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Imprese, insolvenze in aumento: il credito d’emergenza non garantisce investimenti produttivi

Dal 2020 l’inflazione non è riuscita a stimolare gli investimenti delle imprese. Le variabili che quest’anno influiranno sulle insolvenze sono Pil e condizioni di finanziamento

Imprese, insolvenze in aumento: il credito d’emergenza non garantisce investimenti produttivi

Rispetto alle prospettive di inizio 2022, il quadro macroeconomico internazionale si è deteriorato rapidamente a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, sfociata in un conflitto la cui evoluzione appare ancora incerta. 

Il principale canale di trasmissione verso l’Italia è rappresentato dall’approvvigionamento energetico nonché dal peggioramento del clima di fiducia di consumatori e imprese. Inoltre, le elevate e persistenti pressioni inflazionistiche, in buona parte imputabili alle quotazioni delle materie prime, hanno spinto la BCE ad accelerare la normalizzazione della politica monetaria, innalzando i tassi di interesse di riferimento a partire da luglio e contribuendo quindi a un restringimento delle condizioni finanziarie.

Pil e finanziamenti le due variabili per le imprese

Dal focus Sace, non sorprende quindi che i fallimenti delle imprese italiane abbiano mostrato una dinamica negativa: -19,2% tendenziale nei primi 9 mesi del 2022. In maniera analoga, ma meno intensa, rispetto a quanto osservato durante la pandemia, quando gli effetti della recessione furono compensati dalle straordinarie misure normative e fiscali.

In un contesto caratterizzato da recupero della redditività ed elevata liquidità, le principali variabili che quest’anno influiranno sulla dinamica dei fallimenti sono il tasso di crescita del Pil e le condizioni di finanziamento. 

Secondo il consensus, nel 2023 l’economia italiana risulterà pressoché stagnante mentre le misure governative di supporto dovrebbero essere gradualmente ridotte, soprattutto dal secondo semestre.

In uno scenario di indebolimento macroeconomico, l’aumento dei tassi di interesse inizierà a produrre effetti restrittivi e, allo stesso tempo, la crescita dei prestiti bancari dovrebbe rallentare, con ripercussioni sulla capacità di rimborso delle imprese.

Imprese italiane: calano gli investimenti, salgono le insolvenze

Fino al 2019, la disinflazione globale ha spinto verso il basso gli investimenti delle imprese. Tuttavia, dal 2020, l’inflazione non è riuscita a stimolare gli investimenti delle imprese. Nel breve termine, accumulo di liquidità, riacquisto di azioni e pagamento dei dividendi contribuiscono ancora a sostenere il valore degli azionisti. Ma, a lungo termine, Allianz sottolinea come tali strategie non siano sostenibili, se non altro perché, ceteris paribus, la debolezza degli investimenti non aiuterà a domare l’inflazione.

In linea con un graduale aumento del tasso di deterioramento del credito nel 2023, si prevede quindi una crescita del numero delle insolvenze. Con un incremento atteso in media attorno al 30%, il numero di fallimenti delle imprese italiane supererà le 10.000 unità per la prima volta nell’ultimo triennio. 

È infine importante sottolineare come una parte non trascurabile di questo incremento rifletta le insolvenze previste per le cosiddette imprese “zombie”, ossia quelle che sarebbero comunque fallite ma che sono state tenute in vita dalle misure straordinarie di sostegno.

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