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Il Consiglio dei ministri approva il decreto sul rientro dei capitali all’estero

Persone fisiche e società di persone possono autodenunciare il possesso di capitali all’estero non dichiarati al Fisco, senza incorrere nelle sanzioni penali per omessa dichiarazione e con abbattimenti sulle sanzioni amministrative – Sono dovute, però, le imposte evase e non è prevista la copertura dell’anonimato.

Il Consiglio dei ministri approva il decreto sul rientro dei capitali all’estero

Via libera del Governo al decreto legge che contiene le misure per incentivare l’emersione dei capitali detenuti illecitamente all’estero da cittadini italiani. Il provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 24 gennaio.

Il decreto legge, hanno sottolineato il presidente del Consiglio, Gianni Letta, e il ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, non evita il pagamento delle imposte evase, ma riduce solo alcune sanzioni e pene, in modo di incentivare la regolarizzazione. Nella strategia dell’Esecutivo, il provvedimento è collegato agli accordi che lo Stato italiano sta raggiungendo con la Svizzera in particolare, ma anche con altri Paesi considerati ex paradisi fiscali, che consentiranno maggiori scambi di informazioni sui capitali detenuti all’estero da cittadini italiani. Tutto ciò nel quadro nell’evoluzione internazionale dei sistemi fiscali dei Paesi occidentali, sempre meno propensi a consentire l’esistenza di territori a fiscalità eccessivamente privilegiata e non trasparenti quanto a informazioni sui depositi ivi custoditi.

Oltre a non concedere sconti sulle imposte evase, il nuovo decreto legge non prevede alcuna forma di anonimato per coloro che scelgono di regolarizzare i capitali all’estero, come invece fu per il precedente “scudo fiscale”. 

Le misure previste per sollecitare l’emersione dei capitali all’estero, in sostanza, non fondano le probabilità di successo tanto sui vantaggi concessi in termini di risparmi d’imposta, quanto sull’eliminazione delle sanzioni penali connesse alla mancata dichiarazione e, soprattutto,sul nuovo quadro internazionale venutosi a formare negli ultimi tempi, che costituisce una minaccia molto più concreta che in precedenza per chi ha occultato capitali fuori dal territorio italiano.

Nel testo presentato in Consiglio dei ministri – che potrà subire qualche correzione prima della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale – la regolarizzazione è consentita alle persone fisiche, alle società semplici ed equiparate e agli enti non commerciali, compresi i trust residenti in Italia (non, quindi, alle società di capitali e agli enti commerciali), e può riguardare le violazioni agli obblighi dichiarativi relativi al modulo RW di Unico compiute entro il 31 dicembre 2013. Non riguarda, quindi, i capitali costituiti all’estero nel 2013, per i quali la dichiarazione RW va presentata entro settembre 2014.

A seguito dell’autodichiarazione delle violazioni, è prevista la non punibilità dei reati di infedele od omessa dichiarazione, salvo nei casi di frode fiscale, nei quali le sanzioni penali restano, ma ridotte alla metà.

La dichiarazione delle irregolarità commesse fa scattare l’obbligo di versare le imposte dovute ed evase, sulla base di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, ma comporta sconti sulle sanzioni amministrative, che per quanto riguarda le imposte evase si riducono a un sesto (a un terzo se l’accertamento è definito con adesione); mentre per quel che concerne la mancata dichiarazione nel modulo RW scendono a un terzo.

Rispetto a queste misure, l’autodichiarazione abbatte ulteriormente le sanzioni di un quarto, che diventa la metà se i capitali sono stati detenuti illegalmente in uno Stato dell’Unione europea o compreso nella White list o anche se siano trasferiti in uno di questi Stati, o direttamente in Italia, dopo la dichiarazione di regolarizzazione. La stessa riduzione delle sanzioni alla metà, tuttavia, spetta comunque anche se chi ha commesso la violazione chiede all’intermediario finanziario estero presso cui i capitali sono collocati di trasmettere alle autorità italiane le informazioni sui capitali regolarizzati.

La procedura di regolarizzazione è preclusa per chi sia a conoscenza di accessi, ispezioni o verifiche già avviate dalle autorità italiane o dell’inizio di qualsiasi attività di accertamento o di procedimenti penali.

Per accedere alla regolarizzazione, il provvedimento varato dal Governo concede tempo fino al 30 settembre 2015.

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