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Imprese piemontesi: cala la fiducia per il quarto trimestre 2023. L’analisi dell’Unione Industriali Torino-Confindustria Piemonte

Sono dati che confermano uno scenario peggiorativo del clima di fiducia, già rilevato a giugno, con indicatori in regresso per produzione, ordini ed export, e una migliore tenuta dei servizi rispetto alla manifattura

Imprese piemontesi: cala la fiducia per il quarto trimestre 2023. L’analisi dell’Unione Industriali Torino-Confindustria Piemonte

Cala la fiducia delle imprese piemontesi per il quarto trimestre 2023. anche se per ora non si può parlare di una vera e propria svolta recessiva. Lo confermano la tenuta dell’occupazione e degli investimenti (per quanto non particolarmente brillanti), o la stabilità degli indicatori finanziari (ritardi negli incassi e tempi di pagamento), l’elevato tasso di utilizzo degli impianti (vicino all’80% anche nell’industria), il modesto ricorso alla cassa integrazione a livello complessivo (sale di qualche punto ma resta comunque su livelli contenuti). Al contrario, in negativo va segnalata la marcata accelerazione dei prezzi (materie prime, energia e trasporti). Sono i principali risultati dell’indagine dell’Unione Industriali Torino-Confindustria Piemonte.

A livello settoriale, si conferma la divaricazione tra manifattura e servizi. Nell’industria i saldi su produzione e ordini peggiorano di qualche punto, attestandosi poco al di sotto del valore di equilibrio tra previsioni di aumento e riduzione. In particolare, rallentano metalmeccanica (soprattutto prodotti in metallo, meccatronica e metallurgia), tessile, chimica, gomma plastica e manifatture varie (gioielli, giocattoli, ecc.). Restano in crescita alimentari (grazie alle attese per il Natale), edilizia, legno e automotive. Nel terziario, invece, le attese restano ampiamente positive in tutti i comparti, pur con una maggiore cautela rispetto a giugno, ad eccezione del commercio e del turismo che registra un saldo negativo tra ottimisti e pessimisti.

Torino meglio della media regionale

Le aspettative delle aziende torinesi per il quarto trimestre 2023 risultano più favorevoli rispetto a quelle dell’intero campione piemontese: non si registra infatti il raffreddamento del clima di fiducia osservato a livello regionale e nella manifattura gli indicatori registrano un miglioramento rispetto allo scorso trimestre, contrariamente a quanto osservato a livello regionale.

Il saldo ottimisti-pessimisti sulla produzione è superiore di oltre 10 punti a livello complessivo e di oltre 5 punti se consideriamo la sola manifattura regionale. Lo stesso vale per le previsioni sugli ordini, negative per il Piemonte e positive per Torino.

Resta basso il ricorso alla Cig che si avvicina al minimo storico; migliora di un punto il tasso di utilizzo delle risorse (vicino al pieno utilizzo). Stabile la propensione a investire: un quarto delle imprese ha programmi di investimento di un certo rilievo. Circa un terzo delle imprese ha ordini garantiti per oltre 6 mesi. Positiva la redditività, soprattutto nel terziario. Preoccupa il nuovo aumento costi per materie prime, energia e logistica. Il più favorevole dato torinese è spiegato dal maggior peso dei settori con aspettative più positive, come ad esempio l’automotive.

I dati

Per il quarto trimestre 2023 il 24,1% delle aziende prevede un aumento della produzione, contro il 10,7% che si attende una diminuzione: il saldo, pari a +13,4%, migliora di 0,6 punti percentuali rispetto alla rilevazione di marzo ed è di oltre 11 punti superiore al saldo del Piemonte nel suo complesso. Trend analogo per gli ordinativi, con un saldo del 10,4% stabile rispetto alla scorsa rilevazione. L’unico dato negativo è quello delle esportazioni, in calo di oltre 5 punti rispetto a giugno. Buon andamento per gli investimenti: sono oltre il 25% le aziende con programmi di spesa di un certo impegno, una quota analoga alla media piemontese. Varia di poco il ricorso alla cassa integrazione, che interessa il 5,7% delle imprese, in aumento di 1,5 punti percentuali rispetto a giugno. Migliora il tasso di utilizzo di impianti e risorse (83%), tornato sui valori medi di lungo periodo.

Sembra chiudersi nella provincia di Torino, invece, la tradizionale forbice tra imprese medio-grandi (oltre 50 dipendenti) e imprese di minori dimensioni (sotto i 50 addetti), con attese sulla produzione rispettivamente pari a +17,6% e +11,6%, per il prossimo trimestre.

