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La cessione de “La Stampa” chiude un’epoca e apre nuovi orizzonti con “L’Espresso”

Grazie ai giovani John Elkann e Rodolfo De Benedetti matura un progetto editoriale che, come ultimo amministratore delegato di Itedi e de La Stampa nominato dall’avvocato Agnelli, avevo elaborato dieci anni fa ma che la morte di Gianni e Umberto Agnelli non permise di attuare – Cambiano i protagonisti ma l’ispirazione è sempre quella dell’Avvocato: difendere un’informazione pluralista e di qualità quale presidio indispensabile di un sistema democratico ben funzionante.

La cessione de “La Stampa” chiude un’epoca e apre nuovi orizzonti con “L’Espresso”

La cessione della società editrice de La Stampa da parte della Fiat è forse più di ogni altro segnale, la testimonianza della fine di un’epoca e dell’apertura di una diversa fase della storia economica di questo paese. Sono finiti i salotti buoni, i poteri forti non ci sono più, si attenuano i legami, a volte perversi, tra capitani d’industria e politica. Ormai bisogna navigare in mare aperto, affrontare il mondo se si vuole prosperare.

L’ingresso degli imprenditori nei giornali era stata la conseguenza delle strette relazioni con i palazzi della politica e della necessità di controllare una fetta di opinione pubblica in una società profondamente divisa politicamente e socialmente. La Fiat era entrata ne La Stampa su indicazione di Mussolini, ma nel secondo dopoguerra aveva fatto del giornale un baluardo della cultura liberale di fronte all’invadenza delle culture anti-mercato sia dei cattolici che dei comunisti. L’Avvocato Agnelli è stato per tutta la sua vita il tutore dell’autonomia giornalistica quale elemento fondante di una società liberale.

Il giornale è stato sempre protetto rispetto agli interessi immediati della stessa Fiat in nome di una concezione più elevata del ruolo della libera informazione. Il possesso de La Stampa era ritenuto un “dovere civico”, un modo per mantenere una società aperta e pluralista, e non uno strumento di potere come invece altri imprenditori hanno cercato di fare. Ora l’Italia, al di là dei rigurgiti leghisti e grillini, è saldamente ancorata al contesto europeo ed internazionale. Le vecchie ideologie politiche sono superate. L’occupazione da parte della politica di tutti gli spazi della società civile non è più possibile.

L’informazione può e deve cercare un proprio ruolo autonomo nel mercato. Certamente la crisi delle vendite e della pubblicità ha accelerato questo processo di cambiamento spingendo verso la ricerca di sinergie da concentrazione. La fusione con il Gruppo Espresso-Repubblica serve non solo a razionalizzare i costi, ma anche a rendere possibili gli investimenti nelle nuove tecnologie ed accelerare il processo di trasformazione delle modalità di elaborazione e diffusione delle informazioni superando i vecchi schemi che il pubblico ormai rifiuta.

Sono stato l’ultimo amministratore delegato della Itedi e de La Stampa nominato dall’Avv. Agnelli un mese prima della sua scomparsa. La missione era quella di risanare i conti del giornale che già nel 2002 perdeva qualche milione all’anno, mantenendolo come una voce importante e qualificata nel panorama dell’informazione nazionale. La crisi a quell’epoca venne rapidamente superata grazie anche alla ripresa economica che prese forza a metà del decennio, ma si capiva chiaramente che dal punto di vista strategico non sarebbe stato possibile mantenere le posizioni restando da soli, in un panorama editoriale che comprendeva due grandi gruppi come il Corriere della Sera e la Repubblica e soprattutto vedeva uno strapotere della televisione che drenava la maggior parte della pubblicità.

Internet non c’era ma si cominciava ad intravedere all’orizzonte la necessità di investire anche in questo campo. Elaborai un piano per una fusione con il Secolo XIX di Genova (con un calcolo preciso dei vantaggi economici) che poi poteva estendersi al Gazzettino (non ancora di Caltagirone) e se possibile ai giornali di Bologna e Firenze. Il piano si basava sulla perdita del controllo da parte della Fiat e quindi sulla possibilità di creare un Gruppo posseduto da molti azionisti ed a sostanziale giuda manageriale. Allora non se ne fece nulla per l’improvvisa scomparsa di Umberto Agnelli che due anni prima era succeduto al fratello alla guida della Fiat, ed al quale l’idea era piaciuta.

Ora a più di dieci anni di distanza i nodi sono venuti al pettine. Lo scorso anno è stata fatta la fusione di il Secolo XIX, ora si avvia l’intesa con Repubblica. Questa fusione comporterà non solo l’uscita della Fiat dal giornale di famiglia (e poi il probabile abbandono anche del Corriere della Sera), ma anche l’avvio di una trasformazione del Gruppo Espresso finora strettamente legato alla
famiglia De Benedetti, ma che in futuro sarà probabilmente sempre meno legato all’anziano “patron”. John Elkann e Rodolfo De Benedetti, si distaccano con coraggio dalla filosofia “proprietaria” dei padri e dei nonni. Cercano strade nuove. Ma l’ispirazione di fondo è sempre quella di Gianni Agnelli: mantenere una informazione pluralista e di qualità quale presidio indispensabile di un sistema democratico ben funzionante.

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