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Il braccio di ferro su Tria e sul Def fa male alla Borsa

Le incertezze sulla manovra di bilancio e sulla linea del ministro del”Economia zavorrano Piazza Affari che perde lo 0,6% ed è il peggior listino d’Europa per le forti vendite dei titoli bancari e di Atlantia – Mediaset in controtendenza – Lo spread sfiora quota 240, anche se i rendimenti del Btp decennale scendono – Il boom del Pil Usa non scalda Wall Street ma Apple trascina il Nasdaq

Il braccio di ferro su Tria e sul Def fa male alla Borsa

L’economia americana va a gonfie vele, Wall Street apre tonica e i listini europei, nel pomeriggio, si accodano per chiudere positivi: Francoforte +0,4%, Parigi +0,5%, Madrid +0,03%, Londra +0,45%, Zurigo +0,32%.

Solo Milano resta in rosso, -0,63%, 21.511 punti, anche se recupera dai minimi di seduta. Pesa la politica interna e le vendite colpiscono soprattutto le banche, su cui incombe il timore di un’impennata dello spread nel giorno fatale della Nota di aggiornamento al Def. La diga contro una temibile fuga dall’Italia è il rapporto deficit/pil 2019 entro il 2%, ma Lega e 5 Stelle premono sul ministro Giovanni Tria per andare oltre. Due gli appuntamenti campali di oggi: un vertice di maggioranza nel pomeriggio e il consiglio dei ministri questa sera alle 20. Viste le premesse i movimenti sui titoli di Stato sul secondario risultano contenuti: il rendimento del decennale italiano sale al 2,9% e il differenziale con il Bund cresce a 236.90 punti, +2,78%. In mattinata è andata bene la prova delle aste, grazie ai limitati importi in offerta. I rendimenti sono risultati in calo rispetto ai record pluriennali dell’asta di fine agosto. Il Tesoro ha assegnato l’importo massimo di 5,25 miliardi di euro, collocando Btp a 5 e 10 anni e il Ccteu settembre 2025.

Le tensioni italiane si riflettono sull’euro, che scende in area 1,167 contro il dollaro. Il biglietto verde è tonificato inoltre dalle decisioni della Federal Reserve, che ieri ha alzato i tassi dello 0,25% per la terza volta quest’anno, lasciando prevedere una quarta stretta a dicembre. Ma, soprattutto, beneficia del fatto che l’economia americana viaggia con il vento in poppa: la crescita del pil del secondo trimestre, +4,2%, è la più alta dal 2014, anche se leggermente sotto le attese (+4,3%). L’attuale espansione, iniziata a metà 2009, è la terza più lunga di sempre e potrebbe diventare la seconda; finora il ritmo era stato modesto, rispetto a quanto visto nel secolo scorso, ma il dato odierno mostra un’accelerazione, forse un picco. In mattinata è stato diffuso anche il bollettino della Bce con le nuove stime sul pil 2018 e 2019, rispettivamente a +2% e +1,8% (da +2,1% e +1,9%), con una riduzione riconducibile al contributo lievemente inferiore della domanda estera.

Nel frattempo, la fiducia economica dell’area euro fa segnare un calo per il nono mese consecutivo, la peggior striscia negativa dal 2011, a causa dell’incertezza politica e della minaccia del protezionismo che gettano ombre sul futuro. L’inflazione di settembre in Germania invece è oltre le attese e soprattutto oltre il target del 2% della Bce.

Fra le materie prime il petrolio, tipo Brent, sale dello 0,59% a 80,78 euro al barile. Tonfo dell’oro in area 1.184 dollari l’oncia.

In Piazza Affari resta ben comprata per il secondo giorno di seguito Mediaset, +1,94%. Bene Unipol, +0,77%, in scia all’ipotesi di un’aggregazione fra Bper (-1,05%) e Unipol Banca. Prosegue la scia positiva di Luxottica, +1,58% e Pirelli +0,97%. Sale Moncler +0,74%. I ribassi sono guidati da Atlantia, -2,34%, mentre la bozza del decreto su Genova è all’esame del Quirinale. In rosso le banche: Ubi Banca -2,09%, Banca Mediolanum -1,95%; Unicredit, -1,67%, Mps -1,99% e Banca Carige -5,48%. In controtendenza Creval +2,04%, che ha ottenuto l’autorizzazione da Banca d’Italia all’utilizzo dei modelli interni per i portafogli corporate e retail: un via libera giudicato molto positivamente dai broker visto il contributo che darà in termini di coefficienti patrimoniali dell’istituto.

Mediobanca perde lo 0,99%, dopo l’addio a sorpresa di Vincent Bollorè al patto di sindacato che radunava il 28% circa del capitale: ora i restanti aderenti avranno tempo fino alla fine anno per decidere se costruire un patto più snello o se lasciarsi mano libera facendo di Mediobanca una public company. Oggi il finanziere bretone sembra più concentrato su Mediaset e Telecom (-0,33%), dove detiene importanti partecipazioni. La mossa potrà ripercuotersi anche su Generali (-0,58%), di cui Mediobanca ha il 13%. Giù Stm -1,73%.

 

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