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Manovra 2023, governo Meloni con le mani già legate: il Pil rallenta, il deficit sale e l’inflazione corre

Gli spazi di manovra per la legge di bilancio, da approvare in tempi record, sono molto risicati e non permetteranno di mantenere nessuna delle promesse elettorali più costose

Manovra 2023, governo Meloni con le mani già legate: il Pil rallenta, il deficit sale e l’inflazione corre

Visti i risultati delle elezioni politiche, la formazione del governo Meloni non dovrebbe richiedere tempi particolarmente lunghi. Questo però non toglie che la scrittura e l’approvazione della legge di bilancio 2023 dovranno avvenire a tempo di record, per evitare di sforare il termine del 31 dicembre ed entrare così in esercizio provvisorio, che sarebbe un pessimo segnale agli occhi dell’Europa e dei mercati.

Ma la fretta non sarà l’unico ostacolo. Il nuovo governo di destra si insedierà in una fase di forte rallentamento del ciclo economico: l’andamento del Pil potrebbe risultare negativo nel quarto trimestre del 2022 e nel primo del 2023, riportando il Paese in recessione tecnica.

Manovra in salita: il Pil 2023 (molto) più basso delle attese…

Dal punto di vista dei conti pubblici, ciò che più pesa è la revisione al ribasso della crescita dell’anno prossimo: il Def pubblicato ad aprile dal governo Draghi stimava un +1,9%, ma la Nota di aggiornamento in arrivo questa settimana dal Tesoro ridurrà la previsione ben al di sotto dell’1%.

…fa salire il deficit 2023

Il taglio produce in automatico un aumento del deficit 2023 pari a circa 20 miliardi di euro, ovvero un punto abbondante di Pil: il disavanzo salirà così dal 3,9% programmato fino a oltre il 5%, dopo il 5,6% del 2022. Questa dinamica riduce sensibilmente lo spazio di manovra per la nuova legge di bilancio, che quindi – a meno di aprire un contenzioso con Bruxelles e mettere a rischio i fondi legati al Next Generation Eu –non potrà contenere nessuna delle costose promesse fatte dalla destra in campagna elettorale.

Gli effetti dell’inflazione

Le entrate fiscali

Un aiuto potrebbe arrivare dall’extragettito fiscale, che è alimentato dall’inflazione e ha già garantito buona parte dei 66 miliardi usati per gli ultimi otto decreti di sostegno all’economia. Nei prossimi mesi questa voce di bilancio risulterà ancora superiore alle attese, ma dal 2023 l’effetto benefico del caro vita sulle entrate fiscali sarà molto meno significativo, perché nel frattempo l’economia smetterà di crescere.

Gli interessi sul debito pubblico

L’inflazione ha poi anche effetti negativi sui conti pubblici. Il primo è l’aumento della spesa per gli interessi sul debito pubblico: la scorsa primavera i Btp con scadenza a 10 anni rendevano poco più del 2%, mentre adesso si attestano intorno al 4%.

La rivalutazione delle pensioni

Il secondo è il costo per la rivalutazione delle pensioni: altri 8-10 di spese aggiuntive, pari a circa mezzo punto di Pil.  

Le misure contro il caro-energia

In questa cornice già problematica, il nuovo governo sarà poi chiamato a rifinanziare una serie di spese che – con i prezzi dell’energia alle stelle – sarebbe difficilissimo cancellare. Parliamo di tutte le misure per arginare il caro bollette: i crediti d’imposta alle imprese (4,7 miliardi al mese), il bonus sociale e l’abbattimento degli oneri di sistema (circa 4 miliardi a trimestre).

Il cuneo fiscale

Andrebbe poi rinnovato il taglio del cuneo fiscale introdotto dal governo Draghi per difendere il potere d’acquisto degli stipendi (altri 3,5 miliardi l’anno).

Più spese per la Pa

Infine, a tutto questo si aggiunge l’aggravio di spesa per la Pubblica amministrazione, sia per il rinnovo dei contratti che per l’acquisto di beni e servizi, che saranno ben più cari del previsto.

In uno scenario del genere, è evidente che lo spazio fiscale per riforme come Quota 41 sulle pensioni o la flat tax semplicemente non esiste. E nei prossimi mesi il governo Meloni dovrà trovare il modo di spiegarlo a chi ci ha creduto.

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