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Libri, l’importanza della cover art nel successo dei tascabili

GoWare ha tradotto e rielaborato un articolo di Louis Menand apparso su “The New Yorker”, di cui pubblichiamo la seconda parte, che illustra il ruolo della copertina nella fortuna editoriale dei tascabili (paperbacks) che richiama molto da vicino il percorso degli ebook

Libri, l’importanza della cover art nel successo dei tascabili

Di seguito offriamo ai lettori italiani la seconda parte di un importante contributo che ricostruisce la fortuna dei tascabili (paperbacks), il cui percorso richiama molto da vicino quello degli ebook, che, oggi, stanno portando una rivoluzione paragonabile a quella effettuata dai tascabili nel trentennio 1940 al 1970. Si tratta dell’articolo Pulp’s big moment. How Emily Brontë met Mickey Spillane di Louis Menand pubblicato da “The New Yorker”, rielaborato, tradotto e adattato da Ilaria Amurri. In questa seconda parte si parla di una delle maggiori innovazioni alla base del successo dei tascabli, la cover art. Buona lettura!

Leggi senz’altro la prima parte.

Cartone o carta?

La copertina rigida in cartone (hardcover) era un segno distintivo della superiorità culturale del libro sugli altri media.
Nell’immediato dopoguerra l’editoria si trovò quindi ad affrontare un dilemma: copertina rigida o in cartoncino? Questo dilemma molto materiale era già insito nella stessa parola “paper “che formava con “back” il nome “paperback”, l’irresistibile fenomeno editoriale che stava squassando le placide acque dell’editoria libraria tradizionale. La copertina in cartoncino non sviliva il libro portandolo al pari delle pubblicazioni periodiche di discutibile qualità? Infatti in molti preferivano la copertina in cartone, convinti che la rilegatura facesse del libro un bene di lusso, un prodotto intellettuale destinato a chi era in cerca di una forma di intrattenimento che fosse culturalmente superiore all’offerta hollywoodiana e (dopo il 1950) a quella televisiva. L’espressione “leggere un buon libro” suggerisce infatti che la lettura sia ben più di un semplice hobby, poiché per affrontarla bisogna ritagliarsi un po’ di tempo e abbracciare una condizione di felicità e di crescita morale che si rifà a un’antica e illustre tradizione.

Una simile filosofia di marketing sembrava celare il timore che il cinema potesse avere la meglio nel confronto con i libri, ma fu proprio grazie a collane come Pocket Books che questo rischio fu notevolmente ridimensionato. Secondo De Graff la lettura era un passatempo che si adattava perfettamente alla vita di tutti giorni: si poteva leggere andando al lavoro, durante la pausa pranzo o mentre si faceva la fila in banca (allo stesso modo in cui oggi milioni di persone ascoltano musica in cuffia).

Quanto alla copertina, che di certo non basta per giudicare un libro, può fare la differenza quando si tratta di vendere un libro. Cercando di raggiungere le grandi masse in modo nuovo, l’editoria tascabile cambiò radicalmente l’aspetto esterno dei libri, trasformando le copertine dei pulp in espressioni artistiche tipicamente anni Cinquanta, che più tardi divennero protagoniste di siti web e di libri come The Great American Paperback, di Richard Lupoff, e Over My Dead Body, di Lee Server.

La copertina occhieggia al cinema

La nuova forma d’arte aveva lo scopo di attirare l’occhio del cliente, ma anche di abbattere le eventuali inibizioni economiche di chi era portato a comprare un libro pur non avendone programmato l’acquisto. Tuttavia, l’aumento esponenziale di copertine sempre più accattivanti mise le diverse collane una contro l’altra, costringendole a sfidare la concorrenza in una gara alla più volgare. Che l’autore fosse Mary Shelley o John D. MacDonald, donne discinte e immagini sessualmente aggressive divennero quasi d’obbligo e se il romanzo in questione era un poliziesco o un giallo la copertina doveva raffigurare invariabilmente una donna mezza nuda con una pistola in mano.

In un certo senso, le ristampe tascabili erano dunque un prodotto diverso rispetto a quelle tradizionali, principalmente a causa del forte impatto visivo ed emotivo. Per esempio, 1984, di George Orwell, uno dei libri di maggior successo degli anni Cinquanta, è stato presentato al pubblico in forme assai diverse. Il vestito grigio dell’edizione rilegata edita da Harcourt Brace, risalente al 1949, si intona armoniosamente alle illustrazioni su sfondo blu scuro che accompagnano tutto il testo. In sintonia con la gravità del tema trattato, il nome dell’autore e le parole “un romanzo” sono stampate elegantemente in script.

La ristampa Signet del 1950, illustrata da Alan Harmon, ritrae di spalle un Winston Smith. un po’ smaciato in poricnto rivolgere uno sguardo intenso a Julia, formosa e ben truccata, la quale porta sul petto uno stemma della Lega Anti-Sesso, fissato a una blusa la cui ampia scollatura sprofonda fino alla vita ben fasciata. L’artista ha poi trasformato O’Brien, l’antagonista di Wilson, in una specie di istruttore di nuoto in versione sadomaso: un tipo minaccioso, con un elmetto nero, le spalle nude e i pettorali bene in vista, con in mano una specie di bastone. La fascetta dice “Una visione sconvolgente della vita nel 1984. Amore proibito… Paura… Tradimento” e sul piede: “Edizione integrale”.
Sulla copertina della versione rilegata questa informazione era assente, infatti quella della fascetta era stata un’idea di De Graff, il cui scopo era di evitare che i lettori scambiassero i tascabili per edizioni ridotte. Nel tempo quest’abitudine divenne pressoché universale, perché suggeriva l’idea che i libri fossero stati pubblicati in forma originale e non censurata.

