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“Investire nel cinema è un modo per premiare l’immagine italiana all’estero”

INTERVISTA A MARIO TOZZI (presidente Anica) – “Gli italiani preferiscono i film prodotti nel nostro Paese piuttosto che all’estero. Quindi c’è ampio spazio per aumentare l’offerta, ma c’è bisogno di più capitale di rischio”. In parallelo al Festival del Cinema di Roma, banche e imprese discutono risultati e sfide per l’industria del grande schermo.

“Investire nel cinema è un modo per premiare l’immagine italiana all’estero”

Il cinema italiano può di nuovo sfilare a testa alta sui tappeti rossi di tutto il mondo. Dopo il crollo vissuto negli anni ’90, in cui si sono prodotti pochi film e di scarsa qualità, a partire dagli anni 2000 l’industria cinematografica italiana ha sperimentato una crescita notevole: nel 2008 erano attive sul territorio 6.120 imprese che hanno generato un fatturato di 5,7 miliardi di euro. “Nel mondo i francesi continuano a essere i maggiori ammiratori dei nostri film, ma anche a Londra, a Toronto e in Israele non si sono mai viste tante pellicole italiane come negli ultimi anni”, ha detto a FIRSTonline Mario Tozzi, presidente di Anica, a margine del convegno che ha aperto il Mercato del Festival internazione del Film di Roma.

L’associazione delle banche italiane, Abi, l’Associazione nazionale di Confindustria per le industrie cinematografiche e Unindustria, che rappresenta le imprese nel Lazio hanno sottolineato l’esito positivo delle recenti politiche di sviluppo nell’industria cinematografica. “Progressivamente abbiamo rinunciato al fondo assistenziale, per intraprendere un cammino verso un sistema di mercato”, ha spiegato Tozzi. Infatti nel 2004 l’investimento pubblico diretto ammontava a circa il 33% dell’investimento totale, nel 2010 la stessa voce è stata solo l’11,5%.

Lo strumento che ha permesso questa apertura al mercato è stato il Tax credit, che consente a chi investe nel settore di avere un credito di imposta pari al 40% (con un tetto massimo per una singola imprese di 2,5 milioni di euro). Ma si è dimostrato utile soprattutto per le imprese interne al settore mentre è stata meno efficace la ricezione da parte di banche e imprese esterne all’industria del cinema. Le asimmetrie informative tra il mondo delle banche e quello del grande schermo sono ancora elevate e gli istituti di credito non sono ancora in grado di valutare i rischi di un investimento nel cinema. “L’industria cinematrografica ha bisogno di capitale di rischio ma le banche, ha detto il presidente di Anica, non hanno concesso investimenti coraggiosi sufficienti”.

Lo stesso problema è stato notato dal direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, che ha espresso la sua volontà nel fare in modo che le banche e il cinema trovino un terreno comune sul tema dello scambio di informazioni. Ha dichiarato a FIRSTonline che “questo è il momento giusto per investire nel made in Italy e nei settori d’eccellenza del nostro Paese e il cinema è uno di quelli. Sopratutto se le banche iniziano a valutare questi investimenti anche in termini di diffusione della cultura e dell’immagine dell’Italia all’estero”.

Infine bisogna notare che nel 2010, se da una parte sono diminuite le entrate in generale per gli esercizi cinematografici, è aumentato il numero di film italiani prodotti (72 nel solo primo semestre 2011), l’incasso generato attraverso pellicole made in Italy (+41,4% rispetto al primo semestre 2010) e soprattutto è aumentata la quota di mercato dei nostri film rispetto a quelli stranieri (+44%, sempre rispetto ai primi 6 mesi dello scorso anno). “Questi dati mostrano che gli italiani preferiscono il nostro cinema e che c’è spazio per aumentare l’offerta”. Bisogna crescere e investire di più: questa è anche l’unica ricetta per dare più spazio ai giovani, “altrimenti lo spazio rimane a chi ce l’ha già”.

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