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La libreria del futuro: ecco come sarà

Leonard Riggio, fondatore e presidente della catena di librerie Barnes & Noble che ha venduto tre miliardi di libri ma che dopo l’avvento di Amazon lotta per la sopravvivenza, racconta come immagina la libreria del futuro, con un dubbio: funzionerà l’accoppiata ristorante-libreria?

La libreria del futuro: ecco come sarà

C’è posta per te

Leonard Riggio, fondatore della catena di librerie Barnes & Noble e presidente esecutivo, sta ai libri come Sam Watson, fondatore di Walmart, sta alla grande distribuzione. Nei negozi della catena sono stati acquistati tre miliardi di libri. Prima di Russell Grandinetti, capo dell’area Kindle di Amazon, Riggio era la persona più potente dell’editoria americana e quindi mondiale, dato che quella USA è un terzo di quella globale. Adesso però sta lottando per la sopravvivenza stessa della società che nel 1971 aveva rilevato dal fallimento per farne una società da 6 miliardi di dollari.

La crescita di Barnes & Nobles nell’era preinternettiana è stata così esplosiva e palese da ispirare una delle più brillanti scrittrici di Hollywood, Nora Ephron, a costruirci uno scrip che è diventato un film mainstream, C’è posta per te, con Tom Hanks (nel ruolo di un manager barnesnobliano) e Meg Ryan nel ruolo di una libraia indipendente ed idealista. Il film è del 1998. Poi è arrivato Amazon e la bella favola di Cè Posta per te si è tramutata in un incubo che echeggia il bel film di Ridley Scott, Sopravvissuto – The Martian con un superbo Matt Demon. Come si fa a riportare a casa Barnes & Noble?

Forse non c’è persona più qualificata al mondo di Leonard Riggio per parlare del business delle librerie e del futuro di questo commercio secolare. E Leonard lo fa ha fatto con David Sax del “New Yorker” che ha dedicato un lungo articolo a questo incontro con il fondatore di Barnes & Nobles. Sax sta lavorando a un libro dal titolo emblematic The Revenge of the Analog.

Di seguito, in traduzione italiana a cura di Ilaria Amurri, l’articolo che Sax ha scritto per il magazine di New York. Il titolo dell’articolo è What Barnes & Noble Doesn’t Get About Bookstores. Buona Lettura.

Il rinvio

Lo scorso aprile Riggio ha annunciato che avrebbe lasciato Barnes & Noble, la società che ha fondato quarantacinque anni fa e che ha trasformato nella catena di librerie più grande al mondo. Riggio (75 anni) sarebbe voluto andare in pensione a settembre o almeno così diceva. Pur avendo ceduto la carica di CEO nel 2002, è rimasto il presidente esecutivo, l’anima e l’autorità suprema di Barnes & Noble, ma questo sembrava un momento propizio per ritirarsi.

Negli ultimi anni, martoriata dall’espansione di Amazon e dai postumi della recessione, la catena ha chiuso più del 10% dei negozi e ha dovuto lottare per non farsi comprare, ma alla fine è sopravvissuta. Le perdite si erano stabilizzate e le vendite stavano risalendo in diverse categorie, fra cui i giochi da tavolo, i dischi e perfino alcuni libri, come nel caso del cartaceo (ad esempio i libri da colorare per adulti). A marzo 2016, per la prima volta dopo anni, la società ha perfino annunciato l’apertura di alcuni nuovi punti vendita e a giugno ha rivelato i suoi progetti per il futuro: negozi più piccoli e sofisticati, con tanto di bar e ristoranti, un cambiamento non da poco rispetto al modello dei “grandi negozi” a cui la catena ha sempre fatto riferimento.

