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Il ministro Lupi si dimette: “Lascio a testa alta”

Il titolare delle Infrastrutture, nella bufera dopo il caso Incalza, ribadisce di “non aver mai fatto pressioni per trovar lavoro” a suo figlio – Poi assicura “Il Presidente del Consiglio non mi ha mai chiesto di dimettermi”.

Il ministro Lupi si dimette: “Lascio a testa alta”

“Mi rivolgo ai giovani deputati che in questi giorni mi hanno insultato: vi auguro che nessuno tiri mai in ballo la vostra famiglia per attaccarvi. Non invoco il garantismo, non sono accusato dagli investigatori. Lascio il governo a testa alta”. Lo ha detto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, nel discorso alla Camere con cui ha presentato le proprie dimissioni.

Nei giorni scorsi sono state diffuse intercettazioni telefoniche di fine dicembre in cui il ministro si rivolge ad Ettore Incalza, dominus del dicastero delle Infrastrutture arrestato lunedì per corruzione, rivolgendogli il seguente invito: “Devi venirti a trovare mio figlio”. 

Oggi Lupi ha ribadito di “non aver mai fatto pressioni per trovar lavoro” a suo figlio: “L’intercettazione documenta che gli ho proposto, come farebbe qualsiasi padre, la possibilità di fargli incontrare una persona di grande esperienza, per consigliarlo sulla scelta da fare”.

In un’altra telefonata intercettata dai Carabinieri del Ros, però, Incalza dice a sua volta all’imprenditore Stefano Perotti che “c’è da incontrare il figlio di Maurizio”. E nel giro di poche settimane Luca Lupi, figlio del ministro, ha trovato lavoro in un cantiere dell’Eni dove proprio Perotti ha ottenuto la direzione dei lavori.

La decisione di Incalza di chiamare Perotti non può essermi addebitata – ha sostenuto oggi Lupi –. Conosco Perotti da anni, che bisogno avrei avuto di chiedere a Incalza d’intercedere per lui? Se avessi voluto, avrei potuto farlo io. E non l’ho mai fatto”. 

Quanto al regalo ricevuto dall’imprenditore, “credo che sia evidente a tutti quanti quanto sia inverosimile che un amico di famiglia da 40 anni cerchi di accreditarsi a con me regalandomi un vestito”, ha aggiunto il ministro.

Mio figlio lavora in America ed è stato mandato a San Francisco dal Politecnico di Milano, non da altri – ha aggiunto Lupi –. Lì ha fatto la tesi, si è laureato con 110 e lode, poi gli hanno offerto un lavoro. Ha chiesto il permesso di lavoro in America, alla scadenza è tornato in Italia e ha accettato nel frattempo una partita Iva da 1.300 euro netti al mese. Da lunedì sarà di nuovo dipendente della Son, che ha emesso un comunicato per dire perché lo hanno preso: semplicemente perché è bravo”.

Nell’ordinanza di cattura scritta dal giudice, tuttavia, si legge che “l’aiuto fornito da Stefano Perotti a Luca Lupi non è limitato al conferimento dell’incarico sopra descritto. Il 4 febbraio 2015 Perotti chiede all’amico Tommaso Boralevi che lavora negli Stati Uniti, di dare assistenza ad un loro ingegnere che al momento lavora presso lo studio Mor e verrà impiegato a New York. E dice: ‘Lavorerà in una prima fase per lo studio Mor come commerciale per cercargli delle opportunità eccetera. Gli abbiamo dato anche noi un incarico collegato per le nostre attività di direzione lavori, management, te lo volevo mettere in contatto che sicuramente tu che sei una specie di motore acceso, qualche dritta gliela puoi dare, no?’”.

Quanto al Rolex regalato da Perotti a Luca Lupi: “Io avrei rifiutato un orologio da 3.500 euro – ha detto il ministro –. I Perotti l’hanno regalato a mio figlio ben prima della mia nomina a ministro, in un’occasione importante come la laurea. Non gli ho chiesto di restituirlo: se questo è stato un mio errore me ne assumo la responsabilità”.

Infine, sul versante dei rapporti all’interno del Governo, Lupi ha assicurato che non c’è stata alcuna pressione su di lui da parte del premier Matteo Renzi: “Il Presidente del Consiglio non mi ha mai chiesto di dimettermi, ma ha lasciato che fosse una mia scelta personale”. Secondo indiscrezioni circolate due giorni fa, invece, Renzi si sarebbe rivolto all’ormai ex ministro in questi termini: “Caro Maurizio: fossi in te, mi dimetterei”.

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