Condividi

Lambiase (Ir Top): “Pir, sulle Pmi quotate una pioggia di 3 miliardi”

INTERVISTA AD ANNA LAMBIASE, AD DI IR TOP – “In poco più di sei mesi, totalizzate le stesse quotazioni e la stessa raccolta dell’intero 2016. Entro fine 2017 ci saranno 50 nuove società quotate sull’Aim” – Tornano gli investitori esteri: “Sono la maggioranza netta, il 62%, soprattutto fondi svizzeri” – “La nuova liquidità in arrivo premia le aziende digitali e green ma sta spingendo molto la crescita del manifatturiero Made in Italy”.

Lambiase (Ir Top): “Pir, sulle Pmi quotate una pioggia di 3 miliardi”

“Le piccole e medie aziende italiane non possono più lamentarsi: grazie ai Pir stanno attraversando un momento magico, irripetibile”. Parola di Anna Lambiase, Ad di Ir Top, partner equity markets di Borsa Italiana che a Milano ha presentato l’Osservatorio AIM Italia, l’indice di Piazza Affari dedicato proprio alle Pmi e che ha visto un vero e proprio boom da inizio 2017, cioè da quando sono entrati in vigore i Piani individuali di risparmio: performance dell’indice +23% (rispetto al +12% del FtseMib), capitalizzazione a 4 miliardi e soprattutto 10 nuove Ipo per una raccolta complessiva di 282 milioni di euro.

Ad oggi le aziende quotate sono 83, ma secondo le stime di Ir Top ce ne saranno altre 50 entro la fine dell’anno: “In sei mesi e mezzo ci sono state praticamente le stesse quotazioni e la stessa raccolta dell’intero 2016″, assicura Lambiase ricordando il merito dei Pir, i nuovi strumenti finanziari introdotti dall’ultima Legge di Stabilità, che offrono notevoli agevolazioni ai piccoli investitori che puntino su questi prodotti che prevedono che almeno il 70% del portafoglio sia investito in aziende italiane, e che almeno il 30% di questo 70% (ovvero il 21% del totale investito) sia investito in titoli emessi da aziende non presenti sull’indice principale, il Ftse Mib.

Si viaggia ormai al ritmo di almeno una quotazione alla settimana all’AIM, a fine anno le aziende quotate saranno più di 130: non c’è il rischio che siano troppe?

“Assolutamente no, che ci siano più società è un fatto molto positivo e poi le Pmi costituiscono la grande maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano. Casomai la loro presenza sul mercato era sottostimata in precedenza”.

Come mai?

“Molte aziende hanno buoni fondamentali, ma hanno bisogno di finanza per la crescita. I Pir stanno aumentando sensibilmente la liquidità di queste aziende, il cui fatturato medio (di quelle già quotate) è intorno ai 40 milioni. Esistono già 50 fondi Pir compliant, ovvero che danno la possibilità di investire sulle aziende italiane e secondo le nostre stime questo porterà nelle casse delle società quotate all’AIM 3,3 miliardi da qui a cinque anni”.

Non male, se si pensa che l’attuale giro d’affari complessivo delle 83 quotate è di 3,5 miliardi.

“Liquidità significa ancora più solidità e possibilità di essere appetibili sui mercati finanziarie: se ne stanno accorgendo anche gli investitori esteri, di soliti restii a scommettere sul sistema Italia. Nell’azionariato delle aziende AIM sono presenti 60 investitori istituzionali, di cui 23 italiani e 37 esteri, cioè il 62%, in netto aumento rispetto a luglio 2016. La maggior parte sono fondi europei, in particolare svizzeri (18%), britannici (10%) e francesi (8%). C’è anche una quota di investitori Usa (5%)”.

Perché tornano a piacere le Pmi italiane?

“Per le eccellenze del made in Italy, anche quelle di nicchia o di lusso, che tirano sempre; perché la quotazione stessa è un grande strumento di visibilità; e perché queste sono aziende che esportano molto e quindi sono conosciute all’estero. E poi perché sono solide, del resto i criteri di selezione sono molto rigorosi”.

Ad esempio?

“Le aziende mediamente hanno ricavi da 40 milioni e un’Ebitda al 16%, anche se in realtà riteniamo un’impresa già abbastanza strutturata se fattura sui 20-30 milioni e se il margine operativo lordo rappresenta almeno il 10% del fatturato. Ci sono poi altri fattori determinanti, come il modello di business e l’indebitamento finanziario, che non deve superare un rapporto di 1 a 4 con l’Ebitda”.

Quali caratteristiche hanno le aziende quotate e quale è il trend per le imminenti Ipo?

“Al primo posto ci sono sempre le aziende digital e green, dove per green si intendono rinnovabili, efficienza energetica, Internet delle cose applicato all’energia. In termini di numero, si può dire che un’azienda su quattro è tech e una su cinque è green, e anche in termini di capitale investito sono le più rappresentate. Ma la vera novità del 2017 è il ritorno dell’industria, del manifatturiero. I settori di eccellenza del made in Italy, come agroalimentare, tessile, meccanica, stanno tornando a crescere e a quotarsi”.

Questo avrà ripercussioni sull’economia reale.

“Assolutamente sì: già nel 2016 i dipendenti nelle Pmi quotate sull’AIM sono aumentati del 22% a 18.000 unità. Con la nuova cassa generata dai Pir e con la crescita finanziaria soprattutto delle imprese produttive, ci saranno benefici anche in termini di occupazione”.

Intanto ci sono i benefici finanziari: nei primi 6 mesi del 2017 l’AIM ha guadagnato il 23%, quasi il doppio del FtseMib (12%).

“Soprattutto va sottolineato che il controvalore medio giornaliero dei titoli è passato dai 24.000 euro del 2016 a 139.000 euro. Anche se in prospettiva è meglio che ci siano più Ipo piuttosto che una grande crescita dei valori azionari: il primo obiettivo deve essere la crescita delle aziende con tutte le ripercussioni del caso sull’economia reale, non il guadagno in Borsa. Così si capitalizza davvero l’effetto Pir”.

Nel vostro studio però un aspetto negativo c’è: rispetto agli altri segmenti di Borsa, AIM è quello con più basso indice di copertura delle società potenzialmente quotabili. Significa che molte aziende ancora non si rivolgono ad analisti come voi e non prendono nemmeno in considerazione la quotazione. Come giudica questo dato?

“E’ un aspetto critico, che indica che nonostante i buoni fondamentali, c’è ancora poca cultura finanziaria. Deve essere una scelta delle aziende rivolgersi a noi, anche con un preciso investimento strategico ed economico. Ma il dato può anche essere letto positivamente, nel senso che c’è ancora un mondo sommerso da esplorare e da far crescere”.

L’AIM ha già oggi 4 miliardi di capitalizzazione e una raccolta che solo nel primo semestre è stata di quasi 300 milioni, contro i 360 dell’intero 2016. Si può dire che Milano è la capitale europea del mercato dedicato alle piccole e medie imprese?

“Certamente sì ed è destinato a crescere enormemente nei prossimi mesi e anni. Il Governo ha fatto un intervento su misura per sostenere il tessuto imprenditoriale del Paese e la mossa sta già pagando”.

Commenta