Agosto amaro

In agosto, però, Riggio e il suo consiglio hanno estromesso Ron Boire dopo meno di un anno, licenziando il terzo CEO passato per Barnes & Noble a partire dal 2010. Poche settimane dopo, i risultati trimestrali hanno messo gli azionisti davanti alla dura realtà: le perdite stavano aumentando a tutto campo, soprattutto quelle del Nook (un lettore di eBook decisamente in declino), le vendite stavano crollando più rapidamente del previsto e il capitale ammontava a circa un quarto di quello dieci anni prima. Per tutta risposta Riggio ha riassunto il ruolo di CEO, apparentemente finché non si troverà un sostituto adatto.

In questo momento il suo problema principale è capire quale sia lo scopo di Barnes & Noble. Amazon domina il settore offrendo prezzi bassi e una vasta selezione e sta anche strizzando l’occhio alle librerie tradizionali, tant’è che ne ha aperte due negli ultimi anni, mentre le librerie indipendenti, che si pensava fossero a un passo dall’estinzione, restano fedeli all’idea suggestiva di un luogo, come una chiesa o un social club, in cui coltivare un certo tipo di comunità. Barnes & Noble si trova nel mezzo, un gigante appesantito da centinaia di negozi enormi e da un’immagine monotona in un mercato che premia sempre di più elementi ribelli come le librerie indipendenti.

Il nuovo trend demografico di ritorno nei centri urbani

Nel ridefinire gli obiettivi della società, Riggio sta cercando di emulare quegli stessi modelli di business che una volta erano minacciati da Barnes & Noble. Infatti, dopo due decenni in cui il numero di librerie indipendenti è diminuito della metà, quelle stesse librerie stanno tornando a diffondersi. L’associazione dei librai americani (American Booksellers Association) ha rilevato una crescita consistente nell’apertura di nuovi negozi negli ultimi sette anni, in aumento del trenta per cento, da quelli più piccoli e urbani, come il Greenlight e il Word di Brooklyn, a catene regionali come Bull Moose, nel New England.

In una recente intervista telefonica, Riggio ha detto che secondo lui la più grande svolta nel settore dei libri (oltre a quella innescata da internet e da Amazon) è stata di natura fondamentalmente demografica. Negli ultimi quindici anni, dato che moltissimi giovani americani e le loro famiglie sono tornati a spostarsi nei centri urbani, il mercato delle librerie indipendenti ha recuperato un buon margine di espansione. “I negozi che stanno aprendo in città sono generalmente più piccoli, anche a causa dell’architettura in cui si inseriscono”, spiega Riggio.

Alla ricerca di un nuovo modello

Già nel 2000 il CEO aveva detto che Barnes & Noble avrebbe fatto meglio ad aprire negozi più piccoli (normalmente superano i 2.300 mq), in zone più frequentate e pedonali, ma allora gli affari andavano bene, i centri commerciali periferici erano ancora in fase di espansione e la sua idea non si è mai tradotta in un’azione concreta. “Bisogna battere il ferro finché è caldo”, ha detto, riflettendo sulle occasioni perse. “Il tempismo è tutto”.

In realtà tutto questo non sembra andare a vantaggio di Barnes & Noble, la cui attività si basa principalmente sui grandi numeri dei negozi preesistenti, perfino nelle metropoli come New York. La mossa di aprire cinque piccoli concept store (circa il venti per cento più piccoli dei negozi normali) nelle periferie di Minneapolis, Sacramento, Dallas, Washington D.C. e New York, nei prossimi mesi, sembra un tentativo alquanto tardivo di porre rimedio al problema.

Riggio crede che i clienti delle piccole librerie indipendenti, di Amazon e di Barnes & Noble siano sempre gli stessi. “Il criterio numero uno nel decidere dove fare un acquisto è la distanza”, ha affermato. “Non c’entrano niente il pedigree o la marca. Se una persona non ha una libreria vicina, sarà più probabile che compri online. Se invece ce l’ha a poche centinaia di metri da casa è più facile che ci vada”. In fin dei conti anche il suo target è lo stesso degli altri negozi: i giovani intellettuali e le donne con bambini piccoli.

Ristorante/libreria: funzionerà l’accoppiata cibo/libri?

