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La Fed e le piccole banche: “Regole proporzionate alle dimensioni”

Il futuro Presidente della Fed, Jerome Powell, seguendo il percorso già indicato dalla Yellen, ha esplicitamente sostenuto che le regole prudenziali sulle banche “devono essere tagliate su misura, per la dimensione e il ruolo di ogni banca” in modo da non soffocare le piccole con un’eccessiva complessità regolamentare – E’ l’esatto opposto di quanto fa la Bce

La Fed e le piccole banche: “Regole proporzionate alle dimensioni”

“Le regole devono essere tagliate su misura, per la dimensione e ruolo di ogni banca”. Lo ha detto il futuro Presidente della Federal Reserve (Fed), la banca centrale degli Stati Uniti, Jerome Powell che prenderà il posto di Janet Yellen la quale, nel prossimo mese di febbraio a scadenza naturale, concluderà il suo mandato.

Powell, designato dal Presidente Donald Trump, sta affrontando, come prevede la procedura, una serie di audizioni davanti al Congresso americano che precedono e confermano la sua nomina. Nell’audizione al Senato sul tema della vigilanza è stato molto chiaro e altrettanto netto: “Non la chiamerei deregulation, però è il momento di fare una pausa e rivedere ciò che è stato fatto. Dobbiamo fare un bilancio e accertarci che quel che stiamo facendo abbia un senso” ha aggiunto Powell che non è né un estremista né l’ultimo arrivato alla Fed.

Al contrario, un repubblicano moderato scelto nella posizione che ricopre attualmente dal presidente democratico Barack Obama, nonché veterano dei vertici della Banca centrale, sempre al fianco della Yellen negli anni del suo mandato. Quindi, persona al di sopra di ogni sospetto, Powell ha anche negato che si debba continuare ancora a parlare di istituti too big to fail, di banche cioè in grado di destabilizzare, con un proprio fallimento, l’intero sistema e per questo destinate ad essere sempre e comunque salvate ad ogni costo.

Si tratta di dichiarazioni importanti alle quali, sempre Powell, ha aggiunto l’annuncio che “continueremo a considerare modalità appropriate per alleggerire il peso delle regole mantenendo le riforme chiave”. La sua biografia e il ruolo che ha ricoperto nella Fed ci confermano che la futura politica regolamentare, ma anche quella monetaria, della banca centrale si snoderà in piena continuità con quella precedente. Del resto già a fine estate –  lo avevamo sottolineato con soddisfazione – la Yellen, facendosi carico del problema dello sviluppo e della crescita economica, aveva fatto trapelare la possibilità di “potenziali aggiustamenti”, anche indipendentemente dal Comitato di Basilea, sul versante regolamentare.

Ad agosto, al meeting economico e finanziario di Jackson Hole, l’Economic Policy Symposium, la Yellen aveva parlato di “cambiamenti finalizzati a ridurre il perimetro delle istituzioni partecipanti, soprattutto le istituzioni più piccole, e un migliore allineamento degli stress test di supervisione con i requisiti di capitale regolamentare” prevedendo misure per ridurre “la non necessaria complessità nella regolamentazione” che riguarda una buona parte di banche.

La scorsa settimana, in quello che probabilmente è stato il suo ultimo intervento al Congresso da presidente della Fed, nell’incoraggiare il Congresso a “prendere in considerazione leggi che possono sostenere la produttività e aumentare la partecipazione alla forza lavoro”, è tornata sul tema della proporzionalità delle regole e lo ha fatto nella convinzione che questo sia un elemento importante perché soltanto risolvendo le cause sottostanti della bassa produttività e della lentezza della crescita della forza lavoro e annoverando tra queste anche il tema dell’accesso al credito, si possa “provocare uno slancio sostenuto della crescita economica”.

Le diversità nel sistema bancario sono, dunque, un dato di diritto e di fatto negli Stati Uniti. Le regole prudenziali, eccessivamente complesse e restrittive, applicate indistintamente a tutti gli istituti di credito – in quel Paese elemento ormai condiviso – distorcono il sistema concorrenziale e aumentano le difficoltà di accesso al credito da parte delle Piccole e Medie Imprese con esiti nefasti sull’intero sistema economico. Il principio della proporzionalità è, dunque, concretamente all’ordine del giorno. Del resto si tratta di banche che operando su scala ridotta e, per questo meno complessa, sono più facilmente monitorabili e, dunque, meno problematiche sul piano della sicurezza.

E’ chiaro negli Stati Uniti – e speriamo presto anche in Europa – che la riduzione del rischio sarà conseguenza della ripresa e della crescita economica e non viceversa. Ma la ripresa bisogna favorirla e non soffocarla sul nascere rendendo difficile, se non impossibile, l’erogazione del credito da parte delle banche che, al contrario, vanno messe nelle condizioni di svolgere il ruolo fondamentale di finanziare e sostenere l’economia reale.

La Fed e la Bank of England si muovono, quindi, all’unisono seguendo due direttrici fondamentali quali la calibrazione delle regole da un lato e crescita e occupazione dall’altro. La BCE segue, al contrario, da lontano con l’intento di imporre regole sempre più restrittive e deflazionistiche che rischiano di frenare crescita e occupazione.

** L’autore è Segretario Generale dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari (Assopopolari)

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