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Internet e news, i giovani non sanno distinguere le bufale online

Secondo uno studio dell’Università di Stanford l’82% degli studenti di scuola media non sa distinguere tra un contenuto sponsorizzato e una notizia vera e propria – In tempi rapidi ed entropici sembra non ci sia più tempo né voglia di controllare le fonti – Le bufale online spesso ci forniscono proprio le notizie che stavamo cercando.

Internet e news, i giovani non sanno distinguere le bufale online

Ogni generazione ha la sua: “L’ho letto su Internet” oggi è come “l’ho visto in tv” qualche tempo fa. Il segno di un’accettazione passiva per tutto ciò che un medium racconta, fossero anche notizie false, disinformazione o le bufale palesi che invadono tutti i giorni, condivise e ricondivise senza la minima verifica (e molto spesso basterebbe semplicemente leggere l’articolo in questione per accorgersi della sua grossolana falsità) sui nostri feed di Twitter o Facebook. 

A confermarlo è uno studio della Stanford University (qui l’articolo al riguardo del Wall Street Journal), secondo cui l’82% degli studenti di scuola media non saprebbero distinguere tra un AD marcato come “Contenuto sponsorizzato” e una vera notizia tratta da un sito di news. Per molti studenti il metro di giudizio delle news online sarebbero la quantità di dettagli oppure se una foto ampia è allegata, piuttosto che la fonte. Oppure ancora, che più dei due terzi degli studenti delle scuole medie non vede nessuna ragione per non fidarsi di un post scritto da un executive di un banca che sostiene che i giovani adulti hanno bisogno di un maggiore aiuto nel planning finanziario. E via dicendo.

Numeri preoccupanti, che si collocano all’interno di un dibattito alimentato dalle ultime presidenziali americane, in cui la disinformazione l’ha fatta da padrona e dopo le quali ci si chiede quale sia stato il ruolo delle false news, dalle accuse infondate agli allarmismi, nelle elezioni di Trump.

I colossi del web, da Facebook a Google passando per Twitter, hanno iniziato ad annunciare le loro contromosse nei confronti della diffusione delle notizie false, ma anche i loro sforzi non ci libereranno dalla diffusione della disinformazione online, radicata in una folta, e variegata, teoria di fonti.

La cura, proposta dagli esperti citati nello studio di Stanford, sembra essere l’educazione alla consapevolezza. Un numero crescente di scuole sta insegnando agli studenti ad essere consapevoli sulla scelta delle fonti d’informazione, insegnando la cosiddetta “media literacy“, ma in ogni caso si parla di una materia ai margini della maggior parte delle classi.

C’è poi il ruolo della famiglia, che dovrebbe insegnare un sano scetticismo ai propri figli appoggiandosi anche a quelle società, specialmente alle non profit, che forniscono liste di browser e ricerche sicure per bambini e adolescenti. Ma spesso, a giudicare da quello che molti adulti condividono sui oro social, si direbbe che anche loro hanno più da imparare che da insegnare.

Il rischio è quello di non avere, in tempi di consumo così rapidi ed entropici, la pazienza, o ancora di più la predisposizione mentale, ad uno sguardo più profondo e critico verso l’informazione. Spesso ci si ferma al titolaccio da clickbaiting e lo si condivide alla cieca, più che altro per prendere una posizione nell’eterno, e sterile, dibattito che alimenta i social.

Il rischio ulteriore, poi, è quello di ritrovarsi, all’interno dei social media, all’interno di un circolo vizioso delle false informazioni, dal momento che il feed degli utenti viene riempito di contenuti simili a quelli che essi hanno già letto. L’importanza delle fonti, e di un approccio laterale e insieme approfondito, all’informazione, sembra sparito, in nome della velocità. Anche perchè, spesso, i siti di bufale (e talvolta anche i giornali stessi, in cui certi principi deontologici sembrano essere sempre più diluiti) ci forniscono proprio quel tipo di news che stiamo cercando. Facili, manichee, che dicano chiaramente e in poche parole chi siamo e da che parte stiamo alla nostra platea social. E poco importa se niente di tutto ciò è vero.

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