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Il Vietnam di Berlusconi

Ieri la maggioranza battuta due volte al Senato sull’anticorruzione. La Lega non vota l’emendamento che prevede il giuramento sulla Costituzione. Miccichè prepara gruppi autonomi alla Camera. Cresce il malumore tra i Responsabili. In arrivo la sentenza Mondadori. Per i referendum il pasticcio del voto estero.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, è uomo notoriamente prudente. Eppure, ieri mattina, ad un giornalista che gli chiedeva: “Come va?” rispondeva: “Domanda imprudente”. E si rivelava così buon profeta, visto che poco dopo la maggioranza andava sotto due volte al Senato, e non su un provvedimento di minor conto, bensì sull’articolo 1 della legge anticorruzione con l’aula che negava potesse essere il presidente del Consiglio a coordinare l’apposita commissione.

“Volevano mettere la volpe a guardia del pollaio”, ha commentato ironicamente Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd. Il segnale è dunque pesante, visto che, a differenza di quanto accade alla Camera, a palazzo Madama la maggioranza ha numeri granitici. Se poi si aggiunge che nella stessa seduta la Lega ha votato contro l’emendamento bipartisan che introduce il giuramento sulla Costituzione per i dipendenti pubblici si ha la conferma di quelli che sono, al momento (prima del voto referendario), i rapporti all’interno della maggioranza. I ben informati poi parlano di un premier sempre più irritato, a causa di quelli che considera i ricatti ai quali è sottoposto da diversi settori dell’alleanza, ma anche del Pdl.

Anche dai Responsabili arrivano segnali pesanti, con Gianfranco Miccichè sempre più deciso a formare alla Camera un gruppo parlamentare autonomo del suo movimento sudista. E allora si deve trarre la conclusione che le prime due mosse fatte da Berlusconi dopo il voto per le amministrative, l’indicazione di Alfano alla segreteria del Pdl e il vertice di Arcore con Bossi per ribadire la durata dell’alleanza, non hanno dato grandi risultati: le acque nella maggioranza più che placarsi si sono ulteriormente agitate. Anche al netto dei risultati dei referendum di domenica e lunedì la strada che Berlusconi ha dinanzi a sé si presenta particolarmente accidentata. Con molte incognite per i prossimi appuntamenti; a cominciare dalla verifica parlamentare, chiesta dal capo dello Stato e fissata a partire dal 20 giugno, al Consiglio nazionale del Pdl previsto per il primo luglio che dovrebbe ratificare la nomina di Alfano alla segreteria.

Nel frattempo dovrebbe arrivare anche la sentenza definitiva sul risarcimento Mondadori a carico delle aziende del premier. Senza contare che non c’è ancora alcuna decisione su chi sarà il nuovo ministro della Giustizia e che il taglio delle tasse appare sempre più lontano e difficile, vista l’intransigenza del ministro dell’economia Tremonti nella difesa dei nostri conti pubblici. La cui buona tenuta è al momento il maggior successo che governo e maggioranza possono vantare. Non si è molto lontani dal vero a concludere che per i prossimi mesi Berlusconi dovrà affrontare un vero e proprio Vietnam politico.

Quanto ai referendum, in particolare quello sul nucleare, c’è il pasticcio del voto degli italiani all’estero, che sono già espressi per corrispondenza con le schede che contengono un quesito diverso da quello voluto dalla Cassazione. Di Pietro ha già annunciato che ricorrerà alla stessa Cassazione per escludere il voto estero dal conteggio del quorum.

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