere ancora una scelta fruttuosa. È quanto emerso nel corso dell’evento organizzato dalla società d’investimento Franklin Templeton a Milano, negli spazi della Samsung Arena.

Secondo i dati dell’International Monetary Fund relativi al prodotto interno lordo, i mercati emergenti rappresentano oggi più del 50% dell’economia globale. Negli ultimi 10 anni, pur in un susseguirsi di alti e bassi, hanno mostrato performance degne di nota, registrando crescite più rapide rispetto a quelle registrate dei paesi più sviluppati. E secondo le proiezioni dell’Fmi la crescita del PIL per il 2019 e il 2020 sarà ancora più che doppia rispetto a quella delle economie avanzate.

Nonostante una delle più forti preoccupazioni per gli investitori rimanga l’esito della guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina, dove entrambi i governi hanno introdotto dazi sulle merci importate, Franklin Templeton ritiene che esistano dei fattori positivi all’interno dei mercati emergenti per cui valga la pena avviare degli investimenti.

Secondo Subashi Pillai, managing director di Franklin Templeton Investment Management, “vi sono forti motivi per investire nel reddito offerto dai mercati emergenti, che sarà il propulsore principale della crescita globale nel prossimo secolo. Gli investitori potrebbero prendere in considerazione un aumento dell’allocazione di capitale in obbligazioni di paesi quali India, Indonesia, Messico o Brasile, dove i rendimenti del debito sovrano si aggirano in una fascia tra il 6% e il 7%”.

I cambiamenti che negli ultimi decenni hanno interessato l’economia e poi generato una spinta propulsiva verso la ricerca di nuovi mercati, con la diretta conseguenza di vedere emergere nuove realtà commerciali, sono stati innescati da una serie di variabili: fattori demografici, incremento dei consumi, avanzamento tecnologico. Ancora Pillai: “Il passaggio dalla vecchia alla nuova economia nei mercati emergenti è ben radicato, così come quello da ricavi interni a quelli esteri. Molti investitori restano tuttavia ancorati al passato per quanto riguarda la loro opinione sui mercati emergenti, mancando di riconoscere le nuove opportunità che si presentano oggi. Riteniamo che sia importante non limitarsi a pensare alle opportunità del momento, ma posizionarsi anche in vista del futuro. I mercati emergenti sono una storia di cambiamento”.

“Quello che è accaduto negli ultimi anni e che ha segnato un’inversione di tendenza nella gestione dei mercati emergenti è stato che le società hanno iniziato a essere più focalizzate sui consumatori, piuttosto che esclusivamente sui loro profitti”, ha affermato durante l’evento milanese Anand Radhakrishnan, CIO Franklin Equity India.

Secondo Vivek Ahuja, portfolio manager di Templeton Global Macro, “i mercati emergenti hanno imparato dagli errori fatti negli ultimi vent’anni: è lì che si è innestato il cambiamento. Prima dipendevano dai mercati sviluppati per sviluppare se stessi, mentre ora non è più così. Sono stati in grado di finanziare il proprio deficit e questo è stato un cambiamento fondamentale”.

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