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Lunedì nero per i mercati di tutto il mondo. Milano perde il 3,2% ma pesa l’effetto cedole

Il rallentamento della locomotiva cinese e le crescenti tensioni sul debito sovrano europeo colpiscono tutte le Borse. Milano apparentemente la maglia nera ma in realtà perde meno di Francoforte e Parigi al netto dell’effetto cedole. Parte in salita l’aumento di Intesa: sulle montagne russe i prezzi dei diritti che piacciono ai traders.

Lunedì nero per i mercati di tutto il mondo. Milano perde il 3,2% ma pesa l’effetto cedole

Il lunedì nero dei mercati non ha risparmiato alcun listino. Anche le Borse Usa, dopo un avvio incerto, hanno imboccato in maniera decisa nel pomeriggio la strada del ribasso: perdono il Dow Jones e l’S&P 500 (-1,1%), fa peggio il Nasdaq (-1,7%) che ha ormai esaurito l’euforia dell’esordio boom di Linkedin (-4,7%). Il trend dei mercati Usa ha accentuato la tendenza negativa che, per tutta la seduta, ha dominato sui listini europei. All’apparenza la maglia nera spetta a Milano, scesa del 3,2 %. Ma, se si tiene conto dell’effetto cedole (cioè lo stacco del dividendo di 64 società quotate), la perdita effettiva si riduce ad un più modesto 1,4 %, comunque al di sotto delle perdite di Londra (1,7%) Francoforte e Parigi (entrambe sotto dell’1,9%). L’impatto del warning di S&P, sinsomma, è stato meno forte del previsto, come del resto era successo a Wall Street dopo l’analogo monito per il debito Usa. Da Manhattan a Tokyo, passando per il Vecchio Continente, le motivazioni di una giornata all’insegna di diffusi ribassi sono le stesse: 1) le tensioni crescenti sul debito sovrano europeo; 2) il rallentamento della locomotiva cinese, che emerge dalla frenata dell’indice Pmi manifatturiero.

Non era facile immaginare una cornice più turbolenta per l’avvio dell’aumento di capitale per 5 miliardi di Banca Intesa. La banca di sistema , danneggiata anche dal forte sconto dell’analoga operazione di Commerzbank varata in contemporanea, ha accusato un calo del 2,81%, dopo intensi scambi sui diritti che si sono presto allineati al ribasso rispetto ad un valore teorico iniziale, che prevedeva un premio di 1,8 volte rispetto al titolo. In realtà, le quotazioni dei diritti si sono presto allineate al ribasso . Dopo i primi scambi attorno a quota 0,1020, i prezzi si sono allineati attorno ad un minimo di 0,90-0,91 (-22%) sull’onda di volumi elevati (441 milioni di pezzi), che riflettono un valore unitario di Intesa (che ieri ha staccato il dividendo) attorno a 1,7 euro. Trova conferma la facile previsione di una forte volatilità dei prezzi dei diritti destinati a fluttuazioni da montagne russe, che non dispiacciono ad una fascia di traders professionali ( e non). Anche se sul saliscendi dei diritti (per ora più in discesa che in salita) è assai facile scottarsi.

Il tiro al bersaglio della speculazione su Intesa non si è esteso più di tanto al resto del comparto bancario. Almeno per quel che riguarda i valori, vedi Unicredit (-0,5%), che non hanno operazioni in cantiere o altri, vedi Banco Popolare (-0,7%) che il loro aumento di capitale l’hanno alle spalle. Pesante, invece, la perdita per le società del gestito, Mediolanum (-2,79%) ed Azimut (-2,09%) intanto Fiat (-2,9%) e Industrial (-3,3%) hanno pagato la giornata pesante per i titoli industriali di mezzo mondo, in scia al rallentamento della domanda globale che non ha risparmiato titoli come Caterpillar (-3,1%) o General Electric (-2,3%) per non parlare delle massicce perdite patite dai titoli giapponesi più orientati all’export verso la Cina. E così, mentre il prezzo di Parmalat nel primo giorno d’Opa è riasto inchiodato sui valori dell’offerta Lactalis (2,6 euro) , le note positivo sono davvero poche. Tra queste spicca il caso di Atlantia che ha in pratica recuperato in una sola mattinata lo stacco della cedola.

 

 

 


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