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La Moda di seconda mano vale 40 miliardi e punta alla Borsa

Dal 2018 al 2020 il mercato della moda di seconda mano ha registrato una crescita del 12%, contro il +4% della prima mano – Sono sempre di più le piattaforme di resale che sbarcano in Borsa e potrebbe essere solo l’inizio

La Moda di seconda mano vale 40 miliardi e punta alla Borsa

E-commerce e seconda mano potrebbero diventare le due tendenze dominanti nel mercato della moda e del lusso. Due i motivi principali: consentono di risparmiare denaro ed evitare sprechi, acquistando e rivendendo abiti e accessori usati di ottima qualità, e permettono di ridurre l’impatto ambientale di un comparto che annualmente consuma 1.500 miliardi di litri d’acqua, produce oltre 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili ed è responsabile, a causa del lavaggio dei capi in fibre sintetiche, del 35% delle microplastiche presenti nell’oceano. La sostenibilità è diventata fondamentale anche per i grandi brand del Luxury e del Fashion che sulle prospettive a medio-lungo termine costruiscono le loro strategie. 

MODA DI SECONDA MANO: UNA CRESCITA DIROMPENTE

Secondo un sondaggio condotto da Boston Consulting Group e Vestiaire Collective su 7mila intervistati provenienti da sei Paesi diversi, Italia compresa, gli abiti usati diventeranno sempre più di moda. Dal 2018 al 2020, il mercato ha registrato una crescita del 12% contro il +4% del “prima mano” e ad oggi vale tra i 30 e i 40 miliardi di dollari. Non solo, secondo il BCG, entro i prossimi 5 anni il settore crescerà del 15-20%, arrivando a quota 64 miliardi di dollari. Un aumento che sarà trainato soprattutto dalla generazione Z. L’80% dei nati tra il ‘95 e il 2010 considera infatti “normale” acquistare indumenti usati, soprattutto online. La pandemia di Covid-19 ha addirittura accelerato questa tendenza, dando agli acquirenti la possibilità di comprare capi e accessori di lusso a prezzi più abbordabili, sfruttando proprio la moda di seconda mano. 

“Questa dinamica molto positiva è supportata da vari vantaggi lato consumatore: tra di essi, la possibilità di accedere a prodotti di lusso a prezzi più accessibili, scovare pezzi rari e vintage, contribuire alla sostenibilità dell’ambiente partecipando alla circular economy. Da questo, deriva l’urgenza dei brand di forgiare una strategia specifica per cogliere il valore di questo segmento in crescita”, sottolinea Guia Ricci, principal della società di consulenza Boston Consulting Group.

Tra i grandi gruppi del Lusso, questa tendenza non sembra essere sfuggita a Kering, che insieme al fondo Tiger Global Managment qualche giorni fa ha comprato il 5% di Vestiaire Collective, la piattaforma leader nel settore del second hand di alta gamma.

L’USATO SBARCA IN BORSA

Farfetch azienda britannica che ha costruito la sua fortuna sull’e-commerce, vendendo prodotti di moda, lusso e design di oltre 700 boutique e marchi di tutto il mondo, nel 2019 ha deciso di puntare sulla vendita di borse di design usate come parte di una più ampia strategia sostenibile. Nel 2020, sul Nyse, il titolo ha guadagnato oltre il 400%, raggiungendo una capitalizzazione di 19,1 miliardi di dollari. Nello stesso arco temporale, le azioni Lvmh, il più grande colosso mondiale del lusso, sono aumentate del 26,1%. 

La moda di seconda mano, azienda dopo azienda, ipo dopo ipo, sta velocemente conquistando Wall Street. E potremmo essere solo all’inizio. La prima piattaforma di resale a sbarcare in Borsa, nel 2019, è stata TheRealReal. A gennaio 2021 è arrivata sul Nasdaq Poshmark, mentre lo scorso ottobre, il sito di spedizioni Thredup ,specializzato nella compravendita di abiti di seconda mano di alta gamma, ha lanciato un’offerta pubblica iniziale. 

Parallelamente molti grandi marchi della moda e del lusso, da COS e Levi’s, hanno deciso di lanciare la loro piattaforma di resale. “Il mercato del second life è destinato a uno sviluppo strutturale importante” ha dichiarato a MF Fashion Luca Solca, analista di Bernstein. La tendenza sta già conquistando gli investitori di Wall Street ai quali non sono sfuggite le potenzialità di quello che è ormai stato denominato re-commerce. Il futuro potrebbe essere già scritto. 

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