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Invesco: pubblicato l’outlook per il secondo trimestre

Il permanere della crisi del debito nell’Eurozona, la stentata ripresa americana e le prospettive di rallentamento dell’economia cinese sono i principali grattacapi per gli operatori, che attenderanno una definizione più chiara del ciclo economico sottostante per prendere posizioni più decise.

Invesco: pubblicato l’outlook per il secondo trimestre

Nel secondo trimestre dell’anno aspetti contrastanti continueranno a dominare lo scenario economico globale. Gli investitori attenderanno lo schiarirsi delle tendenze economiche principali per prendere decisioni nette sui mercati, finora all’insegna della volatilità. Le oscillazioni valutarie continueranno, quindi, a rispecchiare le preoccupazioni di fondo. Gli operatori andranno alla ricerca del rendimento, soprattutto nel settore obbligazionario privato, oppure optando per azioni con elevati dividendi e chiare prospettive rialziste e fondi immobiliari che garantiscano flussi stabili. E’ il verdetto di John Greenwood, capo economista di Invesco Ltd.

Il permanere della crisi finanziaria nell’Eurozona continuerà a costituire il problema maggiormente sentito dagli operatori, e le possibili tensioni sul mercato del petrolio costituiscono il secondo aspetto critico. Il costante rallentamento dell’economia cinese e la stentata ripresa americana chiudono un quadro in cui i timidi segnali di risveglio statunitense non sono sufficienti a controbilanciare l’incertezza che domina i mercati. 

Negli Stati Uniti il mercato del lavoro è in ripresa tendenziale, ma la fiducia dei consumatori, attestatasi nell’ultima misurazione a 69,2, è ancora ampiamente al di sotto della soglia “normale” pari a 94. Le attività manifatturiere e non manifatturiere hanno reagito positivamente, sintetizzate da indici ISM rispettivamente pari a 53,4 e 57,3, a testimonianza di una ripresa “sana” e autosufficiente, purchè lenta.

Ancora sotto tono i prezzi degli immobili: nonostante siano in costante calo e il varo di programmi federali anti-pignoramento, la domanda non riesce a riprendersi. Il bilancio prevede, per il 2013, un rapporto deficit/Pil del 5,5%, lasciando intravedere un possibile revival delle tensioni andate in scena la scorsa estate, dovute all’innalzamento del tetto del debito. Per quanto concerne la politica monetaria della Federal Reserve, non sono in vista imminenti programmi di allentamento quantitativo. Greenwood prevede che l’attuale fase di rialzo possa proseguire, ma rimanendo di entità modesta: crescita del Pil in termini reali pari al 2,1% e inflazione IPC in diminuzione all’1,4%.

Gli Stati Uniti, a differenza dell’eurozona, contengono la spesa pubblica su livelli finora accettati dai mercati (40% del Pil), perchè possono contare su una moneta-riserva di valore dal prestigio indiscusso. Prima o poi, però, i mercati finanziari inizieranno ad “esigere un approccio più rigoroso”. E’ la fotografia della situazione europea.

Nell’eurozona le LTRO architettate dalla BCE hanno avuto un ruolo importante nello spegnere – nel breve termine – le tensioni sui debiti sovrani, ma il “Quantitative Easing” all’europea, misurato in termini netti (502 miliardi di euro), risulta una panacea di durata molto limitata. Nel settore bancario, il risanamento patrimoniale è ancora indietro sulla tabella di marcia mondiale, ma anche qui il rifinanziamento a lungo termine della Banca Centrale ha promosso gli acquisti di titoli sovrani da parte degli istituti di credito, spinti anche dalle raccomandazioni dell’EBA sui requisiti patrimoniali. Evento principale della regione è stato lo swap dei titoli greci, che ha consentito una riduzione dello stock di debito pari a 105 miliardi, con svalutazione dei titoli, in termini di valore di mercato, del 70%.

