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Il private equity italiano resiste alla crisi

Il private equity in Italia non replica il record del 2018 ma anche nel 2019 ha retto – Stabili sopratttto le operazioni di buyout – Ecco cosa dice un report dello studio Gatti Pavesi Bianchi

Il private equity italiano resiste alla crisi

Il private equity italiano rimane saldo contro i venti della crisi globale. A certificarlo è un report pubblicato dallo studio legale italiano Gatti Pavesi Bianchi (GPB), secondo il quale in particolare le operazioni di buyout rimangono stabili in Italia nonostante le difficili condizioni economiche attuali. Lo studio mostra come, dopo l’attività record registrata nel 2018, il valore dei deal nei primi tre trimestri del 2019 sia però sceso a 9,5 miliardi (rispetto ai 18,6 miliardi registrati nello stesso periodo del 2018), mentre il volume è aumentato del 2,6%, da 114 a 117 deal.

Ripetere il 2018, l’anno più prospero mai registrato dal mercato italiano del private equity, sarebbe stata un’impresa difficile, ma il 2019 è stato comunque all’altezza della sfida. I primi tre trimestri, secondo GPB, hanno tenuto bene in termini di volume dei deal, registrando un numero di transazioni leggermente superiore a quello registrato nello stesso periodo del 2018.

Il mercato italiano del private equity è rimasto solido in un momento di crescenti sfide globali e nonostante la crescita economica in Italia sia rimasta lenta. Il debito, pubblico e privato, preoccupa ancora, come osserva Stefano Valerio equity partner di Gatti Pavesi Bianchi: “Il debito pubblico, che si attesta intorno al 135% del PIL, rimane ostinatamente alto, secondo solo alla Grecia tra gli Stati membri dell’UE. Resta il fatto, però, che i fondi di investimenti abbiano dry powder da investire e che le imprese italiane rimangano appetibili. In attesa del 2020, i punti di forza dell’Italia – come il design e la produzione manufatturiera di fama mondiale e una lunga esperienza nell’export – rendono il paese una destinazione attraente per le operazioni di buyout.”

Ecco alcuni punti chiave del rapporto:

I megadeal sono in declino. Mentre le tre più grandi transazioni registrate nel 2018, tutte e tre di oltre 1 miliardo di euro, hanno superato un valore complessivo di 9 miliardi di euro, quest’anno i tre deal più grandi hanno raggiunto un valore aggregato di appena 2,9 miliardi di euro. La diminuzione dei megadeal riscontrata in Italia rappresenta un trend presente anche nel resto dell’Europa.

Le imprese familiari vanno avanti. Tre delle cinque più grandi operazioni di private equity registrate nei primi nove mesi del 2019 hanno riguardato imprese a gestione familiare, incluso l’acquisto da 1 miliardo di euro del gruppo Forgital da parte di Carlyle.

• Tre settori hanno dominato il mercato in Italia: beni di consumo, industria e sanità. In termini di volume, i settori dei beni di consumo e della manifattura hanno attratto oltre la metà di tutte le transazioni registrate tra il 2018 e il 2019. In termini di valore invece il settore sanitario ha registrato la quota maggiore, con quasi un terzo (29%) degli investimenti tra il 2018 e il 2019.

L’attività di M&A ricalca l’andamento del PE: il volume dei deal è stabile mentre il valore è in diminuzione. Il numero dei deal ha tenuto bene nel 2019, con 444 transazioni registrate durante i primi tre trimestri dell’anno rispetto a 480 deal nello stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, come nel private equity, il valore totale registrato è diminuito, passando da 44 miliardi di euro nei primi tre trimestri del 2018 a 24,9 miliardi di euro nello stesso periodo del 2019.

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