Condividi

Il futuro dell’auto: in Italia aumentano rischi di liquidità e insolvenze

In una fase di cambiamento strutturale che richiede ingenti investimenti per permettere la transizione a e-mobility, celle a combustibile, digitalizzazione e guida autonoma, per il Made in Italy aumentano sia il rischio di credito nel segmento fornitori che i fallimenti (+5%)

Il futuro dell’auto: in Italia aumentano rischi di liquidità e insolvenze

Il settore automobilistico sta attraversando una fase di importanti cambiamenti strutturali che potrebbero sconvolgere profondamente il settore e determinare l’estromissione dal mercato di molti operatori. Le principali sfide, per le quali sono comunque necessari ingenti investimenti, arrivano da: transizione dai motori a combustione a favore di e-mobility, celle a combustibile e altri sistemi motore, digitalizzazione e guida autonoma, cambiamenti nelle abitudini dei consumatori.

Gli analisti stimano che gli investimenti previsti a livello globale nel segmento dei veicoli elettrici toccheranno i 300 miliardi di dollari nei prossimi 5-10 anni. Al momento il rapporto tra produzione di veicoli a combustione e produzione di veicoli elettrici/ibridi è ancora 50:1; tuttavia, si prevede che le vendite di veicoli elettrici rappresenteranno circa il 15% delle vendite totali nel 2025. Inoltre, sul mercato stanno affacciandosi nuovi operatori esterni al settore, molti dei quali possono contare su vantaggio tecnologico e solida situazione finanziaria: la relativa semplicità dei motori elettrici sta attirando operatori esterni al settore, come ad esempio il produttore britannico di elettrodomestici Dyson.

Atradius sottolinea come il contesto attuale non sembri favorevole a cambiamenti e investimenti: le vendite globali di vetture dovrebbero registrare una contrazione del 5% nel corso di quest’anno e l’attuale fase d’incertezza economica non lascia ben sperare per una ripresa nel 2020. Anche se l’imposizione di dazi punitivi da parte degli USA su veicoli e autoricambi è stata al momento sospesa, si tratta di un rischio sempre all’orizzonte: finora le tensioni commerciali hanno provocato la riduzione di produzione e vendite, contrazione dei margini di profitto e problemi di liquidità tanto per i produttori OEM (Original Equipment Manufacturer) quanto per i fornitori. Ecco allora che la corsa all’innovazione rappresenta la sfida più importante per la maggior parte dei medio-piccoli fornitori: molti di questi, infatti, sono in serie difficoltà nell’attuale fase di crisi, con vendite in calo e margini di profitto in continua flessione. E, tenuto conto dei limiti dal punto di vista tecnologico e/o finanziario, il futuro appare molto incerto: i ritardi di pagamento e le insolvenze hanno già iniziato a mostrare un aumento, soprattutto nel caso di componenti e ricambi a basso valore aggiunto.

Nei prossimi cinque anni gli analisti si attendono un aumento del rischio di credito per molti fornitori strutturalmente più deboli, con una conseguente riduzione della liquidità e un aumento di ritardi di pagamento e casi di fallimento, anche qualora le attuali questioni legate al protezionismo crescente e alle limitazioni del libero scambio non dovessero concretizzarsi. Nel peggiore dei casi, un forte sconvolgimento del settore determinerà l’estromissione dal mercato di molti piccoli fornitori. Il futuro di molte imprese del settore automobilistico dipende in larga misura dalla velocità e dalla portata dei cambiamenti sul mercato. Mentre le questioni legate a cambiamenti climatici e inquinamento stanno spingendo i governi di tutto il mondo a considerare l’abbandono graduale dei motori a benzina e diesel nei prossimi dieci anni, la velocità di transizione dai motori a combustione dipenderà in larga misura dall’entità degli incentivi statali a favore di Ricerca e Sviluppo e dell’acquisto di veicoli elettrici. Altri aspetti importanti sono la disponibilità delle infrastrutture di ricarica e degli ETR (elementi terrestri rari) utilizzati per la produzione di batterie e la relazione di prezzo tra veicoli elettrici e veicoli a motore.

Dopo la solida crescita registrata nel 2017, l’andamento del settore automobilistico italiano ha subito un peggioramento nel 2018 e le prospettive a medio termine sono piuttosto negative, con un aumento del rischio di credito nel segmento dei fornitori. Secondo i dati ACEA, dopo quattro anni di crescita le vendite di veicoli in Italia sono diminuite del 3,1% nel 2018 e del 3,5% nel corso del primo semestre. Lo scorso anno la domanda interna di componenti automobilistici (-7,5%) è stata parzialmente compensata dall’aumento delle esportazioni (+6,6%); tuttavia, l’espansione dell’export ha registrato una battuta d’arresto a causa del rallentamento del comparto automobilistico in Europa. E, in un contesto di crescita modesta del PIL e incertezza crescente, le vendite di veicoli sul mercato interno dovrebbero mantenersi piatte almeno per i prossimi 12 mesi: le vetture diesel risentono dell’effetto delle eco-tasse, mentre gli incentivi statali per i veicoli a basse emissioni vanno a vantaggio soprattutto delle automobili di produzione estera.

In media, i pagamenti nel settore automobilistico italiano oscillano tra 60 e 90 giorni e tra 120 e 150 giorni a seconda dell’acquirente finale e se il capitale d’esercizio richiesto può essere ottenuto da banche o fornitori. Le abitudini di pagamento si erano mantenute piuttosto buone fino alla prima metà del 2018, ma da allora i casi di mancato pagamento hanno registrato un aumento con una tendenza che dovrebbe proseguire nel breve periodo. Inoltre, nei prossimi 12 mesi si prevede un aumento dei fallimenti di circa il 5%, in particolare per quanto riguarda i piccoli fornitori, soprattutto nei segmenti di motori a combustione, a causa della contrazione della domanda, del forte livello di concorrenza e frammentazione dei canali di distribuzione. Nel 2017 molti piccoli fornitori di secondo livello hanno già registrato un peggioramento in termini di situazione patrimoniale, solvibilità e liquidità; allo stesso tempo i distributori/grossisti di pneumatici devono confrontarsi con la forte concorrenza e le mutevoli condizioni di mercato.

Dati gli attuali cambiamenti sul mercato, in Italia le prospettive a medio termine per il settore si confermano piuttosto modeste. Dal momento che i produttori OEM stanno introducendo misure di riduzione dei costi, la pressione sui fornitori in materia di prezzi è destinata ad aumentare e potrebbe determinare una contrazione dei margini di profitto e un peggioramento della lentezza dei pagamenti. Pur essendo generalmente considerati innovativi e tecnologicamente avanzati, i produttori italiani di primo livello mostrano un basso livello di capitalizzazione e sono fortemente dipendenti dalle banche in termini di spesa in conto capitale: ciò potrebbe rivelarsi un punto debole a causa dei continui problemi nel settore finanziario italiano. Inoltre, al momento sembra che molti piccoli fornitori di secondo livello, con una quota modesta di spesa in conto capitale e che operano nella produzione di componenti a basso contenuto tecnologico, non siano in grado di progredire lungo la catena del valore e aumentandone il rischio d’insolvenza. Ad aggravare la situazione sono infine le prospettive in termini di supporto da parte del Governo per sostenere il settore (ad esempio, attraverso piani di vendita di vetture sul mercato interno, supporto a Ricerca e Sviluppo, sgravi fiscali), limitate dai tagli di bilancio e dal livello sempre più elevato di debito pubblico.

Commenta