Commenti sulle previsioni del quarto trimestre 2023

“In tutti i paesi avanzati e in Italia si registra un peggioramento della fiducia, più o meno rilevante; e una migliore tenuta dei servizi rispetto alla manifattura. La situazione si è fatta senza dubbio più difficile, con l’inflazione che resta elevata, prospettive di mercato più incerte e una politica monetaria ancora restrittiva. Tuttavia, le imprese torinesi registrano una buona capacità di tenuta, con attese superiori alla media regionale (…) Pur con le preoccupazioni legate a un contesto internazionale che in questi giorni si è ulteriormente aggravato con   i drammatici eventi in Israele”, ha dichiarato Giorgio Marsiaj, presidente dell’Unione Industriali Torino.

“Gli imprenditori piemontesi però sono resilienti – ha aggiunto Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte – e lo confermano gli investimenti che continuano. Costo dell’energia e inflazione, che non scende nonostante il rialzo dei tassi, lasciano al Governo poco spazio di manovra sul bilancio pubblico sui temi che stanno più a cuore agli imprenditori, a cominciare dal cuneo fiscale. Ma interventi a sostegno dell’innovazione e della twin transition, insieme al Pnrr, possono portare a superare questa congiuntura, che arriva dopo 12 trimestri di crescita”.

Dettaglio: i principali risultati dell’indagine piemontese

Per il quarto trimestre del 2023, le attese sulla produzione delle quasi 1.200 imprese piemontesi registrano una frenata, in linea con il trend già iniziato nel terzo trimestre: il 19% delle aziende prevede un aumento dei livelli di attività, contro il 16,7% che si attende una diminuzione. Il saldo ottimisti-pessimisti è pari a +2,3% (era +7,8% a giugno).

Il 16,9% delle rispondenti prevede un aumento dell’occupazione, contro il 5,7% che ne prevede la riduzione, e un saldo ottimisti-pessimisti pari a +11,2% (era 13,7% la scorsa rilevazione). Rallentano le attese sugli ordini, con un saldo del -0,4% in calo di 4 punti percentuali rispetto a giugno.

Frenano ulteriormente le aspettative sull’export, con un saldo ottimisti-pessimisti pari a -7,3%, probabilmente a causa del protrarsi dell’incertezza e al rallentamento dell’economia globale. Cala leggermente ma resta buono il livello degli investimenti, che interessano oggi il 25% delle rispondenti (era il 27,0% a giugno). Aumenta il ricorso alla cassa integrazione, che interessa ora l’8,5% delle imprese. Stabile il tasso di utilizzo di impianti e risorse, tornato sui valori medi di lungo periodo (80%). Resta ampia la forbice tra le imprese medio-grandi (oltre 50 dipendenti), più ottimiste sui livelli produttivi (saldo +8%) e le più piccole (sotto i 50 addetti), che registrano un saldo nuovamente negativo, dopo molti trimestri di crescita (-0,1%).

Preoccupa la nuova impennata dei prezzi, rispetto ai mesi scorsi: il saldo tra chi prevede un aumento e chi una diminuzione dei costi è pari al +30,8% per i prezzi delle materie prime (era il 14,3% a giugno), a +43,7% per l’energia (era il 5,6%) e +38,0% per logistica e trasporti (era il 20,4%).

A livello territoriale, si osserva un miglioramento superiore alla media regionale per Torino, Asti, Alessandria, Cuneo e Canavese, con saldi sulle previsioni di produzione rispettivamente del +13,4%, +5,7%, +5,3%, +4,9% e +3,6%. Negativi invece i saldi ottimisti-pessimisti a Vercelli, Verbania, Biella e Novara, con saldi rispettivamente del -21,7%, -11,4%, -6,5% e -4,7%.

Nel manifatturiero, si registra un ulteriore raffreddamento delle attese, rispetto a giugno, con saldi che passano da +2,2% a -1,3% per la produzione. Ancora negativo il saldo sugli ordinativi che passa da -1,4% a -5,6%.

Positive, per contro, le attese sull’occupazione, con saldo pari a +8,7%, da +10,6% di giugno. Peggiora ancora il saldo dell’export, che passa da -2,7% a -9,2%.

Tengono gli investimenti, che interessano il 25,6% delle aziende, in leggero assestamento rispetto al 28,3% di giugno. Stabili il tasso di utilizzo delle risorse (77%), mentre torna a salire il ricorso alla CIG, che riguarda oggi l’11,6%% delle imprese.

