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Il nuovo ruolo dei media nella divulgazione della Storia

Intesa Sanpaolo organizza a Milano una due giorni sul tema del rapporto tra media, storia, memoria e televisione – Intervengono i massimi esperti italiani ed internazionali: il programma.

Il nuovo ruolo dei media nella divulgazione della Storia

Una due giorni dedicata alla Storia, con la S maiuscola, e al ruolo che i nuovi mezzi di comunicazione di massa hanno nel custodirla, nel raccontarla e nel diffonderla. L’iniziativa, intitolata “La Storia pubblica. Memoria, fonti audiovisive e archivi digitali”, è promossa da Intesa Sanpaolo fino a giovedì 28 marzo presso le Gallerie d’Italia di Piazza della Scala, a Milano, in collaborazione con il Ce.R.T.A. – Centro di Ricerca sulla Televisione e l’Audiovisivo.

All’evento, che gravita intorno al tema del rapporto tra media, storia, memoria e televisione, intervengono alcuni grandi esperti del settore tra cui Jerome Bourdon, della Tel Aviv University, uno dei più importanti specialisti internazionali di media, Paolo Mieli, storico e giornalista, Serge Noiret, del European University Institute tra i principali studiosi di Public History, oltre agli esponenti dei principali canali televisivi italiani Mediaset, Sky, LA7, RAI. 

La giornata di giovedì in particolare è dedicata ad una riflessione sulla funzione degli archivi audiovisivi digitali, con interventi, tra gli altri, di Guido Guerzoni, dell’Università Luigi Bocconi, di Agostino Giovagnoli, Massimo Scaglioni e Anna Sfardini dell’Università Cattolica di Milano e una tavola rotonda con i principali responsabili di archivi e istituzioni museali e storiche, tra cui Barbara Costa, Responsabile Archivio storico Intesa Sanpaolo e Sergio Toffetti, Presidente Museo del Cinema di Torino.  

I contenuti del convegno  

In un periodo in cui si parla di “bisogno di storia”, di “uso pubblico della storia” e del rapporto attivo fra Storia e Memoria, il convegno si concentra su cosa sanno offrire in concreto i nuovi mezzi di comunicazione agli storici e al pubblico, cosa si può chiedere loro di offrire anche in rapporto al nostro vasto patrimonio audiovisivo. Istituzioni e professionisti della comunicazione, archivisti e storici, studiosi dei media e mondo della cultura riflettono circa il rapporto tra media audiovisivi e storia, un campo di analisi particolarmente significativo per le questioni che solleva e per la loro ricaduta sulla comprensione del presente. 

Quelli che erano chiamati “mezzi di comunicazione di massa” ora si sovrappongono, si combinano, si piegano con maggiore flessibilità a usi, tempi e spazi dettati dalle esigenze individuali di chi li utilizza. Il cambiamento non è confinato solo alla tecnologia, ma tocca la “cultura” nel senso più ampio e antropologico della parola: un patrimonio di conoscenze, di nuove convenzioni sociali e di inedite espressioni di socialità. A questo corrisponde la diffusione del concetto di public history il quale fa riferimento alla possibilità che la narrazione storica esca dalle aule universitarie, così come dai convegni o dalle riviste scientifiche, e incontri il bisogno più o meno diffuso di conoscere e ricostruire il passato da parte di un pubblico composto non necessariamente da addetti ai lavori. 

La seconda giornata è dedicata agli archivi e all’immenso patrimonio audiovisivo del nostro Paese. Da parecchi decenni gli storici hanno sentito la necessità di allargare ai media e ai loro prodotti l’attenzione riservata per le fonti. Il valore culturale delle fonti audiovisive, anche televisive, oltre a essere ribadito dai diversi linguaggi con cui la tv e i mezzi audiovisivi costruiscono una memoria condivisa, trova oggi nuove modalità di espressione attraverso le possibilità di racconto garantite dalle tecnologie più recenti e nei processi di digitalizzazione che stanno investendo gli archivi in termini di conservazione, circolazione e fruizione dei materiali. 

Il mondo degli archivi 

Non esistendo una statistica ufficiale sul loro numero totale, informazioni quantitative sul panorama archivistico nazionale possono essere desunte dalla collazione delle diverse informazioni disponibili sulle differenti tipologie di archivi istituzionali, un computo che esclude gli archivi personali non vincolati e/o vigilati dalle Soprintendenze archivistiche.  

Questi i numeri: 

  • 100 sedi degli Archivi di Stato, cui si aggiungono 33 Sezioni staccate e l’Archivio centrale dello Stato. Gli Archivi di Stato sono presenti in ogni città capoluogo di provincia, mentre le Sezioni sono presenti in 33 città non capoluoghi di provincia. 
  • 8.224 archivi di enti pubblici territoriali, di cui 8.100 dei Comuni. 
  • 50.000 di enti pubblici non territoriali (Università, istituzioni culturali, camere di commercio). 
  • 3.800 archivi privati Vigilati (persone fisiche e persone giuridiche private, archivi familiari, imprese partiti politici, etc.). 
  • 29.000 archivi ecclesiastici e parrocchiali. 

L’unità di misura, il chilometro lineare, fornisce una prima impressionante idea della loro straordinaria consistenza: nei soli Archivi di Stato, che possiedono una porzione minima del patrimonio archivistico nazionale, esistono 1.300 chilometri di documenti, di fatto la lunghezza dell’Italia.  

La salvaguardia degli archivi fotografici del ventesimo secolo riveste un’importanza strategica che va al di là della loro dimensione patrimoniale o culturale, in quanto investe la tutela delle fonti –  e del pluralismo interpretativo – della storia recente del nostro paese, la definizione di nuove politiche di conservazione, gestione e valorizzazione dei beni culturali novecenteschi, la riflessione sulla funzione didattica che tali fonti svolgeranno nell’immediato futuro. 

Si tratta, nei fatti, di un patrimonio di dimensioni molto ampie: le valutazioni più prudenziali stimano l’esistenza in Italia di circa 6.000 archivi fotografici, variamente distribuiti tra archivi pubblici, privati, editoriali e aziendali; di questi, quelli che hanno intrapreso processi di digitalizzazione, spesso parziali, sono circa 500, a fronte di consistenze di centinaia di milioni di positivi e negativi, in larghissima misura inediti.  

La tutela di questo straordinario patrimonio passa anche da soggetti privati come Intesa Sanpaolo, che ha acquisito nel 2015 il grande archivio fotografico Publifoto: circa 6-7 milioni di fotografie, su vari supporti, databili dall’inizio degli anni Trenta agli anni Novanta del Novecento su tutti gli eventi, personaggi, accadimenti straordinari che potessero interessare il mercato editoriale. Publifoto, per lungo tempo una delle più importanti agenzie fotogiornalistiche in Italia, forniva infatti ai giornali le stampe con didascalie dettagliate per la redazione degli articoli.

L’Archivio è quindi costituito da fotografie di tipo analogico, per lo più in bianco e nero, diapositive a colori e rare stampe a colori su politica, cronaca, estero, costume, società, cultura e sport. Una selezione di 200 di queste fotografie sarà esposta dal 13 aprile al 7 luglio prossimo nella mostra “Nel Mirino. L’Italia e il mondo nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo 1939-1981” realizzata da Intesa Sanpaolo presso Camera – Centro Italiano per la Fotografia (Torino, via delle Rosine 18) a cura di Aldo Grasso e Walter Guadagnini.

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