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La crisi politica preoccupa le multinazionali ma non lasceranno l’Italia: cosa rivela la task force di Unindustria 

INTERVISTA AD ALESSANDRA SANTACROCE, direttore di IBM Italia e vicepresidente per le multinazionali di Unindustria Lazio – “La crisi politica crea qualche elemento di instabilità ma non è quello che determina la scelta di investimento delle multinazionali quanto un contesto favorevole che il territorio può fornire”. Cosa chiederanno le multinazionali al nuovo Governo e quanto pesano le sanzioni anti-Russia sulle multinazionali in Italia

La crisi politica preoccupa le multinazionali ma non lasceranno l’Italia: cosa rivela la task force di Unindustria 

Roma e il Lazio non sono solo turismo e Grande bellezza ma anche industria manifatturiera e multinazionali d’avanguardia. Ma qual è il sentiment delle grandi imprese internazionali, da tempo a casa nostra, dopo l’imprevista crisi del Governo Draghi? FIRSTonline lo ha chiesto ad Alessandra Santacroce, Direttore delle Relazioni Istituzionali di IBM Italia e vicepresidente per le multinazionali e i mercati esteri di Unindustria Lazio, la seconda maggiore associazione territoriale di Confindustria. Il Lazio è infatti una delle regioni italiane che vanta il maggior numero di multinazionali che giocano indubbiamente un importante ruolo trainante per l’economia del territorio. “Favorire la permanenza e incrementare gli investimenti delle multinazionali presenti sul territorio rappresenta senz’altro la spinta più efficace per attrarre nuovi capitali” spiega Santacroce che ricorda come l’apposito Gruppo Tecnico sulle multinazionali di Unindustria, una specie di task force, agisce con tre obiettivi molto chiari: un’azione di retention e la promozione di politiche per l’attrattività, l’identificazione di un modello di customer care, lo studio di benchmark internazionali di riferimento e, non da ultimo la comunicazione. “Spesso – dice ancora Santacroce – l’importante ruolo economico e sociale delle multinazionali non viene percepito e, anzi, gli effetti di una reputation spesso non favorevole tendono a dequalificarne l’importanza. Il nostro obiettivo è proprio quello di trasferire dalla viva voce delle multinazionali, il valore aggiunto della loro presenza sul territorio ed il patrimonio che queste rappresentano. Raccontare le multinazionali e far entrare i cittadini all’interno delle loro realtà attraverso le parole dei protagonisti, dai direttori di stabilimento ai responsabili delle relazioni esterne ed al management, può essere sicuramente un modo per ridurre la distanza che spesso si genera tra società civile e questi “colossi industriali” che dovremmo percepire sempre di più come “giganti buoni” in grado di generale know how e ricchezza per il nostro territorio”. Ma ecco l’intervista.

Dottoressa Santacroce, una recente ricerca del Centro Studi di Unindustria ha segnalato che il 23% del fatturato del Lazio arriva dalle multinazionali della regione che sono un vero motore di crescita, ma da qualche giorno l’Italia è sprofondata nella più incredibile delle crisi di governo che può avere effetti economici, finanziari e industriali destabilizzanti: come vivono questa imprevista novità le multinazionali del Lazio? C’è il rischio che possano ripensare i loro programmi di investimenti nel Lazio e in Italia?

“Chiaramente gli effetti del nuovo scenario politico creano qualche elemento di instabilità; tuttavia, non è quello che determina la scelta di investimento delle multinazionali quanto un contesto favorevole che il territorio può fornire. Consideriamo quella attuale una situazione di passaggio, la vera sfida è creare una condizione di attrattività degli investimenti e di customer care per le multinazionali già presenti sul territorio che non sia legata alla mutevolezza degli scenari politici. Quello che ci occorre è l’identificazione di un modello di attrattività del territorio che sia il risultato di una visione di politica industriale a medio-lungo termine, indipendente dal mutamento degli scenari politici, solo così potremmo garantire un buon livello di credibilità”.

Al nuovo governo che uscirà dalle elezioni politiche del 25 settembre che cosa chiederanno le multinazionali? È più importante una giustizia che funzioni, una burocrazia al servizio dei cittadini e delle imprese, una riforma del fisco o un mercato del lavoro che favorisca l’incontro tra domanda e offerta?

