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Il Cubismo, Braques e Picasso: ecco la vera storia

“ Io non vedo mai un quadro nella mia mente prima di cominciare a dipingerlo. Ogni quadro nasce da se sotto il pennello: io lo scopro solo sulla tela”.

Il Cubismo, Braques e Picasso: ecco la vera storia

George Braques nacque nel 1882, già da molto giovane era bravo con il pennello che poteva ritoccare una carta da parati o trasformare un muro a calce con una perfetta imitazione dei mattoni, tutto questo perché, la sua prima occupazione, dopo aver lasciato la scuola a 17 anni,  fu quella di entrare nella bottega del padre decoratore, non a caso lo era anche suo nonno. Inoltre era capace in grado di dipingere anche false porte, imitare travature di soffitto e incorniciare pareti con colonne in finto marmo. Era chiaro che il ragazzino aveva già un gran talento.

Una volta terminato il servizio militare, decise di lasciare la bottega per dedicarsi completamente all’arte, e andò a Parigi. Iniziò all’Accademia, copiando  opere di antichi maestri, ma lo faceva solo per imparare la tecnica, perche il suo estro artistico era altrove, amava i piani e le architetture.

Era anche uno sportivo, era abilissimo nel pugilato, nel nuoto, nella vela e nel ciclismo; e sebbene di carattere taciturno suonava anche la chitarra, la fisarmonica, ma soprattutto cantava e ballava. In breve, si può dire che era piuttosto irrequieto. Infatti, lasciò presto l’Accademia per dipingere a modo suo, dapprima bozzetti e poi paesaggi dai colori cangianti. Si interrogava come un artista abile di riprodurre le venature del legno, non potesse invece fare ancora di più, e diceva “un artista non deve limitarsi ad imitare ciò che vede, ma creare qualcosa di assolutamente nuovo”.

Da qui a poco, conobbe un giovane pittore, uno spagnolo che viveva a Parigi, era Pablo Picasso. Da questo incontro nacque quella che ora chiamiamo artemoderna.

Picasso un giorno mostrò a Braque il suo ultimo dipinto, un nudo femminile, una composizione di piani e angoli che faceva pensare ad un magazzino pieno di attrezzi. E allo stesso tempo quelle geometrie sembrano essere l’impalcatura interna delle sue figure umane.

Braque e Picasso divennero così amici inseparabili, per per alcuni anni era persino difficile riconoscere i quadri dell’uno e dell’altro. Le loro opere erano composizioni di coni, cubi, sfere e cilindri che stavano in equilibrio in un gioco di grande movimento. Esploratori intenti ad aprire una via di un nuovo mondo, assolutamente sconosciuto agli artisti del periodo, piano piano riuscirono a creare un’arte geometrica che riconduceva tutto alle forme fondamentali.

Ma questo modo di interpretare l’arte non piaceva, al punto che il Salon de Paris rifiutò le opere di Braque, ritenute rivoluzionarie.

La grande guerra interruppe la carriera e il genio di Braque. Rimase ferito ad una gamba e abbandonato sul campo perche creduto morto. Solo quando fu raccolto per seppellirlo, si accorsero che era ancora vivo, ma fu una lunga storia che lo vide ricoverato per molto tempo in diversi ospedali.

Tornato, fu decorato con la Croce di Guerra e la Legion d’Onore, e fu la moglie che lo assisteva, che volle aiutarlo a tornare a dipingere. Ma la nuova “maniera” di Braque, non era come prima, ora tutto era meno astratto. Questo sua nuova interpretazione, che però non rinunziava all’architettura della pittura, lo aiutò ad entrare nel mercato.  Nel 1924 il Salon d’Automne che 14 anni prima aveva bocciato le sue opere, lo invitò ad esporre e Braque realizzò 14 dipinti, quanti tanti gli anni che aveva dovuto attendere – e furono venduti tutti. né lui né lei Ma l’ostilità verso quel tipo di pittura continuava, ne lui ne Picasso godevano di grande gloria e di guadagni.

Nel 1937, Braque vinse il primo premio all’Esposizione Internazionale Carnegie a Pittsburgh e un critico americano osservando il quadro disse: “Ma questo e un quadro ò una presa di bavero?”. Braque che era poco più in là disse: “l’artista non discute mai con i suoi detrattori“.

A 50 anni decise di tornare ad abitare in Normandia, acquistò una casa modesta, l’arredò con il minimo necessario ed era anche il suo studio: cinque o sei cavalletti, nessun modello, nessuna fotografia, nessun disegno.

Braque era convinto che nulla necessitasse per ispirarsi o per guidare l’occhio del pittore.

Oggi lo vogliamo immaginare nel suo studio in giacca di cotone e calzoni di velluto, con un fazzoletto giallo al collo, quasi come un attore che faccia la parte di un pittore in un film. Certo non ci sembra un rivoluzionario. Tuttavia lo era.

Braque e Picasso crearono un nuovo modo di vedere che ha rivoluzionato la storia dell’arte e non solo le loro opere sono custodite nei più grandi musei, ma c’é soprattutto un infinito interesse da parte dei collezionisti d’arte di tutto il mondo: possedere un dipinto di Braque rappresenta una sorta di caccia al tesoro, e per i fortunati é un grande affare.

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