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Juncker: investimenti fuori dai vincoli di bilancio

I contributi dei paesi al Piano Junker non saranno conteggiati ai fini del Patto di stabilità – Il Consiglio europeo “prende atto” della posizione favorevole della Commissione – Merkel prudente.

Juncker: investimenti fuori dai vincoli di bilancio

Via da giugno al piano Juncker che dovrebbe riuscire a mobilitare 315 miliardi; sostegno (parziale) allo scomputo delle risorse destinate al nuovo “Fondo europeo per gli investimenti strategici” dai parametri di bilancio del Patto di Stabilità; ok al pagamento rateizzato del contributo aggiuntivo al bilancio Ue legato alle nuove modalità di calcolo dei conti pubblici. Queste le conclusioni del Consiglio europei andato in scena ieri a Bruxelles. 

LO SCOMPUTO DEGLI INVESTIMENTI

La novità più importante, soprattutto dal punto di vista italiano, è la seconda. Il passaggio fondamentale delle conclusioni formali del vertice è quello in cui, dopo aver ricordato che “il Fondo europeo per gli investimenti strategici (creato nell’ambito del nuovo piano Juncker, ndr) sarà aperto ai contributi degli Stati membri”, si aggiunge che “il Consiglio europeo prende atto della posizione favorevole espressa dalla Commissione riguardo a questi contributi di capitale nel quadro della valutazione delle finanze pubbliche ai sensi del Patto di stabilità e di crescita, necessariamente in linea con la flessibilità insita nelle norme vigenti del Patto”.

La traduzione arriva direttamente da Jean Claude Juncker: “Se a causa dei contributi al Piano di investimenti strategici un Paese andrà oltre i vincoli del Patto di stabilità – ha chiarito il presidente della Commissione –, questo superamento non sarà preso in considerazione quando valuteremo la situazione delle finanze pubbliche di quel Paese. Il Consiglio europeo ha preso nota di questo della Commissione e lo ha apprezzato. E io confermo interamente la posizione della Commissione di neutralizzare i contributi nazionali ai fini del rispetto dei vincoli del Patto”. 

Da Juncker sembra arrivare una cauta apertura anche per quanto riguarda gli investimenti pubblici nazionali, che da tempo l’Italia chiede ugualmente di scorporare dal calcolo di deficit e debito (in particolare per i co-finanziamenti dei progetti sostenuti dai fondi Ue di coesione): “Torneremo su questo nella comunicazione sulla flessibilità che la Commissione presenterà a gennaio, sapendo – ha detto – che gli Stati membri sono già d’accordo per neutralizzare i contributi nazionali al Fondo per gli investimenti strategici”.

Il testo delle conclusioni “è naturalmente un documento di compromesso”, ma “il riferimento alla flessibilità a noi va benissimo – ha commentato Matteo Renzi –, siamo stati anni a chiedere di inserire la parola flessibilità. Il punto è che nel documento si richiama con chiarezza il parere favorevole espresso dalla Commissione. E noi abbiamo voluto sottolineare con grande forza, di fronte a una tesi che voleva cancellare il riferimento all’espressione ‘favorevole’, che lo scomputo degli investimenti dal Patto di stabilità è un giudizio che non diamo noi, ma che dà la Commissione”.
“Io lo considero un fatto positivo, e sono grato a Jean-Claude per questa valutazione, sono grato alla sua Commissione: per la prima volta – ha sottolineato il presidente del Consiglio – si dice chiaramente che gli investimenti, quelli giusti, quelli approvati, quelli che hanno un senso per il futuro dell’Europa, sono scomputati dal Patto di stabilità. Lo ritengo – ha concluso il Renzi – un piccolo passo avanti per l’Italia e un grande passo avanti per l’Europa”.

Stando al racconto di una fonte europea, la cancelliera Angela Merkel ha fatto di tutto per togliere dal testo delle conclusioni finali il riferimento alla posizione “favorevole espressa dalla Commissione” sui contributi di capitale degli Stati nel quadro della valutazione delle finanze pubbliche. Poi ha cercato di far inserire una formulazione sugli elementi di flessibilità permessi dalle regole del Patto di Stabilità. Merkel ha affermato quindi che i contributi nazionali al nuovo fondo per gli investimenti “devono avvenire nell’ambito del Patto di stabilità, con la flessibilità prevista”.

IL PIANO JUNCKER

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi) nasce nell’ambito del piano Juncker, che dovrebbe arrivare a mobilitare 315 miliardi di euro nel 2015-2017. I Paesi possono contribuire, anche se finora nessuno si è impegnato a farlo, perché tutti vogliono prima vedere i dettagli (soprattutto il tipo di progetti che saranno finanziati) e la Commissione li presenterà a gennaio: “La Commissione presenterà una proposta a gennaio 2015, che il Consiglio è chiamato ad approvare entro giugno, in modo che i nuovi investimenti del piano Juncker possano essere attivati al più presto a metà 2015?. L’unica dotazione certa, al momento, è quella in arrivo dalla Bei, che utilizzerà 21 miliardi per emettere obbligazioni e raccogliere sul mercato (quindi dai privati) fondi per un totale di 60 miliardi.

LE RATE

Dopo l’aggiornamento del ricalcolo del reddito nazionale lordo dei Paesi da parte di Eurostat, il Regno Unito dovrà versare alle casse comunitarie 2,1 miliardi di euro, mentre l’Italia 400 milioni. I Paesi hanno chiesto di poter saldare il debito a rate anziché in un’unica soluzione e il Consiglio europeo ha accordato questa richiesta.

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