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L’industria italiana è ferma: pesano coronavirus e guerre

Secondo l’analisi dei settori industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia, il ciclo manifatturiero italiano si conferma debole, nonostante la crescita dei prezzi – Tra i pochi fattori positivi ci sono la ripresa degli investimenti in costruzioni, la tenuta dei consumi interni e la moderata crescita della Meccanica

L’industria italiana è ferma: pesano coronavirus e guerre

Il ciclo manifatturiero italiano si conferma debole, nonostante la crescita dei prezzi: nel periodo gennaio-novembre 2019, secondo l’ultima Analisi dei Settori Industriali a cura del centro studi di Intesa Sanpaolo e di Prometeia, il fatturato è in sostanziale stagnazione, con tendenza al rallentamento: -0,2%. Qualche segnale di ripresa per il 2020 c’è, anche se secondo le valutazioni della ricerca si tratta di segnali molto deboli, influenzati negativamente dai nuovi motivi di forte preoccupazione per la crescita del commercio globale, ovvero la diffusione del coronavirus (e i suoi inevitabili risvolti sulla prima economia del mondo) e i tanti focolai di tensione aperti in Nord Africa e Medio Oriente, un’area di importanza strategica per il manifatturiero italiano.

Tra i fattori positivi del periodo preso in considerazione da Intesa Sanpaolo e Prometeia vanno considerati la ripresa degli investimenti in costruzioni e la tenuta dei consumi interni, che hanno consentito ai Prodotti e materiali da costruzione e ai settori produttori di beni di consumo (Alimentare e bevande, Sistema moda, Largo consumo) di mostrarsi più dinamici della media manifatturiera. In moderata crescita anche la Meccanica, settore di punta del Made in Italy, penalizzata dalla debolezza del ciclo degli investimenti in beni strumentali, sia sul mercato interno sia a livello internazionale, in un clima di forte incertezza che ha frenato le decisioni d’acquisto delle imprese. In difficoltà invece gli Autoveicoli e moto, con effetti negativi che si trasmettono ai settori produttori di beni intermedi attivi lungo la filiera.

Si protrae insomma una situazione di debolezza traversale all’industria europea, che ha epicentro nell’automotive. Il settore sta affrontando una transizione difficile verso il mondo elettrico, dettata anche da normative ambientali europee sempre più stringenti. Ne è scaturita una fase di rallentamento dei livelli di attività settoriali, che ha colpito soprattutto la Germania, dove l’automotive e l’annessa filiera hanno un peso rilevante per l’attività manifatturiera complessiva. Data la centralità della Germania nella macchina produttiva europea, anche le catene produttive internazionali ne sono state intaccate, con effetti a cascata che hanno interessato alcuni fornitori strategici come l’Italia.

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