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Londra tra vaccino e Brexit, nuova stretta Usa sulla Cina

Boris Johnson gioca d’anticipo sul vaccino anti-Covid, ma c’è il sospetto che sulla mossa pesi l’effetto Brexit – Intanto Biden fa sapere che la nuova amministrazione Usa non sarà più soft con la Cina, ma cambierà il modo di contrastarla

Londra tra vaccino e Brexit, nuova stretta Usa sulla Cina

Il via libera del Regno Unito all’uso del vaccino contro il coronavirus di Pfizer-BioNTech non ha eccitato più di tanto i mercati, in parte per il sospetto che Londra abbia accorciato i tempi per marcare la distanza dalla Ue in vista della Brexit (le prossime ore saranno “decisive”, ha appena detto il negoziatore Ue Michel Barnier), in parte perché gli effetti della pandemia per il momento si aggravano. Una nota curiosa: il Washington Post individua nella Desmon di Nusco l’eccellenza tra gli impianti di refrigerazione necessari per la conservazione del vaccino. Le autorità di Los Angeles hanno ordinato ai residenti di non uscire di casa e alle aziende che richiedono la presenza di persone di chiudere l’attività. Ieri i nuovi ingressi in ospedale, negli Stati Uniti, hanno superato per la prima volta quota 100mila. Intanto, ancor prima di entrare alla Casa Bianca, Joe Biden ha fatto sapere che l’amministrazione non sarà più soft con la Cina. A differenza di Trump, spiega in un’intervista al New York Times, l’amministrazione non si concentrerà sul disavanzo commerciale ma punterà a “progressi reali sul problema delle pratiche scorrette della Cina, che trafuga la proprietà intellettuale, fa dumping sui prodotti, sovvenziona illegalmente le grandi aziende” e costringe le società americane a “trasferire tecnologia” alle loro controparti cinesi. In questa cornice, non stupisce che si stia placando la corsa a comprare azioni.

NUOVA STRETTA USA SUI TITOLI CINESI

Il Nikkei di Tokyo galleggia stamane sulla parità, pur in prossimità dei massimi degli ultimi trent’anni. Lievi rialzi per il Kospi di Seul e per l’S&P ASX 200 di Sidney. L’Hang Seng di Hong Kong guadagna lo 0,5% e il CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzen è in calo dello 0,2%.

In equilibrio i listini Usa, sostenuti dall’attesa del sospirato accordo sugli stimoli fiscali già a dicembre. L’indice S&P sale dello 0,18% in linea con il Dow Jones. Nasdaq -0,05%. Poco mosso il future di Wall Street.

Stanotte la Camera del Congresso degli Stati Uniti ha approvato la legge che impone alle aziende straniere quotate a Wall Street di adeguare la loro contabilità a quella degli Stati Uniti e a fornire precise indicazioni sui soggetti che la controllano, in modo da appurare se ci siano enti governativi e militari.

POCO MOSSO IL PETROLIO. CORRONO FERRO E RAME

Petrolio Brent poco mosso a 48,2 dollari il barile, dal +1,7% di ieri. Pare che i ministri dell’Opec allargata alla Russia stiano concordando su una rimodulazione molto soft del regime produttivo nei prossimi mesi. Ci sono ancora contrasti, soprattutto tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi, sull’inizio del temperamento: la prima vorrebbe lasciare tutto come è fino a marzo o anche oltre, spostando il più avanti possibile, o almeno fino a quando la pandemia sarà completamente sotto controllo, l’aumento della produzione.

La forza della domanda cinese, insieme a un indebolimento dell’offerta che non ha soltanto ragioni stagionali, ha spinto nelle ultime ore il prezzo del minerale ferroso sui massimi degli ultimi sette anni a 136 dollari la tonnellata. Ieri il colosso minerario brasiliano Vale, pressato dall’esigenza di adeguare la struttura produttiva alle indicazioni sulla salvaguardia dell’ambiente, sul rispetto dei lavoratori e delle popolazioni dell’Amazzonia, ha rivisto al ribasso i target produttivi.

