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Job revolution, come cambia il mondo del lavoro: da Facebook a Virgin e non solo

Dal congelamento degli ovuli a spese di Apple e Facebook, all’abolizione dell’obbligo di recarsi in ufficio previsto dalal Virgin e da Microsoft – Tutte le novità dal mondo del lavoro che fanno discutere di problemi non solo economici e sociali ma anche morali ed etici – In Italia settimana cruciale per il Jobs Act alla Camera

Job revolution, come cambia il mondo del lavoro: da Facebook a Virgin e non solo

Per il cammino parlamentare del Jobs Act questa settimana sarà cruciale perchè in Commissiione Lavoro della Camera, dove i sindcalisti ex Cgil rappresentano la maggioranza dle gruppo Pd, si comincerà a capire che aria tira e se la discussione potrà essere costruttiva o costringerà il governo Renzi a ricorrere ancora una volta al voto di fiducia. Ma il mondo non aspetta l’Italia e le novità che arrivano dal mondo del lavoro nelle aziende più avanzate si rincorrono.

E’ di pochi giorni fa, anche se pronosticata da tempo, la notizia che Apple e Facebook hanno proposto di farsi carico delle spese di congelamento degli ovuli per le loro dipendenti. Tim Cook e Mark Zuckemberg pagheranno le spese per i trattamenti di fertilità così come quelle per l’adozione. La copertura garantita dalle società americane si attesta sui 20mila dollari. Abbastanza, considerando che servono due cicli di raccolta con costi dai 7 a 12mila dollari l’uno, a cui bisogna aggiungere le tariffe per la conservazione in azoto liquido, che possono costare dai 500 ai 3-4mila dollari l’anno. La proposta, messa in agenda anche da aziende del calibro di Citigroup e Microsoft, ha come obiettivo quello di consentire alle donne le stesse opportunità di carriera garantite per natura ai colleghi maschi. Le dipendenti di queste società potranno, infatti, scegliere di congelare i loro ovuli e rinviare la maternità a un periodo della vita meno oberato dalle pressioni di una carriera nascente. Le critiche sono importanti, e scomodano problematiche di carattere etico, se non religioso. Tante le rimostranze del mondo cattolico, così come tante sono state le testimonianze di donne che “ce l’hanno fatta” avendo sostenuto una o più gravidanze nel momento iniziale della loro carriera. Ma l’iniziativa di Apple e Fecebook segna un salto di qualità.

Altra innovazione, che certamente solleva problemi etici di minor entità rispetto alla novità esposta sopra, è quella avanzata dalla Virgin di Richard Branson e da Microsoft, nella sua divisione tedesca. La società di Redmond che ha abolito l’orario di lavoro fisso già dal 1998, ora inaugura un’altra rivoluzione: non sarà più necessario per i suoi dipendenti tedeschi recarsi in ufficio e sedersi alla scrivania tutte le mattine. Si potrà lavorare da qualsivoglia luogo, che sia un pub, il divano di casa, una panchina del centro città, l’ombra di un albero nel parco preferito. “La presenza fisica in ufficio non dice nulla sulla qualità delle prestazioni dei dipendenti. Al contrario, spesso fornisce una falsa immagine” – spiega il direttore del personale di Microsoft Germania, Elke Frank. Da dove si svolge il lavoro non è importante, i risultati sono l’unica cosa che conta per i dipendenti tedeschi della Microsoft. Come dire, i mezzi non sono il discrimine per giudicare il fine. Ovviamente le critiche sono arrivate da più fronti, le più insistenti da parte dei sindacati che rivendicano la pericolosità di una deriva simile. Troppa flessibilità, secondo loro, può nascondere una deviazione nello sfruttamento. Essere chiamati a qualsiasi ora del giorno e della notte sarà un necessario effetto collaterale di una rivoluzione che sembra comunque avere molti aspetti positivi. E la riposta dei dipendenti sarà ciò che più vale.

In Italia innovazioni simili sono purtroppo una chimera. Da noi, quando si parla di lavoro si sta parlando necessariamente di disoccupazione al 12.3%,  e di disoccupazione giovanile al 44.2%. Significa parlare di Job’s Act, di Articolo 18, dei diritti a rischio di chi il lavoro già ce l’ha e dei pochi di chi ancora non sa dove cercarlo. Non c’è ancora da discutere sull’essere pro o contro l’abolizione dell’articolo 18, favorevole o contrario all’introduzione delle tutele crescenti rispetto ai contratti a tempo determinato, ai Cocopro e ai Cococo. C’è da chiedersi, invece perché noi ci stiamo ponendo problemi che nel resto del mondo o non sono mai nati o sono stati risolti da tempo. C’è da chiedersi, sicuramente, perché nel resto del mondo si pensa a un futuro che solo pochi anni fa potevamo immaginare al cinema e che ora sta prepotentemente divenendo realtà, mentre qui si discute di regole vecchie di mezzo secolo.  Noi invece siamo nel plotone di coda.

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