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Il mercato e la buona governance delle società reclamano la rivalutazione della giustizia civile

INTERVENTO DI GUSTAVO VISENTINI – La rivalutazione della giustizia civile è essenziale per il buon funzionamento del mercato e per la buona governance delle società : è tempo di investire progetti e idee su questa emergenza – Anche la Vigilanza bancaria ha bisogno del rafforzamento degli strumenti privatistici

Il mercato e la buona governance delle società reclamano la rivalutazione della giustizia civile

Diversi anni fa l’allora presidente della Consob, Franco Piga, alla mia osservazione che il potere che l’Autorità chiedeva al Parlamento era già compreso nella legge in vigore, mi spiegò che con l’emendamento divisato si tacitavano le voci diffuse dalla stampa di presunta inerzia, in quanto implicitamente si veniva a dire che in effetti il potere richiesto non c’era.

La Vigilanza bancaria dispone di diffusi e appropriati poteri sulla base della legislazione in vigore: commissariare l’azienda; liquidazione coatta; convocazione degli esponenti, dei sindaci. Valuta i requisiti di professionalità ed anche l’onorabilità, la quale peraltro ha assunto un significato assai restrittivo nel profilo del sospetto di comportamenti penalmente rilevanti (d.m. del ’98; all’epoca si erano adombrate influenze di situazioni particolari).

Sarebbe davvero improbabile che in seguito a specifici e argomentati rilievi della Vigilanza, ripresi dai sindaci, l’esponente coinvolto non rassegni dall’incarico. In questo contesto mi pare che poco aggiunga la previsione “attribuire alla B.d.I. il potere di rimuovere gli esponenti aziendali degli intermediari quando la loro permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione”. Come spesso accade, la competenza indicata in direttive UE è già nel nostro sistema.

Piuttosto la Vigilanza ha urgente bisogno che siano ripristinati, e rafforzati, gli strumenti privatistici a garanzia dell’ordinato svolgimento del governo societario, già insufficienti, e poi talmente sviliti dalla Riforma delle società, da rendere praticamente inutili: il consiglio di amministrazione, i c.d. amministratori indipendenti, la revisione contabile, lo stesso collegio sindacale. Affinché il mercato innanzitutto possa svolgere i controlli nell’interesse specifico dell’azionista è necessario: accentuare il dovere di vigilanza del consiglio riproponendo la responsabilità civile degli esponenti a valere con le azioni individuali e di classe da parte di chi lamenta il danno; si deve dare pieno risalto alla responsabilità nel caso di conflitti d’interesse, intesi nell’accezione estesa che troviamo nel diritto comune del mandato; si devono ripensare i meccanismi delle prove.

Nell’ultima disciplina la responsabilità del revisore è evanescente; si deve tornare alla previsione originaria della certificazione del bilancio, con la quale il revisore impegnava il suo affidamento sulla sincerità del bilancio, sì che nel caso di irregolarità è a suo carico la prova di avere svolto l’incarico con quell’appropriata diligenza che soltanto ne esclude la responsabilità. I diritti dei soci, delle minoranze di chiedere ispezioni, di impugnare le deliberazioni, di convocare le assemblee, di promuovere le azioni di responsabilità, non sono d’impaccio all’iniziativa del gestore; sono invece il meccanismo per stimolare gli esponenti aziendali a conservare la propria indipendenza di giudizio anche, e soprattutto, verso le maggioranze. La legalità non è un impaccio.

Il processo civile è il primo controllo del governo della società; il giudice è l’autorità indipendente del mercato. Il degrado di questa competenza, nella legislazione e nell’esperienza, è la ragione principale del disordine al quale assistiamo. In uno stato di diritto non sono pensabili succedanei. In un sistema che vuole, e deve essere radicato sul mercato, la diffusione del contenzioso civile serve alle autorità di vigilanza, e ne contiene la funzione all’appropriata competenza.

La disfunzione del processo civile avviluppa l’azienda in un tessuto amministrativo di regole e di sanzioni che nella loro ipertrofia confondono le responsabilità amministrative e d’impresa; avviliscono le gestioni nella burocrazia di servizi pubblici, senza averne le caratteristiche; finisce poi con l’affidare al giudice penale ciò che meglio sarebbe affrontato nel conflitto civile, con risultati che anche avviliscono il mercato. Non vi sono alternative. Dobbiamo ripristinare la piena funzionalità della giurisdizione civile in tema di società e mercato, nella qualità e nei tempi; dobbiamo investire pensiero, progetti, mezzi e legislazione sul processo civile.

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