A livello settoriale, restano positive le attese del comparto alimentare (+25,3% il saldo ottimisti – pessimisti), dell’edilizia e impiantisti (+10%) del cartario-grafico (+10,7%) e del legno (+11,8%). Le attese della metalmeccanica registrano un deciso rallentamento, con saldo ottimisti pessimisti che passa da +3,6% di giugno a -6,4%. A calare sono soprattutto prodotti in metallo (saldo -12,2%), metallurgia (-18,2%), elettronica (-4,3%) e macchinari (-3,5%): resta positivo l’andamento dell’automotive (+9,5%). Tra gli altri settori manifatturieri calano il tessile (-13,0%), le manifatture varie (-6,3%) e la chimica (-4,2%).

Nei servizi il clima di fiducia resta stabilmente positivo rispetto a giugno. Il saldo relativo ai livelli di attività è pari all’11,2% (era 21,4% la scorsa rilevazione), quello relativo agli ordinativi è pari a +12,1% (da +18,4%), quello sull’occupazione è pari +17,2% (era 21,2%). Gli investimenti restano stabili (24,3%), azzerato il ricorso alla cassa integrazione (0,6%). Alto il tasso di utilizzo delle risorse (87%).

A livello settoriale, le attese delle aziende del terziario sono positive in tutti i comparti, con saldi pari a +7,1% per i trasporti, +10,6% per i servizi alle imprese, +15,6% per l’ICT, +22,1% per gli altri servizi, +13,0% per le utility. Unica eccezione, il commercio e turismo, che registra un saldo negativo (-7,7%).

Focus sul settore del Legno

Nella rilevazione di settembre è stato condotto un approfondimento sul settore Legno che, oltre alla lavorazione tradizionale, comprende anche la produzione di pannelli, imballaggi, pavimenti, semilavorati per arredi, sughero, prodotti per l’edilizia e commercio di prodotti in legno.

Secondo i dati 2022 del Centro Studi FederlegnoArredo, il comparto piemontese conta complessivamente 3.255 aziende (di cui 2.127 legno, 1.128 arredo) con 11.396 addetti (7.736 legno, 3.660 arredo) e produce un fatturato di 1.445 milioni di euro (1.123 legno, 322 arredo).

In Italia il settore si compone di oltre 68 mila imprese, occupa poco meno di 300 mila addetti e produce un fatturato di 56.545 milioni di euro. Gli ultimi tre anni sono stati complessi: Covid, tensioni sui mercati di commodity, energetici e dei trasporti, guerra, hanno influenzato negativamente l’andamento del mercato di riferimento, fortemente legato alle importazioni di materia prima e alle esportazioni di prodotti finiti. Nel corso del 2022 si è registrato un calo di quasi 2.000 imprese (-2,9%), a fronte di un aumento di oltre 4.000 addetti (+1,5). Positivo l’andamento del fatturato, che cresce del 12,6% rispetto al 2021.

La situazione resta incerta anche per il 2023. Secondo una rilevazione del Centro Studi FederlegnoArredo nel primo semestre 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, la filiera registra una contrazione complessiva del 5,9% con un trend negativo sia per il mercato italiano (-6,8%) che per l’export (-4,5%). A gravare maggiormente sull’andamento complessivo è il macrosistema legno, che flette del 12,6%, (-14% le vendite sul mercato nazionale e -8,3% l’export). Il macrosistema arredamento – che rappresenta il 62% delle vendite totali – regge meglio e registra un -1,1%. Rallentamento del comparto, inflazione e alti tassi provocano la riduzione degli investimenti per il 39% delle imprese. L’85% di loro dichiara di registrare un aggravio dei costi. La ricerca prevede una chiusura d’anno negativa per la filiera nel suo complesso (-3,3%): leggermente positiva per l’arredamento (+0,2%) e più negativa per il macrosistema legno (-8,5%).

Matteo Mazzoni, presidente Associazione Legno Unione Industriali Torino:

“La situazione del settore legno dell’anno in corso si presenta ancora incerta e offre comunque segnali di contrazione – ha detto Matteo Mazzoni, presidente Associazione Legno Unione Industriale Torino –. Ma la mia percezione è di uno scenario che inizia a manifestare alcuni segnali di ripresa per il comparto, che dovrebbero consolidarsi nel prossimo anno. Da qualche mese registro un risveglio dei mercati di Germania e Francia come da tempo non si vedeva e da cui potrebbe giungere l’energia necessaria a farci ripartire. Il nostro sistema è normalmente legato alle dinamiche dell’export e vi sono termometri significativi, come ad esempio i volumi produttivi di pallets”.

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