Un’intesa a quattro per la creazione di super-hub del gas. È questo l’obiettivo della missione appena conclusasi di Claudio Descalzi a Gerusalemme. Coinvolgendo anche Cipro – dove il Ceo di Eni è già volato a settembre – ed Egitto, l’uomo al vertice del Cane a sei zampe vuole realizzare un progetto che, partendo dal Mediterraneo orientale, potrebbe allargarsi alla sicurezza energetica continentale, in primis a quella dei Paesi della sponda nord del Mediterraneo.
E c’è già chi scommette che, nel lungo periodo, questo nuovo scenario potrebbe anche lanciare una sfida ai giganti russi, principali fornitori di gas all’Europa.
Guardando la mappa di questo mare, Descalzi immagina di disegnarci un hub in grado di ricevere gas da diverse nazioni della zona per poi portare tutta la materia prima a Damietta, dove Eni controlla gli stabilimenti di liquefazione della spagnola Union Fenosa.
Una volta liquefatto, il gas potrebbe arrivare via nave in Italia, e da qui potrebbe essere smistato in Europa.
La scoperta del giacimento di Zohr
Quello di Descalzi è un progetto che può già contare sull’intesa e sui buoni rapporti tra Benjamin Netanyahu e Matteo Renzi evidenziati dalla cordialità del loro incontro a fine agosto a Firenze.
In quella occasione i due leader avevano parlato di cooperazione in ambito energetico, lasciando però da parte le questioni affrontate invece in questi giorni da Descalzi che negli ultimi mesi ha spinto il piede sull’acceleratore.
Dopo la recente scoperta, da parte di Eni, del mega giacimento egiziano di Zohr – stimato in 850 miliardi di metri cubi – sono settimane che il Cane a sei zampe si pregusta i successi che la realizzazione di questo hub potrebbe garantire.
L’Egitto, che dovrà ancora aspettare un paio di anni per toccare con mano i vantaggi derivanti da questa scoperta, sembra per ora intenzionato a sfruttare il gas in arrivo soprattutto per soddisfare il suo crescente fabbisogno interno.
Nel 2014, il Cairo è infatti passato dal club dei paesi esportatori a quello degli importatori. Declassamento difficile da digerire, soprattutto se si pensa che per tenersi in vita, negli ultimi anni l’Egitto si è dovuto rivolgere allo stato ebraico, al quale per decenni ha svenduto importanti quantità di gas, invertendo quindi la rotta del tanto discusso gasdotto che fino al 2012 aveva portato gas a Israele e Giordania.
Il gas egiziano sgonfia le ambizioni di Israele
Oltre all’Egitto c’è però Israele che potrebbe essere interessato a utilizzare l’hub voluto da Descalzi per esportare il gas naturale che produce nei giacimenti di Leviatano e Tamar. Il tutto grazie a un gasdotto sottomarino capace di raggiungere gli stabilimenti di liquefazione di Damietta, prima di arrivare in Europa.
Nel farlo cercherebbe di seguire due rotte di esportazione: quella egiziana e quella turca. Mentre la seconda è complicata dai delicati rapporti con Ankara, la prima è facilitata dalla collaborazione sempre più stretta – soprattutto sulla sicurezza dei confini lungo la Striscia di Gaza – con l’Egitto dell’ex generale, ora presidente, Abdel Fattah Al-Sisi.
Stando a una lettera di intenti firmata lo scorso anno dal Cairo e Noble e Delek -compagnie al vertice del consorzio di Leviatano e Tamar – l’Egitto si aspettava di ricevere da Israele 68 miliardi di metri cubi di gas nell’arco dei prossimi 15 anni. La scoperta di Zohr potrebbe mescolare le carte in tavola.
Quest’ultima ha infatti rivoluzionato lo scenario strategico ed energetico di Israele, Paese che ora rischia di perdere il suo cliente più sicuro, il Cairo, e di dover rivedere al ribasso i prezzi che in questi anni era convinto di potere dettare. Basta pensare al crollo in borsa subito dagli israeliani di Delek e dai texani di Noble Energy dopo la notizia della scoperta dei giacimenti egiziani.
Italia assetata di gas
Ed è anche per questo che Netanyahu ha fatto capire che sarà pronto a scendere in campo personalmente per trattare con Eni l’assegnazione delle licenze di esportazione. Ma al momento la situazione è ancora in fase di stallo, anche a causa di un acceso dibattito interno al governo israeliano proprio su queste questioni.
Il ministro dell’Energia, Yuval Steinitz, è stato infatti accusato pubblicamente dal suo collega Aryeh Deri, a capo del dicastero dell’Economia, di una vera debacle in termini d’intelligence economica. Secondo Deri, infatti, Israele era totalmente all’oscuro del positivo risultato delle ricerche esplorative egiziane relative al giacimento Zohr e si è fatto, così, cogliere impreparato.
Ecco perché anche se Netanyahu e Descalzi hanno “convenuto che alla luce della crescente domanda di gas naturale nella regione è necessario esplorare ulteriori possibilità di cooperazione, compreso lo sviluppo congiunto o il trasporto di gas naturale a diversi clienti”, lo sbocco di un’alleanza energetica tra Israele ed Egitto sembra al momento difficile.
I passaggi da superare non sono pochi, ma se si arriverà in fondo, Eni esporterà in Europa il gas dei giacimenti israeliani e ciprioti. Considerando solo i giacimenti scoperti nel 2013, nel bacino di Tamar si stimano 282 miliardi di metri cubi, (mld mc), mentre in quello di Leviatano 536 mld mc.
Non sazia, l’Italia – che ogni anno si scola circa 70 mld mc di metano – guarda anche anche altri giacimenti. Già Descalzi non esclude di includere nel progetto di questo hub la Libia, paese che ha grandi potenzialità di sviluppo sulla base delle recenti scoperte nell’offshore.
E lungo lo stivale c’è anche chi guarda i giacimenti israeliani minori. Basta pensare all’attività di Edison che per guadagnare quote importanti del mercato interno tiene sott’occhio i giacimenti di Karish e Tanin.