… e la cover art diventa pulp

Come spiega David Earle in Re-covering Modernism, uno studio di grande interesse sulla storia del genere pulp, la cover art era in grado di catturare la natura scandalosa e sovversiva della scrittura modernista, conferendo ai libri, perfino a quelli che circolavano già da decenni, una sorta di fascino trasgressivo. Sarebbe stato assurdo pensare di imbattersi in esempi di samizdat o di letteratura clandestina nei grandi centri commerciali americani tipo Sears, eppure era proprio questo il messaggio che il nuovo formato voleva far passare.

Per questo motivo, le copertine dei pulp furono oggetto di frequenti contestazioni. Allen Lane le detestava e cercò in tutti i modi di prenderne le distanze, preferendo uno stile standard per tutta la linea Penguin. Qualcuno sostiene che Lane abbia addirittura incendiato un magazzino, pur di sbarazzarsi di una quantità di libri che riteneva di cattivo gusto. Fu proprio il suo disprezzo nei confronti della cover art a provocare lo scisma interno alla Penguin Books, nel 1948, quando American Penguin divenne New American Library, la casa editrice di Mickey Spillane.

A volte erano gli stessi autori a lamentarsi delle copertine artistiche. Il giovane Holden fu pubblicato in versione rilegata da Little, Brown and Company nel 1951 e le vendite andarono piuttosto bene, anche se il libro non rientrò fra i maggiori successi dell’anno. Nel 1953, il romanzo fu ristampato da Signet con le illustrazioni di James Avati, meglio noto come il “Rembrandt del pulp”. La copertina raffigurava Holden Caulfield fuori da una specie di squallido strip club, in un posto simile a Times Square, in cui si intravvede un uomo che sembra intento nell’abbordaggio di una prostituta. Prometteva la fascetta: “Questo libro insolito vi sconvolgerà, vi divertirà e forse vi spezzerà il cuore… ma non lo dimenticherete mai!”

Salinger andò su tutte le furie e più tardi, quando Bantam riuscì ad accaparrarsi i diritti del romanzo, ci tenne a progettare egli stesso una sobria copertina bordeaux.

Nipple cover a prescindere

La cover art, nel tentativo di rendere i titoli più accattivanti, spesso finiva per creare bizzarre anomalie. Un caso classico è quello delle nipple cover (che lasciavano intravvedere i capezzoli e i seni delle eroine sotto i vestiti), attribuite a un artista molto prolifico di nome Rudolph Belarski. Nel 1948 Popular Library ristampò un romanzo del 1925 intitolato La vita privata di Elena di Troia. Belarski sosteneva che gli editori gli avessero lasciato carta bianca, dicendogli che le scene rappresentate in copertina non dovevano necessariamente avere luogo all’interno della narrazione: “Mi hanno sempre detto – non preoccuparti, alla storia ci pensiamo noi. Tu pensa a far vedere le tette“.

Belarski non tradì le aspettative. La sua Elena è una biondona che indossa una sottoveste alla micenea, fissata armoniosamente sotto il seno, mentre un’elegante tunica azzurra ricade di lato scoprendole una spalla. Sembra che la donna non porti niente sotto il vestito, a meno che non si tratti di un tanga in stile XII secolo a.C. Fatto sta che le sue forme si vedono eccome ed è facile intuire cosa abbia fatto perdere la testa a Paride!

Sebbene il libro si autodefinisca “edizione integrale”, la verità è che non ci sarebbe stato un bel niente da censurare. Il romanzo non fa alcun riferimento al seno, né ad altre parti del corpo della protagonista, se si esclude un singolo riferimento al “ventre” femminile, mentre gran parte della narrazione è occupata dai dialoghi, che producono un effetto quasi comico attribuendo un linguaggio moderno ai personaggi dell’epica di Omero. L’autore, John Erskine, insegnava inglese alla Columbia University di New York (fu professore di Lionel Trilling), dove creò il corso di Letteratura e studi umanistici (dando vita, inoltre, alla collezione dei Grandi libri del mondo occidentale), per poi diventare presidente della Juilliard, la famosa scuola d’arte di New York.

Gli editori della Popular Library sapevano di andare sul sicuro con le nipple cover, perché nel 1941 Pocket Books aveva scelto un’immagine dello stesso tipo per la ristampa di Nanà, le cui vendite andarono particolarmente bene presso l’esercito americano. Il romanzo, scritto da Émile Zola nel 1880, fu ristampato ben tredici volte durante la guerra e vendette 586.374 copie. In questo caso, però, l’immagine in copertina era più che mai pertinente alla storia narrata, poiché Nanà è un’attricetta che una sera si presenta sul palco con un vestito trasparente, lasciando a bocca aperta tutti gli uomini di Parigi.

A bocca aperta, era proprio quella che la cover art doveva ottenere.

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