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Manovra: redditi online, ma con internet si rischia l’ “odio sociale”

La misura più controversa presentata ieri dal Governo come emendamento alla finanziaria bis è certamente quella che impone la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi sui siti web dei Comuni – Oltre alla questione della pricay, il rischio è che fra i contribuenti si inneschino meccanismi imprevedibili.

Manovra: redditi online, ma con internet si rischia l’ “odio sociale”

Esposti al pubblico ludibrio, ma soprattutto al pubblico controllo, i redditi dei contribuenti saranno pubblicati su internet. Per la precisione, sui siti web dei Comuni. Lo ha deciso ieri il Governo, includendo questa misura nel già famoso “pacchetto antievasione” che dovrebbe consentire allo Stato di racimolare in due anni quei 3,8 miliardi andati in fumo con l’abolizione del contributo di solidarietà. Previsti anche il carcere per chi evade più di tre milioni di euro, un’addizionale Ires del 10,5% sulle società di comodo e l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi le banche con cui si hanno rapporti. Tutto questo, secondo Giulio Tremonti, sarà sufficiente a mantenere i saldi della manovra bis “assolutamente invariati”.

Peccato che nella relazione tecnica della Ragioneria dello Stato i conti non tornino. Per quanto riguarda la diffusione su internet delle buste paga, i tecnici hanno stimato un gettito di appena 145 milioni in tre anni, anche se si tratta di un calcolo “prudenziale”. In ogni caso, la nuova iniziativa “avrà un significativo impatto sui comportamenti dei contribuenti – si legge nella relazione tecnica -, sull’aumento dei volumi d’affari e dei redditi dichiarati e, conseguentemente, delle imposte dovute e versate”.

D’altra parte non è ancora chiaro in che modo i redditi saranno gettati in pasto al web. Criteri e modalità saranno stabiliti con un decreto del Presidente del Consiglio su proposta del ministro dell’Economia, che lavorerà d’intesa con la Conferenza Stato-città. In realtà l’idea non è nuova. Ci provò Vincenzo Visco nel 2008, quando era viceministro nel secondo Governo Prodi, ma il tentativo non andò a buon fine. I dati rimasero online appena qualche ora, giusto il tempo necessario al Garante per la Privacy per intervenire. Dopo di che, l’Agenzia delle entrate fu costretta ad oscurare quelle pagine così interessanti del suo sito.

Oggi le cose potrebbero essere diverse, ma non è ancora detto. Certo, il garante Francesco Pizzetti continua ad essere prudente, e in un’intervista a Repubblica parla dei redditi come di un tema da maneggiare “con molta attenzione”. Si tratta di “materiale terribilmente pericoloso”, che potrebbe portare a forme “di odio sociale, travalicando i limiti e gli obiettivi della nuova norma se mai dovesse essere approvata”. Anche perché “l’attuale sistema di consultazione sul cartaceo” ha dei “paletti ben definiti”, mentre online “i dati pubblicati difficilmente sono cancellabili”.

La radicale Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia alla Camera, si spinge ben oltre sulla strada della polemica, ricordando che “dei 52 membri del Governo solamente i ministri Franco Frattini e Renato Brunetta e il sottosegretario Aurelio Salvatore Misiti hanno firmato la liberatoria per mettere online sui siti istituzionali la propria anagrafe patrimoniale. Tutti gli altri hanno preferito nasconderla ai cittadini, nonostante gli obblighi di legge”.

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