«Aggiungerei anche i talenti. Il combinato disposto tra tutti questi elementi rende possibili e favorevoli le condizioni di investimento e determina le scelte delle multinazionali. Tutti questi fattori concorrono a identificare la vera leva per rendere attrattivo un territorio: certezza dei tempi, delle procedure e capacità di stimare i costi. Non ci sono delle priorità o delle classifiche, si tratta di tutti elementi imprescindibili alla competitività di un territorio».

In che cosa consiste il progetto Customer Care che avete lanciato a livello regionale per venire incontro alle esigenze delle multinazionali?

«Il progetto parte dall’assunto che per favorire il proliferare di nuovi investimenti bisogna partire dalla cura e dall’attenzione nei confronti di chi in questa regione ha creduto e dunque dalle multinazionali già presenti. Una appropriata conoscenza di quanto esiste già sul territorio, un’assistenza più attenta che favorisca l’insediamento e le possibili espansioni in raccordo tra tutti gli enti interessati per superare l’ostacolo burocratico, ma soprattutto un gioco di squadra tra Istituzioni, la Regione Lazio nello specifico, e sistema delle imprese, sono alla base del progetto. Il nostro obiettivo è, in sintesi, facilitare la vita delle multinazionali sul territorio affinché possano continuare ad investire e a creare valore ed occupazione qualificata».

Come si spiega il fatto che nel Lazio il valore aggiunto delle multinazionali sia addirittura più alto di quello di altre zone industriali del Paese? La realizzazione di Rome Technopole o l’eventuale successo della candidatura di Roma per l’Expo 2030 potrebbero fare da volano per attrarre altre multinazionali?

«Il contesto laziale si è mostrato nel tempo favorevole in particolare per il livello qualificato di conoscenze e competenze che ha caratterizzato l’insediamento di multinazionali in settori ad alto livello di specializzazione come il farmaceutico, l’automotive, l’ICT e l’aerospazio. Indubbiamente la realizzazione del Rome Technopole non può che favorire questo contesto positivo e va esattamente nella direzione richiesta dalle multinazionali che da questo territorio si aspettano conoscenze e competenze di valore. La candidatura di Roma ad Expo rappresenta poi chiaramente un ulteriore elemento di promozione del territorio, favorendo la collaborazione tra diversi soggetti per competere, in un palcoscenico che vedrebbe i riflettori puntati su Roma. Va infatti rimarcato come la presenza della Capitale nella regione rappresenta un vantaggio competitivo, ma soprattutto il senso di una sfida che parte da Roma e dalla Regione Lazio a beneficio dell’Italia».

Come stanno pesando le sanzioni della Ue contro la Russia sull’export e più in generale sull’attività delle multinazionali nel Lazio?

«Tra le pesanti conseguenze di questo scenario di guerra che ormai si protrae da mesi c’è sicuramente il grande tema dei costi dell’energia. Un costo per tutta la nostra economia, sulle famiglie e sulle aziende di tutte le dimensioni. Nel caso delle multinazionali, l’impatto è particolarmente sentito tra le aziende manifatturiere che hanno visto lievitare i costi. Lo scenario di incertezza e di crisi sta anche impattando sulle supply chain su scala globale, in ragione dei nuovi scenari geopolitici che ridisegnano nuovi perimetri economici di riferimento. È prevedibile un riorientamento strategico nelle scelte delle aziende multinazionali, ma sempre in un’ottica di sana competizione internazionale. Probabilmente, le imprese adotteranno aggiustamenti nelle loro strategie di produzione. Ad esempio, mantenendo maggiori scorte di beni critici, come le forniture mediche. È possibile che si verifichi un limitato reshoring, soprattutto guidato dal costo della manodopera in alcuni hub produttivi, accentuato dalla crisi. Tuttavia, l’impressione è che le motivazioni economiche fondanti le catene globali del valore continuano a sussistere e che “l’elemento guida” nella ricollocazione futura delle stesse, farà riferimento non a una ormai impossibile nazionalizzazione delle produzioni, quanto ad una riallocazione basata su valori comuni».

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