L’unico aspetto che secondo lui distingue la nuova generazione di librerie indipendenti da Barnes & Noble è la migliore qualità di cibo e bevande, che spera di offrire nei concept store, in cui ci saranno veri e propri bar, moderni e di design, con servizio di colazione, pranzo e cena.

Anche se diverse librerie indipendenti di successo hanno effettivamente un’area bar dove prendere un buon caffè, può essere che Riggio stia perdendo di vista la lezione più importante e l’aspetto intangibile dell’intera esperienza e cioè che le migliori librerie indipendenti sono straordinariamente in sintonia con le comunità che rappresentano.

Alcune sono grandi, altre piccole, alcune sono accoglienti e stipate di mobili di recupero, altre sono praticamente opere d’arte o gioielli architettonici. Propongono i titoli che interessano alla loro comunità e anche se dispongono di una selezione molto limitata rispetto a quella di Barnes & Noble il personale è in grado di parlare in modo autorevole dei libri in vendita.

In pratica sono tutte diverse. Un esempio analogo si trova proprio davanti al più importante Barnes & Noble di New York, in Union Square: il Greenmarket attira persone che vogliono curiosare, socializzare e scattare foto alle zucche, anche se potrebbero comprare gli stessi prodotti al Whole Foods Market dall’altra parte della piazza. Oggi le librerie che vanno meglio sono quelle in cui la gente vuole andare, non quelle in cui deve andare.

Libreria e comunità

Riggio sostiene che anche Barnes & Noble, pur essendo una grande azienda, possa rivolgersi a una comunità. “Chi viene nei nostri negozi li vede come il Barnes & Noble del posto” ha detto, sottolineando che la catena ha sostanzialmente trasformato le librerie da posti pieni di prodotti in luoghi dove gli avventori possono sedersi comodamente e in cui sono incoraggiati a fermarsi. La nuova strategia per migliorare il commercio al dettaglio prevede inoltre un aumento del personale, che dovrà essere anche più preparato, e una maggiore autonomia dei gestori, affinché questi siano liberi di selezionare i libri più adatti alla clientela locale.

“Siamo stati il centro della comunità fin dall’inizio”, ha detto Riggio. “Non è giusto generalizzare e sminuire Barns & Noble dicendo che ‘è solo una catena’. Sarebbe come negare che abbiamo venduto tre miliardi di libri”.

Come far funzionare 638 negozi?

Il problema è che per far funzionare seicentotrentotto negozi, molti dei quali sono grandi come più librerie indipendenti messe insieme, la standardizzazione generale finisce per essere inevitabile, dalla progettazione, alla selezione, alle divise dei dipendenti. È improbabile che questi negozi rimpiccioliscano al punto di scrollarsi di dosso questa uniformità, né sarebbe saggio provarci.

Anche se a molti piacerebbe stroncare la catena come un dinosauro in via di estinzione, prefigurandone con malizia la rovina imminente, la realtà è che in sua assenza il panorama dei libri e delle librerie americani risulterebbe impoverito. Per chi vive in certe aree degli Stati Uniti Barnes & Noble è la libreria di fiducia, è il luogo in cui vai ad ascoltare gli autori, dove fai incetta di regali natalizi e dove porti i bambini a sentire le storie. Ogni settore ha bisogno del suo portabandiera, così come le torrefazioni del movimento “Third Wave Coffee” hanno bisogno di uno Starbucks contro cui ribellarsi.

Come sarà una libreria Batnes & Noble

Se persevererà nei suoi obiettivi, Barnes & Noble apparirà indubbiamente diversa da come la vediamo oggi. Presumibilmente sarà una catena di librerie più a misura d’uomo e questo potrebbe determinare la chiusura di alcuni negozi, anche se Riggio preferirebbe non commentare.

“Non possiamo limitarci a contare le librerie che aprono e chiudono, dobbiamo considerare anche la loro evoluzione”, ha detto. “Non è affatto automatico, si tratta di un processo a lungo termine.” Per il bene dei milioni di lettori che in tutta l’America vedono ancora Barnes & Noble come la loro libreria di quartiere, speriamo che sia così.

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