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L’azienda perfetta? 70% persone, 30% intelligenza artificiale

A ipotizzare la giusta ricetta per un’impresa “bionica” è il Boston Consulting Group, che evidenzia i risultati nettamente migliori delle realtà in grado di integrare intelligenza umana e artificiale. Dove sono le aziende bioniche? Quasi tutte in Cina.

L’azienda perfetta? 70% persone, 30% intelligenza artificiale

Le aziende del futuro sono le aziende “bioniche”. Ma che cosa è un’azienda bionica? A definirla, e a spiegare la ricetta del suo successo, è un curioso studio del Boston Consulting Group, dal titolo How Bionic Companies Translate Digital Maturity into Performance. Bioniche, secondo BCG, sono quelle società in grado di integrare intelligenza umana e artificiale in un’organizzazione più efficiente, produttiva e innovativa: queste realtà, capaci di combinare al meglio tecnologia e abilità umane, sono quasi 2 volte profittevoli delle concorrenti. “Il possesso di questa abilità conferiva un vantaggio competitivo formidabile già in passato, ma dopo la crisi pandemica potrà realmente determinare il successo o il declino di un’azienda”, sancisce la ricerca, che stima anche la giusta “dose” dei vari ingredienti: 10% di algoritmi, il 20% di tecnologia e informatica, il 70% di attività industriale e capitale umano.

Dove si trovano al momento queste imprese, definibili “digitalmente mature”? Non di certo in Italia, e nemmeno più di tanto in Europa o negli stessi Stati Uniti: nel nostro continente c’è ancora molto ritardo nella pubblica amministrazione, mentre oltre oceano il problema è la eccessiva polarizzazione, cioè il gap tra i noti colossi del tech e tutti gli altri. I campioni del digitale sono dunque gli asiatici, soprattutto i cinesi: “La spinta delle tigri tecnologiche cinesi – scrive il Boston Consulting – sta trascinando nell’era bionica tutti i comparti industriali del Paese: dalla finanza alla sanità, dalla manifattura alle assicurazioni”. Sarà bene mettersi al passo, visto che i dati non lasciano spazi a dubbi interpretativi: negli ultimi tre anni le imprese bioniche hanno aumentato il loro Ebitda a un tasso 1,8 volte superiore ai ritardatari, speso 1,5 volte di più in ricerca e sviluppo e quindi accresciuto la propria valutazione a un ritmo più che doppio.

Non solo: circa metà delle compagnie bioniche dedica oltre il 15% delle spese operative al digitale, in particolare a tecnologie, dati e sicurezza informatica, e assegna a tali ruoli una quota simile di dipendenti formati per acquisire competenze innovative e per sperimentare modalità agili di organizzazione del lavoro. Sono così riuscite a trasformare digitalmente almeno il 25% dei loro processi di produzione e a tagliare del 5% i costi operativi, contro il 14% e l’1% rispettivamente ottenuto dai ritardatari. In questo modo le imprese bioniche hanno liberato risorse per aggredire nuovi settori: il 61% genera un decimo o più del proprio fatturato da business adiacenti a quello caratteristico. Fonti di ricavi molto preziose in caso di interruzioni improvvise delle attività, come sta accadendo durante la pandemia da Covid-19.

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