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Il petrolio sale ma le Borse soffrono: Nasdaq ancora giù

I timori di inflazione e l’impennata dei rendimenti dei T-bond continuano a mettere in difficoltà le Borse spingendole al ribasso – Nuova giornata negativa per il Nasdaq che a metà seduta perde l’1% – I petroliferi in evidenza a Piazza Affari ma il Ftse Mib va in rosso e scende sotto la soglia psicologica dei 23 mila punti base.

Il petrolio sale ma le Borse soffrono: Nasdaq ancora giù

Si chiude la prima settimana di questo marzo pazzerello in Borsa, con una seduta ancora volatile per i listini europei, mentre il petrolio vola, l’oro langue, il dollaro si apprezza e i rendimenti dei bond risalgono. Milano perde lo 0,55% e scende a 22.965 punti base; Francoforte -0,95%; Parigi -0,82%; Amsterdam -0,58%; Madrid -0,83%; Londra -0,39%.

Il ritmo sincopato muove da Wall Street che, dopo un rimbalzo in avvio, ha cambiato direzione. Il Dow Jones è in lieve calo, ma il Nasdaq cede quasi il 2%. Prosegue la rotazione nei portafogli e i titoli tech continuano a perdere quota a favore di altri settori, come l’energetico, favorito dal balzo del greggio dopo che ieri l’Opec e i Paesi alleati hanno esteso i tagli alla produzione fino ad aprile, garantendo deroghe limitate a Russia e Kazakistan. Il Brent si apprezza del 3,4% e viaggia intorno a 69 dollari al barile, mentre il Wti si avvicina ai 66 dollari.

Sotto osservazione restano i tassi dei titoli di Stato, il decennale americano mostra attualmente un tasso in crescita oltre 1,568%, dopo aver toccato punte di 1,62%. Un picco dovuto ai dati sull’occupazione: 379mila nuovi posti di lavoro creati a febbraio contro attese a 210mila. La disoccupazione è scesa dal 6,3% di gennaio (invariata) al 6,2%.

Si tratta di una conferma della spinta alla ripresa che viene dall’ampia campagna vaccinale e che potrà trovare ulteriore supporto nel piano da 1900 miliardi di dollari già approvato dalla Camera e votato ieri al Senato, dove torna oggi in discussione.

Inoltre l’atteggiamento del presidente della Fed Jerome Powell, apparso ieri poco propenso a procedere con interventi a breve per frenare i rendimenti dei titoli di Stato, ha contribuito al tonfo della vigilia di Wall Street, con il rischio che oggi vada in scena una replica di quanto già visto.

Il dato sul lavoro ha messo inoltre le ali al dollaro, che si apprezza contro euro, yen e franco svizzero. Il cambio della moneta unica contro il biglietto verde è intorno a 1,91 in calo dello 0,45%. L’oro si mantiene debole e il contratto aprile 2021 tratta intorno a 1693 dollari l’oncia.

Spinge sull’acceleratore solo il petrolio, con evidenti ricadute anche in Piazza Affari. Il podio del listino è occupato infatti da Saipem +3,33%, che ha inoltre annunciato un memorandum of understanding con Alboran Hydrogen per la costruzione di cinque impianti di produzione di idrogeno verde attraverso il processo di elettrolisi; Tenaris +3,1%; Eni +1,88%.

Tornano ad apprezzarsi i titoli finanziari: Banco Bpm +0,64%; Mediobanca +0,6%; Bper +0,6%; Finecobank +0,49%; Unicredit +0,26%; Bper +0,68%; Intesa +0,11%. La banca guidata da Carlo Messina ha lanciato il programma “Motore Italia” e deciso di mettere a disposizione 50 miliardi di euro di nuovo credito per il rilancio delle Pmi in vista delle prossime scadenze delle misure governative di sostegno alle imprese colpite dal Covid-19 e gli attesi bisogni di liquidità. 

Fra le dieci migliori blue chip del giorno Telecom +0,5%, Snam +0,47%, Enel +0,38%. Negativa Stellantis (-1,16%), che ha più volte cambiato segno dopo avere comunicato le condizioni per la distribuzione ai soci delle azioni Faurecia. I titoli maggiormente penalizzati dalle vendite sono Inwit -3,7%; Nexi -3,54%; Unipol -3,19%; Stm -2,73%; Amplifon -2,72%. Poco mosso l’obbligazionario. Lo spread fra decennale italiano e tedesco sale a 106 punti base (+0,71%) e il rendimento del Btp staziona a +0,75%.

Poco incoraggianti sono le notizie sulla pandemia in Italia, dove sempre risale l’indice dei contagi e aumentano le zone rosse o arancioni. Inoltre la guerra dei vaccini vede il Paese schierato in prima linea nello stop all’export dei sieri. Una mossa che ha indotto il New York Times a titolare: “L’Italia disperata blocca l’esportazione dei vaccini destinati all’Australia”. Secondo il Regno Unito blocchi come questo possono danneggiare la lotta globale al virus. Intanto l’Oms afferma che i detentori dei brevetti sui vaccini contro il Covid devono rinunciare ai loro diritti di proprietà intellettuale esclusiva per permettere di produrli a basso costo e più rapidamente in tutto il mondo.

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