La ripartenza della Cina ha portato in alto, sui massimi dal 2012, anche le quotazioni del rame. Gli analisti configurano il pericolo di sottoproduzione, dovuta anche alla minaccia di uno sciopero dei minatori del Cile, uno dei più grandi produttori del pianeta.

L’oro si sta riportando su, a 1.834 dollari l’oncia, in lieve rialzo.

EURO AL TOP (1,2110) METTE IN CRISI LA BCE

1,2110. È il livello cui è salito l’euro nei confronti del dollaro: rispetto a inizio anno il guadagno sul dollaro è pari al 7,6%, ma la moneta unica sale anche nei confronti della sterlina (+6,6%) e delle valute per tradizione più solide, vedi lo yen (+3,2%) o il franco svizzero. È un rialzo che non è affatto gradito dalla Bce per il suo effetto sulla deflazione e per l’impatto sull’export. Di qui l’importanza delle decisioni che l’istituto di Francoforte prenderà nella riunione del 10 dicembre: ma solo forti misure espansive, improbabili, potrebbero invertire nel breve la tendenza al rialzo prevista dai grandi operatori: Goldman Sachs vede il cambio a 1,25 (in ascesa nel 2022 a 1,28). Société Générale a 1,23 la prossima estate. Non aiuta la moneta unica il conflitto sul Recovery Fund: l’Unione Europea sta mettendo a punto un piano per poter andare avanti con il programma di rilancio anche senza la Polonia e l’Ungheria.

Ancora tempesta sul Mes. In una lettera ai vertici del M5S, un gruppo di parlamentari pentastellati si è opposto alla riforma del Meccanismo, minacciando di bloccarne la ratifica in vista del voto in Parlamento il 9 dicembre. Sono oltre 50 i grillini pronti a votare “no” alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Se fosse così, il governo rischierebbe la crisi.

ARRETRA MILANO: IL VACCINO SPINGE LONDRA

Arretra Milano: -0,58%, sotto quota 22 mila (21.972), il peggior dato di giornata del Vecchio Continente. In evidenza Londra (+1,2%) grazie alla spinta assicurata dal via libera delle autorità sanitarie della Gran Bretagna al vaccino di Pfizer e BioNtech. Nel giro di una settimana, la prime fiale saranno messe a disposizione degli ospedali e dei centri per la vaccinazione di massa.

L’Unione europea ha criticato la rapidità dell’approvazione e ha precisato che la propria procedura è più lunga ma più completa. Il via libera quasi immediato è stato considerata da molti osservatori come una manovra politica di Boris Johnson. Michel Barnier, il capo della delegazione che tratta con la Gran Bretagna i termini del divorzio, ha detto che, su alcuni punti rilevanti della contesa, le distanze tra le parti restano quelle di sei mesi fa.

VOLKSWAGEN E BAYER FRENANO FRACOFORTE

Nel resto d’Europa, Madrid è positiva (+0,96%) e Parigi, piatta mentre prevalgono i realizzi a Francoforte (-0,55%). Bayer -2%: da inizio anno la performance è del -35%, per una capitalizzazione di 47 miliardi. È il titolo peggiore all’interno del Dax. Il titolo ha patito molto l’acquisizione della statunitense Monsanto. Continuano i problemi in casa Volkswagen: ha dato le dimissioni il responsabile della produzione Thomas Ulbricht.

Spread in calo sul secondario italiano: il differenziale di rendimento con il Bund 10 anni scende a 113 punti base (-3,05%); il tasso del Btp resta leggermente sopra i minimi storici, a +0,6%. L’Ue ha collocato un bond da 600 milioni di euro con scadenza 2035, con una domanda superiore a 3 miliardi.

