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La legge elettorale e la favoletta dei nominati: chi sceglie i parlamentari grillini?

Il dibattito sui “nominati e autonominati” della nuova legge elettorale è vagamente surreale e molto ipocrita perchè fin dai tempi della Prima repubblica lo scettro della scelta dei rappresentanti in Parlamento non è mai realmente stato nelle mani dei cittadini – I Cinque stelle sono quelli che gridano di più ma i loro candidati li scelgono Grillo e la spa di Casaleggio

La legge elettorale e la favoletta dei nominati: chi sceglie i parlamentari grillini?

Paese singolare l’Italia, ove non pochi politici (nuovi e vecchi) recitano troppe parti sulla scena del Parlamento, contribuendo a svilirlo. Infatti, ascoltando il dibattito sulla legge elettorale potrebbe sembrare che in Parlamento seggano molte donne e molti uomini venuti da un sistema politico di un altro pianeta. Si assiste alla scena in cui i “nominati e autonominati” del passato svillaneggiano, senza una parvenza di autocritica, i potenziali “nominati e autonominati” futuri. Tutti lamentando che, con a legge elettorale in via di discussione, non si restituisce “lo scettro” al cittadino per la scelta del proprio rappresentante alla Camera. Furto dello “scettro” dovuto allo strapotere delle segreterie dei partiti che “nominano” chi è destinato a vincere e chi a perdere.

La domanda che viene spontanea porsi è quando mai lo scettro sia stato posto nelle mani del cittadino votante, sia nel corso della prima e della seconda repubblica, sia nello scorcio della terza. Evidentemente molti di coloro che si lamentano dimenticano le pagine e pagine dei giornali dedicate a raccontare le vicende dei partiti o dei due capi dei pentastellati (Grillo e Casaleggio: due per tutti e tutti per due) per scegliere chi collocare nei collegi elettorali “sicuri” e coloro da collocare nei collegi “a perdere”.

Nel passato i più bravi nell’esercizio di queste mansioni era no gli uomini della Democrazia cristiana e del Partito comunista (poi Pds e PD), incuranti della mancanza del vincolo di mandato.

I primi erano i più abili nel contenere il rischio di eleggere persone non gradite alla segreteria nazionale ed alle sottosegreterie delle diverse correnti che animavano il partito nelle diverse zone dell’Italia.

I secondi erano molto più rapidi dei primi nel rispettare le diverse anime del partito e nel garantire la lunga permanenza ai propri dirigenti nazionali e periferici (ancora oggi in Parlamento tra chi lamenta il furto dello scettro) pensionando per sole due legislature i funzionari che avevano dedicato la vita al partito stesso.

Naturalmente sia i primi che i secondi sapevano di correre qualche rischio nel prospettare la vittoria di alcuni e la sconfitta di altri, ma entrambi si potevano permettere, correndo rischi aggiuntivi, di “nominare” in parlamento persone che non disponevano di un proprio elettorato (i c.d. parlamentari indipendenti). Ma chi di recente ha perfezionato il sistema al fine di eliminare ogni incertezza e annullare ogni rischio ex ante sono stati i grillini che affidano la nomina dei potenziali i vincitori ad un capo bicefalo costituito da una testa umana e da una società per azioni. E per essere sicuri che ex post non si corrano rischi di disubbidienza al capo bicefalo vorrebbero imporre il vincolo di mandato, così come avvenne ai tempi della Comune di Parigi che aveva scelto la bandiera rossa come suo stendardo. Ciò malgrado, i pentastellati sono quelli che gridano di più. È proprio uno strano paese il nostro.

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