Secondo Greenwood i mercati finanziari continueranno a preoccuparsi del rischio-Grecia e dell’elevata “possibilità che si rendano necessarie ulteriori operazioni di swap per ridurre ulteriormente il debito residuo”. In un’ottica futura, sarà fondamentale “la capacità delle banche di rispettare il requisito di capitale Core Tier 1 del 9% previsto dall’EBA entro fine giugno”. In tal senso, la raccolta dovrebbe salire a 115 miliardi di euro, cifra ancora molto lontana dall’essere raggiunta. Sul fronte credit crunch, lo spostamento dei portafogli bancari dai crediti al settore privato a quello pubblico determina un blocco – ancora persistente – del credito all’economia reale. Tale posizione difensiva degli istituti verrà mantenuta per tutto il 2012, amplificando la recessione dell’eurozona: si prevede una crescita negativa, per l’unione monetaria, dello 0,3%, con inflazione IPC al 2,1%.

Nel Regno Unito, continua Greenwood, “Poiché l’erosione del reddito personale dovuta a un tasso d’inflazione sorprendentemente forte è stato il principale motivo delle scarse performance registrate dall’economia britannica nel 2011, l’andamento dell’inflazione sarà un elemento cruciale ai fini della ripresa della crescita economica nei prossimi due anni. L’inflazione ICP è già scesa dal 5,2% di settembre al 3,4% in febbraio e mi aspetto un’ulteriore flessione – tranne in caso di conflitto con l’Iran – al 2% entro fine anno (il 2,3% a livello annuo). La recessione nell’Eurozona unita a un crescita moderata negli USA limiterà la crescita del PIL allo 0,6% nel 2012.”

In Cina, nonostante le dichiarazioni del premier Wen Jiabao di un rallentamento al 7,5% nel 2012 – giustificate dalla volontà di raffreddare la domanda interna – Greenwood prevede una crescita del Pil reale dell’8,2%, con un’inflazione ICP del 3%, ancora al di sotto del 4% fissato dalla Banca Centrale.

Il Giappone è ancora alle prese con le conseguenze dello tsunami, in un contesto di stagnazione della crescita che ha origini nel passato. La chiusura delle centrali nucleari e il conseguente aumentato fabbisogno di import energetico hanno dimezzato il surplus delle partite correnti. Il Pil reale si è contratto dello 0,6% nel quarto trimestre del 2011, fatto che una diminuzione della spesa mensile delle famiglie pari a 2,3 punti percentuali su base annua in gennaio. L’indebolimento dello Yen, associato ai rincari del petrolio e della bolletta elettrica eroderanno ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie, spostando l’ago della bilancia dalla deflazione a una lieve inflazione, pari allo 0,2%. Il Pil, secondo Greenwod, crescerà del 2,1%.

In Asia, le previsioni di consensus per inflazione e PIL reale nel mese di marzo vedono, rispettivamente, PIL reale e inflazione ICP al 4,0% e al 3,3%.

Per quanto riguarda le materie prime, nota Greenwood, “Da ottobre fino a febbraio, i prezzi delle commodity si sono rafforzati in linea con le quotazioni azionarie, ma successivamente sono stati teatro di un’ondata di vendite. I prezzi agricoli e dei generi alimentari sono rimasti essenzialmente stabili da settembre, mentre le materie prime industriali hanno segnato una ripresa solo a gennaio. Il prezzo future del petrolio è rimasto abbastanza stabile, mentre è aumentato solo il prezzo spot, che rispecchia i timori di imminenti carenze più che un eventuale rischio di scarsa offerta nel lungo periodo. Con un paio di eccezioni (come l’Iran e la Siria), quasi tutte le aree del mondo stanno producendo più petrolio e gas naturale oggi che in passato, per cui i timori rispetto alla tendenza del prezzo a breve e al suo impatto sull’inflazione possono a ragione considerarsi eccessivi.”

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