UNICREDIT: STOP ALLA FRANA, È BUY PER SANTANDER

Deboli i bancari, in controtendenza con il resto d’Europa. Ma, archiviati due giorni di passione dopo le dimissioni di Mustier, rimbalza Unicredit (+0,4%). Nel pomeriggio il comitato nomine dell’istituto si è riunito sotto la presidenza di Stefano Micossi per dare il calcio di inizio al processo di selezione del nuovo Ceo. Nella city milanese circola con insistenza il nome di Marco Morelli, ex Mps, ma si fanno anche i nomi di Victor Massiah (ex Ubi) e Andrea Munari (Bnl). Gli analisti di Banco de Santander, in controtendenza, confermano il buy sulla banca di piazza Gae Aulenti, con prezzo obiettivo di 10 euro, considerando “eccessiva la forte correzione dei prezzi e il titolo ora un’opportunità di acquisto”. La ristrutturazione del gruppo sotto Mustier, spiegano gli analisti, “non è avvenuta dall’oggi al domani, allo stesso modo Unicredit non può diventare una banca cattiva nel giro di 24 ore”.

DEL VECCHIO SALE ALL’11% IN MEDIOBANCA

Consob ha comunicato che Leonardo Del Vecchio è salito ulteriormente nel capitale di Piazzetta Cuccia, portandosi all’11%. Gli acquisti sono stati effettuati tra il 2 e il 9 novembre, quindi pochi giorni dopo l’assemblea, che il 28 ottobre ha rinnovato il board della merchant bank e nell’ambito della quale Delfin aveva sostenuto i candidati di Assogestioni.

BPM/BPER: IL RISIKO PUÒ ATTENDERE

Spiccano in negativo le ex Popolari. Banco Bpm (-3,6%) accelera al ribasso dopo che Vandelli, ad di Bper (-2,4%), ha frenato sull’ipotesi di una fusione su cui il mercato scommette. Il numero uno del gruppo modenese ha infatti sottolineato che il dossier Banco Bpm al momento non è sul tavolo, ed è difficile se non “impossibile” avviarlo adesso, prima di aver completato l’integrazione dei nuovi sportelli.

In scia, perde colpi anche il principale azionista di Bper, cioè Unipol, in calo di oltre il 3%. Il gruppo assicurativo bolognese risente anche dell’annuncio dell’Antitrust sull’avvio di procedimenti nei confronti della controllata UnipolSai, insieme a Generali (-0,6%) e ad Allianz per pratiche commerciali scorrette.

FINCANTIERI, VA A FONDO L’AFFAIRE FRANCESE

Pesante Fincantieri, che cede il 3,3% dopo le indiscrezioni sul possibile naufragio del matrimonio con la francese Chantiers de l’Atlantique.

Tra i pochi spunti al rialzo, Campari +0,6%: Citigroup ha alzato leggermente il target price.

Bene, tra i petroliferi, Saipem (+2,2%) ed Eni (+0,7%). Nel settore del lusso, Moncler +1,7%.

JUVENTUS, LA CHAMPIONS FA BENE AI CONTI

Prendono velocità i progetti legati all’idrogeno verde. Enel ed Eni hanno sottoscritto ieri un accordo per la realizzazione di un impianto che prevede la costruzione di un elettrolizzatore per la produzione di idrogeno verde al servizio di due raffinerie di Eni, ancora da individuare. Intanto A2A ha siglato un’intesa con Ferrovie Nord Milano per individuare la migliore modalità di produzione e fornitura di idrogeno verde per alimentare i treni: si parte dalla linea tra Brescia e il lago di Iseo. Andranno a sostituire i convogli con alimentazione diesel.

Tra i titoli migliori ieri Juventus (+2%), che ieri sera battendo la Dinamo Kiev, si è assicurata i diritti per il passaggio del turno in Champion League. Ogni vittoria in Champions, infatti, garantisce ai club 2,7 milioni di euro.

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